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I comunisti coreani sullo sciovinismo da grande potenza di Krusciov e Brežnev

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view post Posted on 23/1/2024, 22:43
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I comunisti coreani sullo sciovinismo da grande potenza di Krusciov e Brežnev


«L’importanza dell’autosufficienza nell’economia nel forgiare il destino di un Paese, della nazione e del popolo può trasparire dalla questione del Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon) che era oggetto di dibattito rovente nel periodo in cui esisteva il campo socialista. Con l’avvento del revisionismo moderno nei Paesi socialisti, gli sciovinisti da grande potenza costrinsero tutti i Paesi socialisti a unirsi al Comecon sulla base delle teorie della “divisione internazionale del lavoro” e di una “economia integrata”, disattendendo l’esigenza basilare del popolo che plasma il suo destino con lo Stato nazionale come unità. Nei primi tempi dell’edificazione del socialismo, anche la RPDC era sotto la pressione degli sciovinisti da grande potenza. In considerazione del livello di sviluppo economico del Paese, che era inferiore a quello dei Paesi socialisti d’Europa, era ovvio che la RPDC non sarebbe mai stata benestante e che sarebbe stata posta in subordine, se avesse vissuto della vendita di carbone, d’oro e d’altre risorse minerarie ponendo la sua linfa vitale economica nelle mani altrui. Il Presidente Kim Il Sung, che aveva invariabilmente considerato il principio d’indipendenza come la linfa vitale della rivoluzione e della costruzione, respinse la pressione degli sciovinisti da grande potenza per l’entrata del Paese nel Comecon, partendo dall’esigenza d’indipendenza del popolo coreano, e scelse il sentiero non battuto dell’edificazione di un’economia nazionale indipendente senza esitazione. Il socialismo nei Paesi che avevano acceduto al Comecon in conformità con l’intento e l’esigenza altrui si sono disintegrati in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ma la RPDC, che aveva edificato un’economia nazionale autosufficiente in stretta aderenza agli interessi del Paese e del popolo, è rimasta una fortezza dell’indipendenza malgrado lo scompiglio politico del mondo, un’eloquente testimonianza del significato dell’autosostentamento in economia nello scolpire il destino di un Paese, della nazione e del popolo.»
(Il destino dell’uomo e l’idea del Juché, Casa Editrice in Lingue Estere, Pyongyang, 2012, pp. 54-55)

«Il partito di un certo Paese affermava di essere il "centro" del movimento comunista internazionale e ordinava agli altri partiti di far questo o quello. Esso agiva senza esitare a far pressione sugli altri partiti e ad interferire nei loro affari interni se si rifiutavano di seguire la sua linea, anche se era sbagliata. Di conseguenza, l’unità ideologica e gli amichevoli rapporti di cooperazione tra i partiti comunisti furono grandemente indeboliti, e ciò rese loro impossibile contrastare l’imperialismo come una forza unita. I partiti di alcuni Paesi si piegarono alla pressione delle grandi potenze ed agirono sotto il bastone altrui, e il risultato di ciò fu che essi accettarono docilmente il revisionismo quando i grandi Paesi giunsero al revisionismo ed accettarono la "riforma" e la "ristrutturazione" quando gli altri lo fecero. Pertanto, nell’Unione Sovietica e nell’Europa orientale il socialismo ha subito uno scacco, e questo è uno stato di cose alquanto serio.»
(Kim Jong Il, Discorso ai membri anziani del Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, 3 gennaio 1992)

«Lottare per la difesa del campo socialista e per la sua unità è un sacro dovere di tutti i comunisti. Questi non devono ammettere alcun atto suscettibile di indebolire l’unità del campo socialista. Non si deve né includere nel campo socialista i rinnegati della rivoluzione né espellere in modo arbitrario questo o quel Paese. [...] L’integrazione del gruppo jugoslavo di Tito nel campo socialista e nel movimento comunista internazionale, costituirebbe un indebolimento dell’unità del primo e della coesione del secondo. Questo gruppo ha tradito il marxismo-leninismo, si è allontanato dal campo socialista e dal movimento comunista internazionale, si oppone alle Dichiarazioni delle Conferenze dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai ed opera allo scopo di minare il movimento rivoluzionario internazionale. Già da molto tempo esso ha moralmente perduto, per colpa di questi atti, il diritto di accesso al campo socialista e al movimento comunista internazionale. [...] L’atteggiamento sbagliato che viene adottato nei confronti della Jugoslavia, così come una serie di altre questioni, oggi ostacolano la restaurazione dell’unità del campo socialista e della coesione del movimento comunista internazionale.»
(Kim Il Sung, La situazione attuale e i compiti del nostro partito, 5 Ottobre 1966, Op. Scelte Vol. IV)

«Il Comecon era un'organizzazione per la cooperazione economica istituita nel gennaio 1949 dall'Unione Sovietica e da altri Paesi est-europei per far fronte al blocco economico degli imperialisti tramite sforzi congiunti. I revisionisti, tuttavia, tramarono per ridurlo a un mezzo volto a mantenere economicamente soggiogati i primi a partire dalla metà degli anni '50. Se la RPDC fosse entrata nel Comecon sarebbe stata incapace di costruire un'economia nazionale indipendente, incatenata da Paesi stranieri come una componente dell'"economia integrata” e ridotta quindi a un giocattolo nelle mani dei grandi Paesi. Essa rigettò decisamente la richiesta dei revisionisti moderni di entrarvi a far parte, sostenendo che fosse pienamente conforme ai principi internazionali per la RPDC costruire appropriatamente il Socialismo coi suoi sforzi senza unirsi al Comecon, e mantenne fermamente la linea di costruire un'economia nazionale indipendente senza entrare nel Consiglio. La RPDC si attenne anche al principio di autosufficienza nella difesa. A quei tempi i revisionisti sollecitarono la RPDC a firmare il Patto di Varsavia, con l'intento di impedirle di avanzare lungo la via della difesa autosufficiente. Il Patto di Varsavia era un patto siglato dall'Unione Sovietica e dai Paesi socialisti est-europei nel maggio 1955 per difendere la pace e la sicurezza in Europa e le conquiste del socialismo, dal momento che si istituì l'Organizzazione del Trattato Nord-Atlantico (NATO) nell'Europa occidentale, sorgendo così il pericolo di un'altra guerra mondiale. Il patto, tuttavia, fu relegato a un mero strumento di subordinazione dei paesi socialisti, contrariamente alla sua missione iniziale e ai suoi doveri, sull'onda della comparsa del revisionismo kruscioviano».
(Choe Su Nam, Pak Kum Il, RPDC: sette decenni di creazioni e cambiamenti, Edizioni in Lingue Estere, Pyongyang 2018, pagg. 51-52 ed. ing.)

«Subito dopo che il popolo coreano si era accinto alla ricostruzione postbellica tirando la cinghia, a Chruščëv, allora primo segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, venne in mente l’idea di affiliare la Repubblica popolare democratica di Corea al Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon). Elogiava la sua idea come un «piano benefico per l’interesse e la prosperità delle nazioni povere». Accampando una «borsa di seta piena di benefici» intendeva trascinare nel Comecon la RPDC, una forte nazione antimperialista e antirevisionista dal solido spirito d’indipendenza, e «tener in pugno le redini» del campo socialista. E tuttavia sapeva bene che Kim Il Sung, dirigente della RPDC, era circondato da alto rispetto e prestigio nell’arena internazionale, dunque evitò di entrare subito nel merito del problema dell’ingresso del Paese nel Comecon. Profuse grandi sforzi nell’elaborazione di un piano per attirare la Corea nel Comecon. Kim Il Sung si fermò a Mosca nel giugno 1956, in viaggio verso l’Europa orientale per una visita ai Paesi fratelli. In quell’occasione Mikojan, primo vicepresidente del Consiglio dei ministri sovietico, sollevò la questione dell’entrata della Corea nel Comecon.
Parlando della situazione economica del Paese negli anni del dopoguerra, egli si affannò a spiegare i possibili vantaggi della proposta adesione. Kim Il Sung declinò cortesemente la sua «offerta». Fallito il tentativo di raggiungere il suo obiettivo usando Mikojan, Chruščëv mobilitò allora la vecchia Germania Est, poi la ex Cecoslovacchia e le altre nazioni del Comecon, ma ancora invano. E quando Kim Il Sung si fermò a Mosca, di ritorno dalla sua visita nei Paesi socialisti dell’Europa orientale, Chruščëv intonò personalmente la melodia dei «benefici dell’entrata nel Comecon». Il leader coreano formulò argomentazioni logiche per confutare la sua teoria sofistica della «specializzazione internazionale» e dell’«assistenza reciproca fraterna. Disse quanto segue: «Noi non siamo contrari alla specializzazione internazionale dei Paesi socialisti in quanto membri del Comecon.Riteniamo inoltre comprensibile che alcune nazioni ad alto sviluppo industriale chiedano aiuto reciproco, cooperazione e specializzazionefra i Paesi socialisti perché sono a corto di materiali e di mercati. Ma noi ci troviamo in una posizione diversa. Come sapete, la nostra industria non è ancora così sviluppata da farsi carico di un settore specifico, della produzione in massa di macchine e del rifornimento agli altri Paesi. Lo stesso dicasi per l’agricoltura. Giacché non abbiamo ancora nemmeno riempito i crateri delle bombe o ultimato i progetti d’irrigazione, non possiamo ancora produrre abbastanza cibo per il nostro fabbisogno interno. Pertanto, sapete, difficilmente potremmo occuparci dell’agricoltura anche per il Comecon. Al momento dipendiamo dalle importazioni di riso dall’Unione Sovietica e dalla Cina e, ovviamente, non possiamo assumerci il compito della produzione risicola per l’organizzazione internazionale. Non possiamo neanche gestire la produzione di frutta. Come potremmo mai stare nella medesima classe noi e voi, quando noi frequentiamo l’asilo e voi l’università? Mi piacerebbe proprio sentire la vostra risposta! Faremmo meglio ad estrarre i minerali di ferro da soli, a produrre metallo fuso, a costruire pompe idrauliche e a coltivare la terra per sfamarci. Allora non saremo più in posizione di mendicare da voi questo o quello, e ciò allevierà i vostri oneri. Anzi, può esser interpretato come il nostro aiuto internazionale nei vostri confronti, non è vero? È consigliabile che non ci sproniate a entrare nel Comecon finché non ne siamo all’altezza. Che ne dite di prendere in considerazione il vostro suggerimento dopo che noi avremo raggiunto un livello idoneo edificando un’economia nazionale indipendente?»
Le parole di Kim Il Sung fluivano con gentilezza e cortesia, ma erano così logiche che Chruščëv si scoprì incapace di muovere ulteriori obiezioni. Ma, rifiutando di abbandonare il proposito di includere la Corea nell’organizzazione internazionale a guida sovietica, Chruščëv seguitò a perseguire il suo piano con pervicacia, senza lesinare gli sforzi, malgrado i suoi ripetuti fallimenti. Così decise di fare un ultimo e disperato tentativo. Nel gennaio 1963 inviò Andropov, allora segretario del Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, a Pyongyang in missione speciale. Quando fu ricevuto da Kim Il Sung, disse che Chruščëv l’aveva incaricato di spiegare la posizione del partito sovietico verso il problema della «specializzazione internazionale» fra le nazioni socialiste. Allora articolò un lungo argomento, dicendo: «Sta alla libera scelta delle singole nazioni unirsi alla specializzazione internazionale e alla cooperazione oppure no. Non è stata l’Unione Sovietica, ma l’Ungheria, la Cecoslovacchia e altre piccole nazioni a proporre la specializzazione internazionale. Se reputate vantaggiose la specializzazione e la cooperazione internazionale, potete partecipare ma, se no, vi è permesso di restare fuori dal programma. Esiste un principio stabilito nel 1956 che consente ai membri di sviluppare il settore che si rivela proficuo per loro, anche quando sono coinvolti nella specializzazione internazionale. Se questo principio viene interpretato meccanicamente, temo, voi potreste pensare che l’Unione Sovietica, la Germania democratica, la Cecoslovacchia ed alcuni altri Paesi debbano sviluppare solo le industrie mentre gli altri debbano occuparsi unicamente di agricoltura. Questo è lungi dalle idee del partito sovietico». La posizione di Chruščëv propugnata da Andropov era alquanto flessibile. Ma dietro quel gentile consiglio, Kim Il Sung notò immediatamente il subdolo piano di Chruščëv per conseguire l’obiettivo che non era riuscito a raggiungere in modo coercitivo e opprimente. Allora cominciò ad esprimersi. Disse: «Quando il vostro partito avanza un’opinione giusta noi la sosteniamo e seguiamo la vostra stessa via; quando esponete un punto di vista a noi sfavorevole, lo evitiamo e andiamo per la nostra strada. Certo, quando noi affermiamo la necessità di edificare un’economia nazionale indipendente, non significa che non abbiamo bisogno di aiuto dall’Unione Sovietica e dal campo socialista. Finora abbiamo utilizzato al meglio l’aiuto dei Paesi socialisti per accelerare la costruzione socialista e, di conseguenza, siamo ora in grado di reggerci sulle nostre gambe. Crediamo di dover dare la precedenza all’esercizio delle nostre forze in qualunque lavoro piuttosto che all’aiuto degli altri Paesi. Soltanto allora riusciremo a purificare il pensiero del nostro popolo dall’idea di dipendere unicamente dall’assistenza altrui e ad armarlo dello spirito di autonomia. Alcuni individui nei Paesi stranieri non comprendono questo principio e pensano che vogliamo edificare la nostra economia in solitudine. Quando diciamo di voler costruire una economia nazionale indipendente, non intendiamo dichiararci contrari alla specializzazione internazionale.»
Kim Il Sung fece una breve pausa e poi riprese: «Al momento alcuni giovani dirigenti del vostro Paese ci rivolgono misteriose osservazioni. Certo, non pensiamo che questa sia la politica del vostro partito, ma parlano come se il nostro partito dovesse proprio copiare ogni cosa dal partito sovietico e non ci fosse consentito di seguire alcuna via diversa. Il che va contro le nostre idee. Francamente parlando, i funzionari dell’ambasciata sovietica nel mio Paese non sembrano granché lucidi. Credono che quando loro attaccano con "A” noi dobbiamo proseguire con “B” ma non con “T”. Ho sentito che un corrispondente sovietico ha sparlato di uno slogan che sollecitava a costruire una economia nazionale indipendente quando l’ha letto durante una visita a una fabbrica nel nostro Paese. Si è permesso di dire: “Provate pure, se ci riuscite”. È questa la buona educazione?» Andropov disse: «Il corrispondente sovietico sbagliava quando ha parlato male dello slogan del partito coreano sull’edificazione di una economia nazionale indipendente; è un insulto al popolo coreano. Vi chiedo scusa». Kim Il Sung, sfoggiando un sorriso generoso, disse: «La costruzione di una economia nazionale indipendente non appartiene affatto al nazionalismo, ma all’internazionalismo. Come ho detto a Chruščëv in precedenza, non dovremo più importare grano dall’Unione Sovietica quando avremo messo in piedi una economia nazionale indipendente e mietuto un ricco raccolto. Questo potrebbe essere un aiuto internazionalista all’Unione Sovietica da parte nostra. Autonomia significa reggersi sulle proprie gambe. Che cosa c’è di male nella nostra posizione autonoma? Nulla.» Il segretario del partito sovietico annuì, dicendo: «Noi saremmo lieti se tutte le nostre nazioni sorelle sviluppassero la propria economia con i propri sforzi come fanno i coreani. Chi, se non uno sciocco, potrebbe mai opporsi alla costruzione di una economia nazionale autosufficiente? Apprezzo l’impegno del partito coreano nell’edificazione di un’economia nazionale indipendente. Penso di avere raggiunto una perfetta comprensione della politica del partito coreano». Di ritorno a Mosca, Andropov riferì immediatamente le dichiarazioni di Kim Il Sung a Chruščëv parola per parola. La lunga e annosa controversia sulla questione dell’ingresso della Corea nel Comecon era finalmente giunta al termine.»
(Kim Myong Suk, Echi del XX secolo, Edizioni in lingue estere, Pyongyang 2014, pp. 22-28)
 
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