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Per lo sviluppo dell'agricoltura nei paesi africani, Kim Il Sung

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Fiero Maoista
view post Posted on 25/2/2016, 20:30




Operai di tutto il mondo, unitevi!


KIM IL SUNG


Per lo sviluppo dell'agricoltura nei
paesi africani


Discorso pronunciato a una riunione consultiva dei ministri
dell'Agricoltura dei paesi dell'Africa orientale e occidentale
che hanno partecipato al Simposio dei paesi non allineati e
degli altri paesi in via di sviluppo sull'accrescimento della
produzione alimentare ed agricola


31 agosto 1981



Permettetemi, innanzitutto, di ringraziarvi per aver preso parte, con molto dinamismo, al Simposio dei paesi non allineati e degli altri paesi in via di sviluppo sull'accrescimento della produzione alimentare ed agricola e di averne fatto un successo.
Vi ho invitati a venire oggi perché ci consultassimo su certi problemi che pone lo sviluppo dell'agricoltura nei paesi dell'Africa orientale e occidentale.
Attualmente, abbiamo numerosi amici in Africa. Ho avuto l'occasione di incontrare quasi tutti i capi di Stato africani, che sono miei amici e fratelli.
Conosco perfettamente la situazione alimentare dei paesi africani. Al momento, gli Stati della parte orientale conoscono la più grave penuria di viveri in questo continente. Non si può nemmeno dire che quelli dell'Africa occidentale abbiano trovato una soluzione perfetta ai loro problemi alimentari.
È evidente che certi paesi la cui agricoltura è poco sviluppata ma il cui sottosuolo è ricco di petrolio per esempio, grazie all'esportazione delle loro risorse, guadagnano valuta che utilizzano per importare i cereali necessari alla loro alimentazione. Tuttavia, quelli che non hanno mezzi finanziari non possono fare altrettanto. Credo che conosceranno numerose difficoltà prima di essere in grado di sviluppare la loro agricoltura e risolvere così da soli il loro problema alimentare.
Al Simposio che si è svolto, numerosi problemi sono stati sollevati e mezzi per risolverli sono stati esaminati; i partecipanti hanno ascoltato delle esposizioni sulle esperienze acquisite nel nostro paese e hanno effettuato visite in diversi luoghi. Del resto, una dichiarazione sull'accrescimento della produzione alimentare ed agricola vi è stata adottata.
Tuttavia, il fatto che i paesi non allineati e gli altri paesi in via di sviluppo abbiano tenuto questo simposio e che una dichiarazione ne sia uscita non ci autorizza a credere che tutti i problemi saranno risolti spontaneamente. La dichiarazione, per pertinente che essa sia, sarà privata di qualsivoglia senso e non sarà che lettera morta se non si prendono le misure concrete per metterla in pratica. Finora, i dirigenti dei paesi non allineati hanno votato un gran numero di risoluzioni nelle loro riunioni, ma, ogni volta che non si sono prese decisioni effettive, si è constatato che queste risoluzioni non erano di alcuna utilità. Può essere così anche per la nostra dichiarazione. Se a essa non seguono misure concrete, i popoli dei paesi sviluppati ci guarderanno con disprezzo, affermando che non abbiamo fatto che sputare parole vuote di senso.
Piuttosto che accontentarci di tenere unicamente il Simposio e di adottarvi una dichiarazione, noi dobbiamo anche passare ad azioni concrete per mettere in pratica le idee che vi sono state inserite.
Nell'immediato, è fondamentale indirizzare nei migliori binari l'agricoltura dei paesi dell'Africa orientale e occidentale.
A questo proposito, è di primaria importanza che quei paesi sviluppino il più velocemente possibile la loro agronomia e la loro tecnologia agricola.
Vi propongo ora di creare degli istituti di ricerca agronomica in Africa orientale e occidentale.
Secondo me, se gli agronomi e gli agrotecnici del nostro paese, dei paesi ospitanti di questi istituti e quelli degli Stati vicini vi fanno delle ricerche comuni tenendo conto della situazione dei paesi africani e pervengono a creare un modello per generalizzare in seguito le loro esperienze, i paesi dell'Africa orientale e occidentale potranno sviluppare rapidamente la loro agricoltura e accedere all'autosufficienza alimentare.
Gli istituti di ricerca agronomica creati in Africa orientale e occidentale avranno per missione di studiare e di popolarizzare dei metodi di coltura nuovi e adatti alle condizioni geografiche e climatiche dei loro paesi.
Ritengo che se i paesi africani lavorano la terra secondo le esigenze scientifiche e tecniche grazie all'introduzione dei nuovi metodi di coltura, la produzione agricola potrà essere moltiplicata per cinque o sette anche nelle condizioni attuali. Non c'è bisogno di dire che è difficile adottare i nuovi metodi di coltura. La nostra esperienza basta per dimostrarlo.
Anche il nostro paese, all'indomani della Liberazione, utilizzava dei metodi arcaici nell'agricoltura.
La sua produzione cerealicola era dunque poco importante, ciò che rendeva precari i mezzi di sussistenza. All'epoca, il nostro rendimento per djeungbo non era che di 600 o 700 chilogrammi per il mais e da una a due tonnellate per il riso. Ci siamo dunque decisi a far adottare senza esitazione dei nuovi metodi di coltura e ad accrescere così il raccolto cerealicolo. Lavorando a questo scopo, ho constatato le numerose lacune che mi restavano da colmare nel campo agricolo. Ho acquisito adesso numerose conoscenze agronomiche poiché dirigo l'agricoltura da molto tempo, ma all'inizio, ero ignorante sull'argomento. Non avevo mai coltivato la terra e non sono nemmeno un agronomo.
Mio padre era un rivoluzionario e io mi ero impegnato ancor giovane nella lotta rivoluzionaria, così non avevo mai avuto la possibilità di lavorare la terra. Tuttavia, la soluzione del problema alimentare nazionale mi aveva obbligato ad adottare nuovi metodi di coltura per accrescere la produzione cerealicola.
Per migliorare i metodi di coltura, abbiamo deciso nei primi tempi di inviare degli studenti all'estero. Dal 1946, ne abbiamo inviato un numero considerevole all'estero per formarsi durante circa cinque anni. Malauguratamente, al loro ritorno, si è constatato che avevano assimilato i metodi di coltura dei paesi ospitanti, e non quelli che si conformano alla nostra situazione. Alcuni tra loro hanno preconizzato il metodo a rotazione, affermando che bisognava procedere da noi come nei grandi paesi: coltivare la metà della superficie coltivabile e lasciare l'altra a riposo. Come sapete, il nostro paese è poco esteso, non conta che due milioni di djeungbo di terre coltivabili di cui 200.000 di frutteti e 200.000 di campi in pendenza. Che sarebbe successo di noi se avessimo accettato la loro proposta consistente nell'imitare i paesi dal vasto territorio? Se avessimo ceduto ai loro desideri, il nostro popolo sarebbe morto di fame. Coloro che avevano fatto i loro studi all'estero non hanno nemmeno assimilato un sistema di applicazione di fertilizzanti adatto alla realtà del nostro paese. In breve, non ci è servito a molto l'aver inviato numerose persone a istruirsi all'estero.
Da allora, giudicando necessario padroneggiare perfettamente le conoscenze agricole per essere degno della mia qualifica di capo di Stato, ho cominciato a studiare dei metodi di coltura, nuovi e adatti alle condizioni del nostro paese. Mi sono mischiato all'inizio coi contadini per conversare con loro e li lasciavo parlarmi delle loro esperienze e, d'altro lato, ho consacrato due ore al giorno a studiare sistematicamente con libri tecnici stranieri.
Ancora oggi, mi informo della situazione e delle tecniche agricole degli altri paesi. Porto con me una registrazione di dati sulla situazione agricola e i recenti progressi della tecnica in diversi paesi e l'ascolto durante le mie passeggiate e i miei ripassi. Quando trovo che un metodo di coltura in uso all'estero è interessante, raccomando all'Accademia d'agricoltura e a qualche azienda agricola di sperimentarlo, prima di farlo applicare su scala nazionale.
Noi abbiamo lavorato la terra secondo le esigenze scientifiche e tecniche dei metodi di coltura jucheani e abbiamo sensibilmente aumentato il rendimento per unità di superficie. Ma per pervenirvi, abbiamo dovuto sormontare numerose difficoltà. Dal punto di vista del loro debole livello di coscienza, i contadini, conservatori e testardi, si oppongono all'introduzione di nuovi metodi di coltura. Le parole non possono persuaderli, servono loro al contrario fatti sotto gli occhi.
Così, all'inizio, i nostri contadini non hanno creduto ai metodi di coltura jucheani. Nel passato, è stato proposto di accrescere sensibilmente il numero di piante di mais per pyeung, ma i contadini e alcuni agronomi non hanno osato accettarlo. A forza di persuaderli e combatterli siamo arrivati a moltiplicare di molte volte il numero di piante di mais per djeungbo e a sorpassare così di molto la cifra di 20.000. Nessuno vi si oppone adesso. Abbiamo impiegato molto tempo a persuadere i contadini e gli agronomi che avremmo assicurato questo numero di piante per djeungbo che avevamo fissato. È stato così anche per l'incremento del numero di piante di riso per pyeung.
Abbiamo durato ugualmente fatica a impiantare un sistema di applicazione scientifica dei fertilizzanti. Precedentemente, da noi, non si spargevano i fertilizzanti sui campi che una sola volta o due. Proprio come si soffre di indigestione quando si mangia molto in un colpo solo, le piante non possono assorbire completamente i fertilizzanti se sono sparsi in grande quantità una volta sola.
Attualmente, spargiamo i fertilizzanti a numerose riprese secondo i metodi di coltura jucheani. È un metodo di applicazione eccellente.
È più difficile coltivare la terra che allevare animali domestici. Per raggiungere l'autosufficienza alimentare grazie al miglioramento dei metodi di coltura ed all'accrescimento della produzione agricola, bisogna aspettare per un certo tempo e superare numerosi ostacoli.
Abbiamo lottato durante molti anni perché non si coltivi la terra in maniera arcaica e per introdurre i metodi di coltura jucheani. Allo scopo di perfezionarli, abbiamo deciso di sostituire ogni anno due metodi di coltura antichi per dei procedimenti nuovi e abbiamo vigilato affinché si rettifichi gradualmente la maniera di trattenere l'acqua, di spargere i fertilizzanti, di assicurare il numero di piante per unità di superficie, di proteggerle contro le malattie e gli attacchi degli insetti, ecc.
Parallelamente, per elevare il livello di conoscenze scientifiche e tecniche dei quadri dirigenti del settore dell'economia rurale tra i quali si nota i presidenti del comitato di gestione, gli ingegneri in capo delle aziende cooperative e i segretari comunali del Partito, abbiamo loro tenuto una volta all'anno dei corsi speciali sui metodi di coltura jucheani.
Grazie alla creazione di questi metodi di coltura, abbiamo posto l'agricoltura su solidi basi scientifiche e tecniche. Ora, se i paesi africani vogliono seguire il nostro esempio, bisogna che lo facciano conformemente alla loro realtà concreta. Se i metodi di coltura jucheani sono adatti alla nostra realtà, può essere che alcuni di questi non convengano alla situazione dei paesi africani. È per questo che questi dovrebbero studiare in modo concreto, e in funzione delle loro condizioni climatiche, la questione di sapere quando conviene seminare e raccogliere il mais, il sorgo o la soia, quante piante coltivare per ettaro, quante volte spargere i fertilizzanti, ecc.
Gli istituti di ricerca agronomica sono tenuti ugualmente a studiare le varietà di piante.
Per accrescere il raccolto cerealicolo, è molto importante risolvere il problema delle sementi.
L'utilizzazione di buone varietà permetterà ai paesi africani di raddoppiare o triplicare la loro produzione agricola
Precedentemente, poiché non avevamo piantato delle buone varietà, avevamo conosciuto dei cattivi raccolti cerealicoli. Anche se i metodi di coltura impiegati erano buoni, il rendimento del riso si verificò poco rilevante. Ma l'utilizzazione delle buone varietà che avevamo scoperto permette di triplicarlo o quadruplicarlo per djeungbo.
Quanto al mais, avevamo adottato il sistema d'utilizzazione dell'ibrido di prima generazione grazie al quale si ottenne una media nazionale di 6,3 tonnellate al djeungbo. Questo perché attualmente il mais non dà che tre o quattro tonnellate al djeungbo nei campi in pendenza. Se si coltiva solo in pianura, il rendimento minimo sarà di otto o nove tonnellate. In questa coltura è importante utilizzare l'ibrido di prima generazione. L'impiego continuo della stessa varietà porta alla degenerazione e all'abbassamento del rendimento della pianta in questione.
Questo vale anche per la coltura vegetale. In passato, i nostri legumi non davano nemmeno 20 tonnellate al djeungbo. Non arrivavamo allora ad approvvigionarne in grande quantità la popolazione malgrado le vaste superfici riservate alla coltura agricola. Ma, attualmente, le aziende cooperative che conoscono un grande successo raccolgono da 200 a 300 tonnellate di legumi per djeungbo, le altre ne producono almeno 100. Che gran differenza tra 20 e 300 tonnellate! Questo notevole incremento del rendimento dei legumi per djeungbo è dovuto al miglioramento delle varietà. L'accrescimento di questo rendimento grazie al miglioramento delle varietà ed all'impiego della coltura intensiva ha permesso di togliere alla coltura agricola qualche dozzina di migliaia di djeungbo e consacrarli a quella dei cereali, soddisfacendo in pieno i bisogni in legumi.
La nostra esperienza mostra che il miglioramento delle specie non è difficile. La scienza appare difficile per gli ignoranti, ma quando la si padroneggia diventa abbastanza facile.
Attualmente, i nostri agronomi sono determinati a raggiungere a qualsiasi prezzo l'obiettivo di 15 milioni di tonnellate di cereali grazie alla rivoluzione verde. Il nostro paese è capace di raggiungere facilmente questo obiettivo, posto che la rivoluzione verde riesca.
Io penso che anche i paesi africani possano inventare essi stessi delle buone varietà adatte al loro clima se formano degli agronomi e degli agrotecnici. Attualmente, i paesi un po' sviluppati nel settore agricolo vendono cari gli ibridi di mais di prima generazione ai paesi in via di sviluppo, circondando di mistero questi prodotti. Le sementi di mais costano 2000-3000 dollari a tonnellata. I paesi africai non avranno finanziariamente la possibilità di acquistarle.
Penso che sia desiderabile che gli istituti di ricerche agronomiche dispongano di aziende di sementi la cui missione sarà di popolarizzare la scienza del loro miglioramento e di produrne grazie alla rivoluzione verde per fornirle poi alle aziende di Stato, alle aziende cooperative o venderle ai contadini indipendenti.
Essi dovranno ugualmente studiare i modi di risolvere il problema dei fertilizzanti.
Attualmente, visto il numero insufficiente di fabbriche di fertilizzanti chimici, i paesi africani ne usano una piccola quantità sui campi. Sarà difficile per loro costruire immediatamente simili fabbriche per produrre e utilizzare i fertilizzanti.
A mio avviso, è preferibile, per il momento, che essi coltivino, per sovvenire ai loro bisogni in fertilizzanti, piante che fungano da fertilizzanti verdi. In Africa, che è una regione calda, si possono praticare tre colture all'anno. In quel caso, si pianteranno, tra due raccolti cerealicoli, delle piante funzionanti da fertilizzanti verdi. Non sarà allora necessario per qualche tempo costruire queste fabbriche, né importare fertilizzanti chimici. Anche se se ne volesse comprare, nessun paese accetterebbe di venderne.
I paesi africani devono altresì risolvere il problema delle macchine agricole.
Nella situazione attuale, sarebbe bene, a mio avviso, che essi utilizzino un gran numero di macchine agricole a trazione animale. Basteranno per facilitare il lavoro, la sarchiatura e lo spargimento del letame. In passato, anche nel nostro paese, dato che i trattori erano poco numerosi, i coltivatori avevano impiegato molto tali macchine. Tutto il lavoro si faceva allora con l'aiuto di buoi da soma.
L'energia elettrica essendo insufficiente, si potevano fabbricare e utilizzare trebbiatrici a mano per evitare di consumare questa energia.
Nei paesi africani, è necessario fare di tutto per impiegare le macchine agricole moderne tanto bene quanto le macchine agricole tradizionali. Penso che questo sia conforme alla tappa a cui si trovano attualmente i paesi africani.
Gli istituti di ricerche agronomiche potrebbero pure formare più tardi dei tecnici dell'irrigazione.
Perché i paesi africani accrescano la loro produzione cerealicola, è fondamentale che procedano giudiziosamente a dei lavori d'irrigazione.
Attualmente, in Madagascar, eseguiamo dei lavori d'irrigazione che copriranno 1000 ettari di terre coltivabili e questa impresa si compirà presto. Il nostro primo ministro, che ha recentemente visitato questo paese, mi ha proposto di inviarvi macchine agricole e installazioni elettriche, cosa che ho accettato. L'irrigazione di questi 1000 ettari e la costruzione di un'azienda di colture sperimentali, se effettuate correttamente, meriterebbero di essere generalizzate.
Ci sono diversi modi di realizzare dei lavori d'irrigazione: la costruzione di stazioni di pompaggio utilizzanti le acque dei fiumi per l'irrorazione dei campi, l'utilizzazione delle acque sotterranee, l'edificazione di grandi o piccole dighe che debbono essere costruite rispettivamente in cemento o terra.
I lavori d'irrigazione necessitano di una partecipazione attiva dei contadini, padroni delle campagne.
Una diga di terra, per esempio, è facile a tirarsi su nel quadro di una mobilitazione popolare.
Durante il periodo del dopoguerra, grazie a una mobilitazione popolare, noi abbiamo irrigato in un anno 300.000 djeungbo e attualmente ne disponiamo di più di un milione. Il nostro paese conta più di 1500 dighe di riserva.
Perché i lavori d'irrigazione si effettuino nel quadro di una mobilitazione popolare, ci vuole un gran numero di geometri, topografi, costruttori e altri tecnici dell'irrigazione. I paesi africani non avranno bisogno che di questi ultimi perché sono in grado di produrre le loro pompe e altri equipaggiamenti semplici coi loro propri mezzi.
Diversi metodi potrebbero essere utilizzati per la loro formazione. I paesi africani potrebbero inviare dei lavoratori interessati da noi, dove durante qualche mese si terranno loro dei corsi speciali accelerati, visiteranno le nostre opere per l'irrigazione e faranno il loro stage. Potranno inviare anche degli studenti nelle nostre scuole superiori d'agricoltura dove riceveranno una lunga formazione; o ancora, potranno accogliere i nostri insegnanti che li aiuteranno nei loro sforzi per formare essi stessi degli esperti d'irrigazione nelle scuole simili ai loro istituti di ricerche agronomiche.
Sarebbe buono che due istituti di ricerche agronomiche siano creati, l'uno in Tanzania per l'Africa orientale e l'altro in Guinea per l'Africa occidentale. I presidenti di questi due Stati ne hanno già discusso con me varie volte. Sono dunque sicuro che sosteranno interamente la mia proposta. Questi istituti di ricerche agronomiche potranno trasformarsi in accademie d'agricoltura per questi paesi.
Vorremmo mettere in piedi degli istituti di ricerche agronomiche in tutti i paesi dell'Africa orientale e occidentale per aiutarli ma quello è fuori dalle nostre possibilità. Ritengo necessario dotare di una azienda di colture sperimentali i paesi oltre a quelli previsti per questi istituti di ricerche agronomiche. Questa azienda potrebbe testare i risultati delle ricerche effettuate in questi istituti in funzione della realtà del paese nel quale essa è situata. Se il risultato si rivela positivo, l'esperienza potrà essere generalizzata.
Il clima caldo dell'Africa permette di praticare molteplici colture all'anno. Ciò favoreggerà l'analisi delle piante agricole. Da noi, non si può coltivare la terra che una volta all'anno e siamo dunque obbligati ad avere delle serre per le colture sperimentali. I paesi africani al contrario potranno riuscire in questo campo senza costruire serre.
Pregherei i capi delle delegazioni tanzaniane e guineane di trasmettere rispettivamente ai presidenti Nyerere e Sékou Touré la mia proposta di attribuire delle terre coltivabili ai futuri istituti di ricerche agronomiche. Per ciascun istituto, questa superficie sarà all'inizio di un centinaio di ettari e raggiungerà 200-300 ettari man mano che si ingrandisce. Analogamente, delle terre coltivabili sono indispensabili per le aziende di colture sperimentali che saranno create in altri paesi africani. È preferibile riservare loro all'inizio 50 ettari circa, cifra che evolverà a poco a poco fino a 100 ettari.
Il nostro paese è disposto a inviare una dozzina di agronomi e agrotecnici a ogni eventuale istituto di ricerche agronomiche in Tanzania e in Guinea e da tre a cinque a ciascuna delle future aziende di colture sperimentali in altri paesi africani secondo le necessità di questi ultimi.
Quanto ai camion, ai trattori e agli altri equipaggiamenti necessari ai lavori di ricerca, i nostri agronomi e i nostri agrotecnici li porteranno con loro quando partiranno per i paesi in questione.
Non chiediamo che i nostri esperti vengano pagati. Non avrete che da permettere loro di nutrirsi di manioca o di mais come voi ve ne nutrite.
Per sviluppare l'agricoltura dei paesi africani, è parimenti importante risolvere il problema della formazione degli agrotecnici.
La formazione di un gran numero di agrotecnici nazionali è indispensabile per accelerare lo sviluppo dell'agricoltura. Da noi, ogni provincia è dotata di una scuola superiore d'agricoltura che ne forma ogni anno un gran numero. Anche nei paesi africani, la soluzione del problema della formazione degli agrotecnici suppone la creazione di molte scuole superiori d'agricoltura. Inutile dire che questo compito non è facile. Per creare una simile scuola bisogna avere a disposizione insegnanti sperimentati e dotati di vaste conoscenze in agricoltura.
Dopo la loro creazione, questi stabilimenti devono insegnare agli studenti dei metodi di coltura adatti alla realtà dei loro paesi. Non serve a niente istruirli utilizzando manuali stranieri tradotti.
Da noi, quando fu creata la prima scuola superiore d'agricoltura, si insegnava con dei libri che erano traduzioni letterali di manuali stranieri d'agronomia. Ciò ci ha impedito di trasmettere conoscenze utili agli allievi. I nostri agronomi e i nostri agrotecnici che hanno fatto i loro studi alla nostra scuola superiore d'agricoltura come quelli che li hanno fatti all'estero dovevano, da allora in poi, esitare quando si trattava di adottare i metodi di coltura jucheani.
Citiamo un esempio.
Un giorno, ho loro domandato di piantare spesso il tabacco e di aumentare considerevolmente il suo numero per pyeung. All'inizio, si sono rifiutati perché, secondo loro, non bisognava piantare il tabacco così spesso. Avevano studiato tutto sia alla nostra scuola superiore d'agricoltura sia all'estero prima della creazione dei metodi di coltura jucheani. Davanti al loro rifiuto, ho io stesso incaricato un'azienda agricola di piantare spesso il tabacco e di procedere all'affumicamento e alla coltura secondo le esigenze scientifiche e tecniche. È risultato da questo esperimento un raccolto eccezionale di tabacco. Ho portato gli agronomi e gli agrotecnici a questa azienda e ho chiesto loro perché erano contro questo metodo di coltura, che è stato messo alla prova in questa azienda. Allora non hanno potuto contraddirmi. Inoltre, il nostro paese raccoglie 4 tonnellate di tabacco per djeungbo, coltivandone spesso le piante. Precedentemente, quando un djeungbo non dava che qualche centinaio di chilogrammi di tabacco, neanche 30.000 djeungbo bastavano per sostenere i bisogni nazionali. Ma ora che ne dà più di 4 tonnellate, anche una superficie molto ridotta permette di soddisfare i bisogni nazionali e, in più, di esportarne molto ogni anno.
All'inizio, non è servito a niente che numerose persone abbiano fatto i loro studi nella nostra scuola superiore d'agricoltura, poiché non avevano a disposizione che dei manuali molto mal concepiti.
Abbiamo dunque tenuto a riesaminarli tutti e a redigerne di nuovi, adatti alla realtà del nostro paese.
Sarebbe la stessa cosa per i paesi africani se istruissero i loro allievi con manuali redatti da dei francesi o degli inglesi. I princìpi fondamentali della biologia sono immutabili, ma i paesi sono diversi per i loro ambienti e condizioni concrete dove crescono le piante.
Se dei paesi africani avessero problemi a formare essi stessi degli agrotecnici, noi potremmo formarli.
Quest'anno, quando il presidente tanzaniano è venuto nel nostro paese, ho discusso con lui dei mezzi per ingrandire l'Università d'agronomia di Wonsan e di formarci degli agrotecnici africani che, di ritorno nel loro paese, si sforzeranno, da pionieri, di crearne una. Come ho promesso al presidente tanzaniano, stiamo ingrandendo l'Università d'agronomia di Wonsan.
Oltre agli agrotecnici, potremo eventualmente formare per questi paesi i tecnici e i quadri necessari alla gestione di altri settori economici.
Da noi, gli studenti africani dovrebbero impiegare due anni circa a imparare il coreano. Così ho proposto al presidente tanzaniano di inviare nel nostro paese persone che parlano inglese, cosicché possano insegnare coi libri che avremo redatto in inglese. Non sarà allora più necessario per gli studenti africani imparare il coreano. Se imparano il coreano prima di cominciare i loro studi agronomici, le conoscenze che acquisiranno durante il loro soggiorno saranno molto deboli.
Precedentemente, alcuni coreani, pure, hanno fatto i loro studi all'estero, ma non hanno assimilato che il 30% delle lezioni tenute perché non conoscevano perfettamente la lingua d'insegnamento. Io dico che essi non sono «esperti che al 30%». Se gli studenti africani cercassero di fare i loro studi dopo aver imparato il coreano, rischiano anche loro di non essere «esperti che al 30%».
Gli studenti africani, che saranno ammessi nelle nostre scuole superiori d'agricoltura, potranno assimilare perfettamente le lezioni se sono tenute secondo i casi, in inglese, in francese o in spagnolo. Per gli studenti africani, la Tanzania potrebbe mandarci insegnanti che parlano inglese, la Guinea degli insegnanti che parlano francese e altri paesi potrebbero fare altrettanto. Allora, questi insegnanti diverrebbero essi stessi degli scienziati indipendenti e, di ritorno ai loro paesi, si sforzeranno di redigere dei manuali adatti alla realtà dei loro paesi e di creare scuole d'agricoltura.
Spero che i paesi africani inizieranno al più presto a formare degli agrotecnici grazie all'invio di studenti nel nostro paese. Siamo disposti a ricevere non soltanto studenti africani, ma anche studenti dei paesi latinoamericani e di altri paesi all'Università di agronomia di Wonsan.
Oggi vi ho presentato qualche proposta per lo sviluppo dell'agricoltura nell'Africa orientale e occidentale. Vi prego di informare i vostri presidenti, i vostri capi di Stato e i vostri governi di ritorno nei vostri paesi e di trasmettermi la loro risposta. Sarebbe desiderabile che coloro che sono investiti di pieni poteri, formulino le loro decisioni sul posto. Potremmo prendere allora delle misure concrete per mettere in pratica i problemi sollevati nel corso di questa riunione consultiva.
Ci tengo a ringraziarvi vivamente per aver consacrato oggi il vostro tempo così prezioso a questa riunione consultiva. Vi ho parlato in modo spicciativo perché vi considero come miei propri fratelli e miei ministri. Se ho sbagliato nei miei propositi, vi chiedo di scusarmi.
Di ritorno nei vostri paesi, vi prego di trasmettere i miei saluti ai vostri presidenti e ai vostri capi di governo.

A cura di Jean-Claude Martini
 
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