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In conformità alla legge, Sotsialističeskij Donbass

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view post Posted on 24/7/2014, 13:49

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Da «Sotsialističeskij Donbass», 3 marzo 1966:


In conformità alla legge


È pervenuta all’Agenzia stampa «Novosti» questa lettera di un gruppo di noti giuristi sovietici, che esprimono il loro parere riguardo al processo giudiziaro contro Sinjavskij e Daniel’.

Negli ultimi tempi sono apparse sulla stampa dei paesi occidentali numerose corrispondenze sul processo penale contro Sinjavskij A. D. e Daniel’ Ju. M., che contengono spesso una valutazione tendenziosa del processo stesso.
Alcuni organi di stampa stranieri ogni volta che si parla dell’incriminazione di persone colpevoli di un reato contro lo Stato come l’agitazione e la propaganda antisovietiche, allo scopo di proteggerle, si mettono subito a parlare della «libertà di parola» e della «libertà di stampa», benché appaia del tutto chiaro ad ogni persona non prevenuta che le libertà di parola e di stampa non hanno mai significato la libertà di compiere delitti.
Come è noto, in base all’art. 125 della Costituzione dell’URSS la libertà di parola e la libertà di stampa sono garantite ad ogni cittadino sovietico. Tuttavia queste libertà, come è indicato chiaramente dalla Costituzione stessa, devono essere usate in conformità agli interessi dei lavoratori e allo scopo di rafforzare il sistema socialista.
La libertà di stampa subisce in tutti gli Stati democratici determinate limitazioni, poste nell’interesse della società, per la difesa della morale e dell’ordine pubblico. In tutti questi paesi è, ad esempio, proibito — pena i rigori del codice penale — diffondere pubblicazioni oscene, spedirle per posta ed è persino proibito l’uso di un «linguaggio osceno nelle trasmissioni radiofoniche».
Appare chiaro a chiunque che, a maggior ragione, non si può — col pretesto della libertà di parola e di stampa — incitare impunemente alla guerra, alle uccisioni di massa, alla discordia tra razze e popoli, al rovesciamento o all’indebolimento del potere dei lavoratori.
La democrazia è incompatibile con la libertà di compiere delitti. Come la libertà di azione non consiste nella possibilità di organizzare senza impedimenti bande di rapinatori, come la libertà di riunione non consiste nella possibilità da parte della folla di condurre «pogrom», come la libertà di parola non dà il diritto di insultare, né quella d’azione il diritto di uccidere, così la libertà di stampa non consiste nella propaganda di attività criminose. Proprio in nome della libertà di parola e di stampa è necessario lottare contro l’utilizzazione criminosa di queste libertà medesime, contro l’uso malvagio dei grandi vantaggi della democrazia.
L’articolo 70 del Codice Penale della RSFSR, in base al quale sono stati condannati Sinjavskij e Daniel’, contempla la responsabilità per l’agitazione e la propaganda antisovietiche. Per agitazione e propaganda antisovietiche la legge intende sia l’agitazione e la propaganda dirette al rovesciamento o all’indebolimento del regime sovietico che la perpetrazione di delitti particolarmente gravi contro lo Stato, la diffusione, per gli scopi sovversivi indicati, di menzogne calunniose denigranti il sistema statale o sociale sovietico e la diffusione o la conservazione — sempre per quegli stessi scopi — di letteratura dello stesso contenuto.
La lettura dei libri di Sinjavskij e Daniel’ pubblicati all’estero mostra che essi sono pervasi, dalla prima all’ultima pagina, da un atteggiamento fortemente ostile nei riguardi del regime sovietico e hanno un evidente carattere antisovietico. Il processo ha dimostrato in modo inconfutabile che gli imputati avevano spedito, con piena consapevolezza, i loro manoscritti ad organizzazioni che non sono affatto letterarie, ma sono state create per lottare attivamente contro lo Stato sovietico. E, come ha dimostrato il processo, questi manoscritti sono stati largamente utilizzati dalla propaganda antisovietica. I fatti, stabiliti nel corso del processo, confermano con piena evidenza che tutto ciò era ben noto ai due condannati. Essi avevano continuato ad inviare sistematicamente le proprie «opere» all’estero anche dopo aver saputo che esse erano largamente utilizzate dalle organizzazioni antisovietiche.
Sinjavskij, in particolare, venne a conoscenza di questa circostanza non solo da pubblicazioni estere, ma anche da articoli pubblicati sulla stampa sovietica. Il giornale «Inostrannaja literatura», n. 1 del 1962, aveva pubblicato un articolo che analizzava dettagliatamente le sue opere antisovietiche comparse sotto lo pseudonimo di Abram Terts ed aveva espresso l’ipotesi che ne fosse autore un qualche emigrante incattivito, che tentava di infangare e denigrare lo Stato sovietico. Sinjavskij non solo non fece nulla per impedire alle forze reazionarie straniere di utilizzare le sue opere a scopi antisovietici, ma inviò illegalmente all’estero, nello autunno del 1963, il manoscritto della sua opera dichiaratamente antisovietica «Ljubimov».
Il processo ha inoltre stabilito che Daniel’ aveva inviato sue opere all’estero, perché fossero pubblicate, anche dopo aver saputo, dalle trasmissioni radio dei centri sovversivi dell’emigrazione, quanto largamente esse fossero utilizzate dalle forze contrarie allo Stato sovietico.
Perciò, nonostante che i due condannati abbiano negato il carattere antisovietico delle loro azioni, i materiali del processo testimoniano inequivocabilmente che essi, nel diffondere le loro opere all’estero, avevano agito con la precisa intenzione di minare e indebolire il regime sovietico. Perciò, con decisione pienamente motivata, il tribunale ha qualificato le loro azioni come criminose in base all’art. 70 del CP della RSFSR.
Il dibattimento del caso Sinjavskij-Daniel’ è stato condotto nel pieno rispetto di tutte le norme processuali e dei principi democratici della giustizia: l’oralità, la pubblicità, il diritto dell’accusato alla difesa. Per quattro giorni la corte, con la partecipazione degli accusati, dei loro difensori, del procuratore e degli accusatori sociali, ha interrogato i testimoni, ha analizzato scrupolosamente le prove scritte e quelle materiali, ha ascoltato il resoconto degli esperti. Gli accusati hanno avuto la piena libertà di difendersi dalle accuse loro mosse sia personalmente, sia con l’aiuto degli esperti avvocati che avevano scelto, uno dei quali, tra l’altro, è candidato in scienze giuridiche. Essi sono intervenuti ripetutamente con spiegazioni, hanno posto domande a testimoni ed esperti, hanno ampiamente esposto le proprie opinioni sul caso. La stampa ha fornito resoconti sul processo e la radio lo ha commentato.
Benché la sentenza sia stata emessa dal Tribunale supremo della RSFSR, vale a dire da un massimo organo giudiziario repubblicano, e perciò non ammetta ricorso in cassazione, gli imputati possono tuttavia fare domanda al Tribunale supremo dell’URSS richiedendo che il caso venga riaperto a scopo di controllo giudiziario.
Tutto ciò testimonia, in modo evidente, la democraticità del processo Sinjavskij-Daniel’.
Dopo aver letto le opere di Sinjavskij e Daniel’ è evidente, per un giurista sovietico che conosca la storia sociale e spirituale del proprio paese e le elevate tradizioni della letteratura russa, che qui si tratta non di un processo giudiziario contro opere letterarie, ma di propaganda antisovietica, celata dietro un’apparenza pseudo-letteraria. Gli autori sono stati processati, in modo rigidamente conforme alla legge, perché colpevoli di azioni criminose contro il popolo e le sue conquiste rivoluzionarie.
Čchikvadze V.M., membro-corrispondente dell’AS dell’URSS, dottore in scienze giuridiche, professore;
Romaškin P.S., membro-corrispondente dell’AS dell’URSS, dottore in scienze giuridiche, professore;
Strogovič M.S., membro-corrispondente dell’AS dell’URSS, dottore in scienze giuridiche, professore;
Piontkovskij A.A., ricercatore scientifico emerito della RSFSR, dottore in scienze giuridiche, professore.


Edited by Andrej Zdanov - 24/7/2014, 22:05
 
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