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Lettera di Evsei Liberman a «The Economist», Evsei Liberman

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view post Posted on 14/12/2013, 12:07

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Da AA.VV., Piano e profitto nell’economia sovietica, Editori Riuniti, 1965, pp. 161-162:


Lettera di Evsei Liberman a «The Economist»


Signori,
in riferimento alla discussione che si svolge sulla stampa sovietica circa la funzione del profitto, avete scritto (nel numero del 22 agosto) che non è ben chiaro (in base all’articolo pubblicato sulla Pravda del 17 agosto) «come un sistema di “direzione economica” possa accordarsi con qualsiasi forma di pianificazione centrale che non sia puramente indicativa».
Permettetemi di portare qualche elemento di chiarificazione. Pianificazione centrale in un sistema socialista non significa che ogni minimo dettaglio della produzione debba essere dettato dall’alto. Di recente, le direzioni di numerose aziende hanno avuto larghi poteri e opportunità di iniziativa. Citerò come esempio gli stabilimenti dell’industria dell’abbigliamento di Mosca e Gorki. In tali zone economiche il volume totale di produzione è fissato in termini monetari dal piano centrale in base all’analisi di fattori quali l’incremento di popolazione, il potere di acquisto e la quota dei redditi destinata all’acquisto di vestiario, la disponibilità di materie prime. Il piano non stabilisce esattamente i modelli e le misure del vestiario da produrre. Questi sono concordati nei contratti che le aziende stipulano con i magazzini di vendita. I prezzi sono specificati nei contratti sulla base dei prezzi medi fissati dallo Stato, tenendo tuttavia conto della novità, qualità, comodità ecc., dei prodotti.
Il successo dell’azienda è valutato in base alla quantità dei prodotti venduti e al livello del profitto. È bensì vero che tale sistema è stato introdotto in via sperimentale ma esso si è dimostrato efficiente e verrà presto esteso ad altre industrie. Esso è del tutto compatibile con il principio della pianificazione centrale delle proporzioni fondamentali e dei ritmi di sviluppo dell’economia globale e dei singoli settori e zone economiche. Esso non indebolisce la pianificazione centrale, ma anzi la rafforza, in quanto esenta gli enti di pianificazione dal controllo dettagliato e permette loro di concentrarsi sulla pianificazione del progresso tecnologico e della ricerca scientifica.
Del profitto dell’azienda non possono appropriarsene né i suoi dirigenti né il collettivo aziendale. I grandi investimenti sono effettuati solo nel quadro del piano centrale, assumendo come orientamento le proposte avanzate dalle aziende. Una certa parte del profitto è destinata ai premi di incentivo, che sono una forma di remunerazione socialista secondo il lavoro prestato e non creano proprietari di capitale privato.
Libera iniziativa e spirito di iniziativa non sono la stessa cosa. Esistono ampie opportunità di iniziativa nel socialismo.
La «resistenza» che, secondo voi, le mie proposte hanno incontrato nel 1962 non è dovuta al conservatorismo di singoli individui, ma al fatto che l’insieme di questo complicato problema non è stato elaborato sufficientemente dalla nostra scienza economica. Nonostante le argomentazioni dei miei oppositori, ho avuto l’opportunità di sperimentare le mie proposte. Oggi tali possibilità sono state ulteriormente estese nonostante l’opinione contraria di alcuni economisti, per quanto elevata sia la posizione che essi occupano. Tali condizioni sono state create per la scienza economica sovietica dal XX Congresso del Partito comunista dell’URSS.

Vostro Evsei Liberman

The Economist, 31 ottobre 1964.


Edited by Andrej Zdanov - 11/6/2014, 17:49
 
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