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[Kim Il Sung] Sull'edificazione di una Corea nuova e del Fronte Unito Nazionale, 13 Ottobre 1945

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Songun CCCP
view post Posted on 9/6/2013, 16:55




SULL'EDIFICAZIONE DI UNA COREA UNITA E DEL FRONTE UNITO NAZIONALE



Discorso pronunciato davanti ai responsabili del Partito di tutte le province



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Permettetemi prima di tutto di parlare dell'esperienza del fronte unito in altri paesi prima di affrontare il problema del fronte unito nazionale. Nel suo rapporto «L'offensiva del fascismo e i compiti del Comintern nella lotta per l'unità della classe operaia contro il fascismo», presentato al settimo congresso del Comintern nel 1935, il compagno Dimitrov propose come linea di condotta la formazione di un largo fronte popolare anti-fascista basato sull'unità e la coesione della classe operaia. A quel tempo la più barbara dittatura fascista, quella di Hitler, era al potere in Germania, mentre in Italia la dittatura fascista di Mussolini si rafforzava sempre più. I fascisti tentavano di asservire non solo il popolo del loro paese ma anche tutta l'umanità; volevano fascistizzare il mondo intero. In numerosi paesi europei fu necessario formare un fronte popolare per lottare contro la sanguinosa dittatura e la politica di aggressione dei fascisti. Al fronte popolare potevano partecipare non solo i lavoratori, con la classe operaia in testa, ma anche i capitalisti che desideravano la libertà e la democrazia. Infatti non solo per il popolo lavoratore, a cominciare dagli operai e dai contadini, ma anche per certi capitalisti, era una necessità estrema contrattaccare il fascismo internazionale che tentava di conquistare il mondo intero, di asservire tutta l'umanità. La conquista dell'Etiopia da parte dell'Italia fascista fu il segnale d'allarme dello scoppio della 2° guerra mondiale. Di fronte a una tale crisi il settimo congresso del Comintern aveva sollevato la questione del fronte popolare. Il congresso consigliò ai partiti comunisti di tutti i paesi di formare un fronte popolare antifascista. Il Partito Comunista Francese e il Partito Comunista Spagnolo furono i primi ad adottare la linea tattica in materia di formazione del fronte popolare. In Oriente, dato che si rivelava sempre più chiaramente il disegno aggressivo degli imperialisti giapponesi teso a conquistare i popoli dell'Asia, era indispensabile formare dei fronti uniti nazionali contro l'imperialismo giapponese. Nei Paesi in lotta contro il dominio coloniale dell'imperialismo e per liquidare il pericolo della colonizzazione, si organizzava il fronte unito nazionale e nei paesi in pericolo di fascistizzazione, come la Francia e la Spagna, si organizzava il fronte popolare. Il fronte popolare e il fronte unito nazionale erano identici come essenza, in quanto entrambi si opponevano al fascismo e all'aggressione imperialista, ma rivestivano queste forme differenti in ragione delle condizioni concrete di ciascun paese.
Troviamo in Cina un buon esempio del fronte unito nazionale. Da quando l’imperialismo giapponese estese i propri tentacoli sulla Cina continentale con l'occupazione della Manciuria, il Partito Comunista Cinese propose una collaborazione fra il Guomintang e il Partito Comunista per unire tutte le forze nazionali nella lotta anti-giapponese per la salvezza nazionale. Per molto tempo questa proposta del Partito Comunista non fu accettata a causa dell'atteggiamento ostinato degli elementi reazionari del Guomintang. Comunque, gli sforzi sinceri e perseveranti del Partito Comunista Cinese godettero sempre più del sostegno di tutto il popolo cinese e, fin dallo scoppio della guerra sino-giapponese, vi fu cooperazione fra il Partito Comunista e il Guomintang per formare il fronte unito nazionale anti-giapponese. Gli elementi reazionari del Guomintang, per quanto testardi, dovettero cedere all'unanime rivendicazione del popolo cinese: l'unità nazionale e la resistenza al Giappone per la salvezza nazionale; si trovarono obbligati ad accettare la proposta del Partito Comunista.
La Seconda Guerra Mondiale fu una guerra di liberazione delle forze democratiche del mondo intero contro il fascismo. Grazie al ruolo decisivo dell'Esercito Sovietico, la Germania, l'Italia ed il Giappone sono stati sconfitti nella 2° Guerra Mondiale e ciò ha portato numerosi paesi d'Europa e d”Asia a liberarsi del giogo fascista. Quale via doveva prendere la Corea liberata? C'è un fatto fondamentale, il più importante, di cui dobbiamo tenere assolutamente conto nella definizione del cammino che la Corea dovrà seguire. Si tratta del fatto che la Corea è stata per molto tempo una colonia dell'imperialismo giapponese. A causa della dominazione dell'imperialismo giapponese, lo sviluppo del capitalismo in Corea era stato estremamente frenato e la società coreana era rimasta una società coloniale caratterizzata da sopravvivenze feudali. Conseguenza particolare di questo fu il permanere nelle nostre campagne di rapporti di coltivazione feudale. Da qui i compiti che si impongono oggi al popolo coreano: completare la rivoluzione democratica anti-imperialista e anti-feudale e fondare una repubblica popolare democratica. Chi dirigerà allora questa rivoluzione? La classe operaia o la classe dei capitalisti? Nel passato, la classe dei capitalisti coreani, legati all'imperialismo giapponese, ha sfruttato e oppresso il popolo coreano e l'ha ingannato con le parole d'ordine del tipo «riforma della nazione» e «autonomia nazionale». Questo non toglie che alcuni fra i capitalisti nazionali si siano levati contro l’imperialismo giapponese. È la classe operaia coreana che ha coraggiosamente lottato fino all'estremo contro l’imperialismo giapponese. Il Partito Comunista Coreano fondato nel 1925 fu sciolto nel 1928 a causa dei litigi di fazione, ma ciò non significò la fine del movimento comunista. A partire dagli anni trenta i comunisti coreani, armi alla mano, hanno valorosamente lottato contro l’imperialismo giapponese. È evidente che la classe dei capitalisti di Corea che si è venduta all'imperialismo giapponese e che si è legata ad esso, non può dirigere la rivoluzione. Solo la classe operaia che ha valorosamente lottato fino alla fine contro l’imperialismo giapponese può e deve necessariamente dirigere la rivoluzione coreana.
Nel definire il cammino che dovremo seguire, non dobbiamo tralasciare di tenere conto non solo della favorevole situazione internazionale che si è creata dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma anche del fatto che le truppe degli Stati Uniti, paese imperialista e le truppe dell'Unione Sovietica, paese socialista, sostano rispettivamente al sud e al nord del 38° parallelo di latitudine nord e che le forze del nostro Partito non sono ancora sufficientemente potenti.
Per costruire una repubblica popolare democratica bisogna formare un fronte unito di tutte le forze patriottiche e democratiche che comprenda non solo la classe operaia e i contadini, ma anche i capitalisti nazionali. Non è semplicemente con le parole, ma nella lotta effettiva per la fondazione di una repubblica popolare che possiamo guadagnarci le masse. Dobbiamo sapere che gli intellettuali, i credenti e i capitalisti sono anch'essi attualmente in movimento, benché non siano organizzati. Più le nostre organizzazioni e le nostre forze si consolideranno, più anche essi si organizzeranno gradualmente, liberandosi dal loro stato di dispersione. Tenendo conto di ciò, non possiamo, al momento attuale, trascurare le forze dei nazionalisti e non dobbiamo porre ostacoli alla formazione del fronte unito nazionale rigettandoli senza principio. Dato che nel passato gli imperialisti giapponesi hanno condotto una propaganda perniciosa contro il Partito Comunista e dato che i frazionisti hanno commesso atti dannosi, il Partito Comunista non gode ancora del sostegno delle larghe masse; una parte delle masse, non ancora cosciente politicamente, non si è sbarazzata delle sue illusioni sui nazionalisti. Certo, dato che il fronte unito di cui parliamo ha come fine l'edificazione di una repubblica popolare democratica, è impensabile che ci si unisca coi lacchè dell'imperialismo giapponese. Possiamo unirci e d'altra parte dobbiamo farlo con i capitalisti nazionali coscienziosi che desiderano l’edificazione di uno Stato democratico e indipendente. È solamente formando un simile fronte unito che potremo edificare una repubblica popolare democratica e raccogliere tutte le classi e gli strati delle masse popolari.
In questa lotta il Partito Comunista non dovrà essere né inattivo né timido. Nella lotta per l’istaurazione di una repubblica popolare democratica i membri del Partito Comunista devono giocare il ruolo più attivo e più energico; devono essere alla testa delle masse popolari. Solo così le masse popolari seguiranno il Partito Comunista. I capitalisti nazionali possono ad ogni istante esitare nel corso della lotta per la fondazione di una repubblica popolare democratica. L'esperienza mostra che non raramente essi ingannano le masse o tradiscono gli interessi articolari di classe. I capitalisti nazionali temono la spinta rivoluzionaria delle masse e facilmente esitano nella misura in cui la rivoluzione avanza. Per questo dobbiamo da una parte sforzarci di realizzare l'unione con loro, anche se essi esitano e non dimostrano ardore per l'opera di edificazione di una repubblica popolare democratica e, d'altra parte, denunciare e criticare senza fine i loro crimini e la loro indecisione. Solo in questo modo potremo far conoscere chiaramente alle masse la vera natura dei capitalisti nazionali e, nello stesso tempo, far loro comprendere a fondo la politica del Partito Comunista. Il Partito Comunista deve cooperare senza esitazione con i partiti che auspicano la riunificazione e l’indipendenza del nostro paese, ma non deve mai mettersi al loro rimorchio, e, ancor meno, lasciarsi assorbire.
Pur cooperando con loro esso deve conservare la propria indipendenza. In questo momento il Partito Democratico di Hanguk si oppone con veemenza alla liquidazione dei lacchè dell'imperialismo giapponese. Non è affatto casuale; infatti il Partito Democratico di Hanguk è il gruppo dei proprietari fondiari e dei capitalisti compradores che ancora ieri erano legati all'imperialismo giapponese. Fin dalla disfatta dell'imperialismo giapponese essi hanno operato una brusca svolta: sono divenuti elementi pro-americani e chiedono la protezione degli Stati Uniti al posto della protezione del Giappone. Non esiste in Corea che un numero piccolissimo di proprietari fondiari e di capitalisti che non siano degenerati in lacchè dell'imperialismo giapponese; la schiacciante maggioranza dei proprietari fondiari e dei capitalisti - è un fatto ben evidente - ha servito mani e piedi i giapponesi per sfruttare e opprimere il popolo coreano. È dunque perfettamente naturale che noi liquidiamo completamente questi proprietari fondiari pro-giapponesi, questi capitalisti compradores e questi traditori della nazione. Anche i capitalisti nazionali provano grande paura per la nostra lotta contro gli elementi sopravvissuti dell'imperialismo giapponese, perché hanno anch'essi più o meno servito l'imperialismo giapponese nel passato. È un errore pretendere che non si debbano denunciare e criticare i loro crimini nel momento in cui preconizziamo il fronte unito nazionale. Nel quadro del fronte unito dobbiamo attenerci al principio di combatterli pur unendoci con loro. Solo così potremo elevare il livello di coscienza politica delle masse lavoratrici e mettere fine all'indecisione dei capitalisti nazionali. Esiste a questo punto un problema da chiarire: come definire i lacché dell'imperialismo giapponese? Non possiamo qualificare sconsideratamente servitori dell'imperialismo giapponese coloro che hanno servito i Giapponesi. Per quasi quaranta anni, numerosi coreani non hanno potuto guadagnarsi da vivere se non impegnandosi nelle istituzioni giapponesi. Inutile dire che bisogna definire col termine di servitori coloro che hanno perseguitato e massacrato coscientemente il popolo per distruggere la rivoluzione, coloro che hanno tradito e venduto gli interessi della nazione agli interessi dell'imperialismo giapponese e coloro che hanno collaborato attivamente e coscientemente con l'imperialismo giapponese. Si devono certamente liquidare questi traditori della nazione con la lotta di massa, mobilitando le masse. Ma non possiamo definire col termine di servitori coloro che hanno lavorato, in mancanza di meglio, nelle istituzioni dell'imperialismo giapponese per guadagnarsi da vivere, o lo hanno fatto per costrizione, e neppure gli impiegati subalterni che non hanno svolto che un ruolo debole e passivo. Dobbiamo educare e rieducare questa gente e dare loro la possibilità di una vita nuova. Il nostro compito immediato è fondare una repubblica popolare democratica. Non possiamo saltare delle tappe nello sviluppo della rivoluzione, dobbiamo adottare una giusta strategia e una giusta tattica per portare a termine i compiti che si impongono nel momento attuale della rivoluzione. I bersagli della nostra lotta immediata sono i lacchè dell'imperialismo, che cercano di aiutare una ristrutturazione delle forze sue e dei suoi alleati: le forze feudali, cioè i proprietari fondiari. Se si vuol portare a termine la rivoluzione democratica contro i residui delle forze imperialiste e delle forze feudali, bisogna assolutamente edificare una repubblica popolare democratica, un potere popolare diretto dalla classe operaia, formando un fronte unito democratico avente per nucleo la classe operaia e comprendente l’immensa massa dei contadini e gli intellettuali patrioti, cioè anche gli stessi capitalisti nazionali che abbiano una coscienza nazionale. Il programma di base del Partito, che rappresenta le esigenze strategiche della tappa attuale della rivoluzione è immutabile, ma il suo programma di azione, che rappresenta le esigenze tattiche, può cambiare in ogni momento.
Il programma di base del Partito Comunista che dice, per esempio: «Le officine agli operai!» e «La terra ai contadini!» è immutabile, ma il suo programma d'azione deve essere definito conformemente all'evoluzione della situazione. Dobbiamo dunque definire il programma d'azione più adatto alla situazione attuale per condurre la nostra lotta.
Per formare oggi un fronte unito, dobbiamo dapprima rafforzare l’alleanza degli operai e dei contadini e guadagnare a noi l’immensa massa dei contadini. Ora, per difendere gli interessi dei contadini e guadagnarceli, dobbiamo cominciare con la lotta per diminuire le tasse di affitto, poi intraprendere gradualmente la lotta per confiscare le terre di tutti i proprietari fondiari e distribuirle ai contadini, pur conducendo la lotta per confiscare le terre degli imperialisti giapponesi e dei loro lacchè. In tal modo la lotta, di ampiezza minima all'inizio, deve allargarsi gradualmente fino ad assumere grandi dimensioni.
Per guadagnarci larghe masse e indebolire le forze nemiche, è necessario innanzitutto rafforzare le file del Partito Comunista. È soprattutto contro gli opportunisti che si sono infiltrati nel Partito che dobbiamo lottare. Gli opportunisti non hanno principi coerenti; essi cercano di, distruggere l'unità del Partito ponendosi oggi qui, domani là, come i pipistrelli. È la banda che dobbiamo odiare maggiormente e contro la quale dobbiamo maggiormente stare in guardia. In seguito, dobbiamo stare in guardia contro i lacchè dell'imperialismo giapponese che si fanno passare per membri del Partito Comunista. Al fine di camuffare i loro crimini essi si trasformano in ardenti comunisti. Essi si abbandonano a discorsi e ad azioni di ultra-sinistra, sbraitano come se stessero per abbattere da un momento all'altro la classe dei capitalisti e stabilire il potere «sovietico». Ma il loro vero scopo è distruggere il Partito Comunista e ingannare la classe operaia per far fallire la rivoluzione. Dovremo condurre una lotta spietata contro questi elementi estranei che si sono infiltrati in seno al Partito.
Inoltre, non dovremo trascurare la nostra stessa formazione per non cadere nel disordine e nella depravazione. Non è raro che, una volta al potere, anche comunisti probi e modesti, accecati dalla ricerca degli onori e dagli interessi personali, cadano nel disordine e nella depravazione. Le conseguenze sono allora gravi: non solo si rovinano essi stessi, ma allontanano il partito dalle masse. Per noi membri del Partito Comunista, non vi è altro scopo che servire il popolo e dedicarci ai suoi interessi. Se noi membri del Partito Comunista lottiamo sinceramente per il popolo, questo porrà la sua fiducia in noi ed anche coloro che ci erano ostili perché non ci conoscevano bene, arriveranno a comprenderci. In questi ultimi tempi, si sente spesso parlare dei diritti del popolo, della democrazia. Queste parole sono tutte ammirevoli in quanto significano: politica che riconosce al popolo i suoi diritti, politica che assicura il potere al popolo. Ma nella Corea d'oggi la «democrazia» all'americana o all'inglese non conviene. La «democrazia» di tipo occidentale è superata e d'altra parte, se noi adottiamo, non potremo raggiungere il nostro scopo che è di realizzare l'indipendenza del paese: questo tornerebbe ad essere una colonia dell'imperialismo straniero. Bisogna perciò stabilire in Corea un regime democratico nuovo, progressista, che si conformi alla realtà della Corea.
Il nostro compito immediato è di educare senza indugio le masse che non sono ancora sufficientemente coscienti, affinché lottino per una loro vera democrazia. Le masse non distinguono ancora nettamente coloro che difendono i loro interessi da coloro che li violano. Per questo dobbiamo concentrare i nostri sforzi per spiegare e diffondere con perseveranza la posizione del nostro Partito fra le masse. Dobbiamo saper non solo insegnare alle masse, ma anche apprendere da loro, prestare orecchio alla loro voce e soddisfare i loro desideri.
Il problema di riuscire o meno a edificare una Corea nuova, democratica, dipende interamente dal risultato, positivo o negativo, del nostro lavoro per rafforzare il Partito Comunista, la formazione del fronte unito nazionale e il raccogliersi delle grandi masse attorno al Partito Comunista.
Ogni membro del Partito Comunista deve militare attivamente per ingrossare e consolidare costantemente i ranghi del Partito, cooperare sinceramente con i partiti amici e guadagnarsi le grandi masse.
 
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