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Kim Il Sung. I rapporti con Tito, Stalin e Kruscev., Enrico Trotta

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Enrikovic
view post Posted on 29/3/2013, 00:13




Kim Il Sung
I rapporti con Tito, Stalin e Kruscev





Introduzione



Questo articolo nasce dalla necessità di fornire alcune risposte a numerose questioni di natura storica e politica sulla personalità di Kim Il Sung. Capita spesso di imbattersi in analisi di alcuni teorici marxisti che, per dimostrare il “revisionismo” Kimilsunghiano, partono da considerazioni errate o completamente infondate. E' vero, non è sempre semplice reperire e studiare i discorsi del Generalissimo e i rapporti del Partito del Lavoro, soprattutto quelli che risalgono ai tempi del Presidente eterno. E' altresì vero che noi compagni dovremmo fare più profondamente "inchiesta" prima di gridare al "revisionismo". Anche perché - e il paragone con le favole di Esopo è conseguente - chi grida all'antimarxismo senza una precedente analisi, finisce con il danneggiare il movimento operaio e, soprattutto, non riesce a riconoscere il vero pericolo nel momento più cruciale.
Prima di cominciare, un avviso al lettore: questo documento è da considerarsi un cantiere aperto, in quanto l’autore non dispone di tutti gli scritti di Kim Il Sung che, purtroppo, sono di difficilissima reperibilità. Nel corso del tempo non mancheranno revisioni e aggiunte, nel momento in cui avrò accesso a scritti e discorsi che attualmente non possiedo.

I. Kim Il Sung su Tito e Kruscev



Molti circoli di “critici” marxisti, levano spesso la voce contro un Kim Il Sung “eclettico”, “centrista”, e, di conseguenza, antimarxista. Cosa propinano a noi lettori, per tirare l’acqua al proprio mulino? Il fatto che Kim Il Sung non criticò mai apertamente il revisionismo di Tito. Cioè è assolutamente falso. E' sufficiente una rapida lettura delle Opere Scelte, a partire dal volume primo:

“Il nostro Partito e il nostro popolo condannano risolutamente gli atti perfidi dei revisionisti iugoslavi che, eludendo completamente il principio dell’internazionalismo proletario, adulano gli imperialisti nord-americani e si prosternano davanti a loro.” (Kim Il Sung, Relazione presentata alla riunione commemorativa del X Anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea, 8 Settembre 1958, Op. Scelte Vol. I)

“Il revisionismo, un riflesso dell’ideologia borghese, è ancora il maggiore pericolo per il movimento comunista internazionale. I revisionisti moderni, rappresentati dai revisionisti Yugoslavi, stanno cercando di evirare l’essenza rivoluzionaria del Marxismo-Leninismo, paralizzando lo spirito rivoluzionario della classe operaia e minano la stabilità del blocco socialista dall’interno [...]” (Kim Il Sung, Rapporto al quarto Congresso del Partito del Lavoro di Corea, 11 Settembre 1961, Op. Scelte Vol. III)

“Oggi, le forze rivoluzionarie di tutto il mondo stanno diventando sempre più forti. [...] In queste circostanze, gli imperialisti stanno diventando sempre più frenetici. Mentre saccheggiano e sopprimono con sempre più intensità i propri popoli ed i popoli dei paesi più piccoli e deboli, gli imperialisti stanno facendo di tutto per corrompere i codardi nel movimento socialista che indietreggiano di fronte alla rivoluzione, e li usano come loro agenti per portare a compimento le proprie politiche imperialistiche. I revisionisti moderni, capeggiati dalla cricca di Tito in Yugoslavia, insieme ai suoi seguaci come Choe Chang Ik[1] e Pak Chang Ok[2] nel nostro paese, ricadono in questa categoria. [...] I revisionisti moderni negano la direzione del Partito Marxista-Leninista e la dittatura del proletariato che insieme costituiscono i principi generali della rivoluzione socialista. I revisionisti affermano che la natura aggressiva dell’imperialismo è cambiata e, per questo, il socialismo può andare d’accordo con l’imperialismo; sostengono che la transizione dal capitalismo al socialismo possa essere realizzata pacificamente attraverso la lotta parlamentare. [...] Attualmente l’atto più assurdo dei revisionisti è che essi stanno seminando discordia all’interno del blocco socialista, mentre fanno tutto il possibile per ingraziarsi e stringere buoni legami con gli imperialisti. [...] Nel fare ciò, i revisionisti chiamano i marxisti-leninisti che si rifiutano di seguire la loro linea revisionista “dogmatici”, “nazionalisti”, o “Stalinisti”, rigettandoli e tentando di isolarli dal campo socialista.” (Kim Il Sung, Sul miglioramento e sul rafforzamento del lavoro ideologico e organizzativo del Partito, 8 Marzo 1962, Op. Scelte Vol. III)

“Lottare per la difesa del campo socialista e per la sua unità è un sacro dovere di tutti i comunisti. Questi non devono ammettere alcun atto suscettibile di indebolire l’unità del campo socialista. Non si deve né includere nel campo socialista i rinnegati della rivoluzione né espellere in modo arbitrario questo o quel paese. [...] L’integrazione del gruppo jugoslavo di Tito nel campo socialista e nel movimento comunista internazionale, costituirebbe un indebolimento dell’unità del primo e della coesione del secondo. Questo gruppo ha tradito il marxismo-leninismo, si è allontanato dal campo socialista e dal movimento comunista internazionale, si oppone alle Dichiarazioni delle Conferenze dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai ed opera allo scopo di minare il movimento rivoluzionario internazionale. Già da molto tempo esso ha moralmente perduto, per colpa di questi atti, il diritto di accesso al campo socialista e al movimento comunista internazionale. Certamente non solleviamo obiezioni per quanto riguarda lo sviluppo di relazioni statali dei paesi socialista con la Yugoslavia. Ma è impossibile considerarla come membro del campo socialista e collocare la “Lega dei comunisti Yugoslavi” nella stessa categoria dei partito comunisti e operai. L’atteggiamento sbagliato che viene adottato nei confronti della Yugoslavia, così come una serie di altre questioni, oggi ostacolano la restaurazione dell’unità del campo socialista e della coesione del movimento comunista internazionale.” (Kim Il Sung, La situazione attuale e i compiti del nostro partito, Rapporto presentato alla conferenza del Partito del Lavoro di Corea, 5 Ottobre 1966, Op. Scelte Vol. IV)

Di fronte a queste citazioni possiamo fare due considerazioni. Innanzitutto, la posizione di Kim Il Sung contro il revisionismo titino è netta e non lascia spazio a vuote congetture: non si può vietare ad altri Paesi di stabilire contatti con la Yugoslavia, ma bisogna aver ben chiaro che si ha a che fare con un paese revisionista e non marxista-leninista. Prima di esaurire la prima questione, che per la sua infondatezza non richiede una analisi approfondita, mi si conceda un’ultima considerazione: come potevano i compagni nord Coreani dimenticare le ambigue prese di posizione del gruppo di Tito durante la guerra di Corea? Nel documento “La Yugoslavia è un paese socialista?”, sono i compagni cinesi a descrivere le dannose manovre della Yugoslavia in materia di politica estera:

“Under the pretext of opposing "Stalinism", the Tito clique is peddling revisionist poison everywhere and opposing revolution by the people in all countries. The Tito clique has invariably played the role of a lackey of U.S. imperialism in the major international events of the past ten years and more.
[...]
2. The Korean War. In a statement issued on September 6, 1950, Edvard Kardelj, who was then foreign minister, brazenly slandered the Korean people's just war of resistance to aggression and defended U.S. imperialism. On December 1, speaking at the U.N. Security Council, the representative of the Tito clique attacked China for its "active interference in the Korean War". The Tito clique also voted in the United Nations for the embargo on China and Korea.”[3]


Oltre alla decisa posizione contro il revisionismo di Tito, non possiamo non notare un chiaro monito alla dirigenza Krusceviana. Kim Il Sung ed il Partito del Lavoro hanno dovuto fronteggiare, a più riprese, fino agli anni '60, gli attacchi e le congiure reazionarie di numerosi gruppuscoli. In particolare le azioni controrivoluzionarie vennero guidate da due fazioni: la fazione Yanan e quella "sovietica", entrambe composte da membri ideologicamente deboli, dogmatici o revisionisti. Entrambe le fazioni provocarono l'incidente di Agosto, il più importante tentativo di destabilizzazione della dirigenza del Partito del Lavoro. Tutte questi gruppi cercarono di rafforzare il revisionismo in Corea. La fazione sovietica e quella Yanan accusarono Kim Il Sung di imporre il proprio punto di vista nelle decisioni del Partito. I revisionisti criticarono tutta l'esperienza socialista Coreana, arrivando a denigrare il marxismo-leninismo e Stalin, sostenendo che non fosse più necessaria la dittatura del proletariato. Il tutto - prevedibilmente - avvenne nel ‘56, sulla scia del XX Congresso del PCUS. Infatti, il filo conduttore che diede ampio spazio di manovra a tutti i vari revisionisti in Corea fu l’accusa di “culto della personalità” lanciata dei Kruscioviani sovietici nei confronti del defunto Stalin; accusa che si ritorse contro il Presidente Eterno e che mise in difficoltà la dirigenza del Partito. La situazione spinse Kim Il Sung a trattare più apertamente la questione della costruzione del socialismo nella Repubblica Popolare Democratica di Corea, invitando il popolo Coreano a rafforzare ancora di più la dittatura del proletariato.

"Benché il revisionismo non sia comparso nel nostro paese in modo sistematico, quelli che si sono elevati contro il nostro Partito, spinti da quella che essi chiamano "corrente ideologica internazionale", diffondevano il revisionismo. [...] Nel nostro paese il revisionismo si manifesta attraverso il rifiuto di una direzione da parte del Partito e della dittatura del proletariato. [...] La dittatura del proletariato è un'arma potente della classe operaia per schiacciare completamente tutti gli elementi contro-rivoluzionari, ostili alla rivoluzione socialista, per difendere gli interessi del popolo lavoratore e della rivoluzione" (Kim Il Sung, Per la realizzazione vittoriosa del primo piano quinquennale, 6 Marzo 1958)

“Pur credendo nella democrazia pienamente, noi dovremo rafforzare anche la funzione di dittatura del nostro Stato sui nostri nemici. Senza l’intensificazione della dittatura sulla controrivoluzione, noi non possiamo assicurare la costruzione socialista, né i diritti e le libertà democratiche possono essere garantiti alle masse popolari.” (Kim Il Sung, Riguardo ai compiti immediati del potere popolare nell’edificazione socialista, 20 Settembre 1957)

“Gli elementi separatisti e contrari al Partito, che si sono infiltrati nel settore giudiziario, hanno diffuso delle idee revisioniste in occasione della campagna anti-sovietica e anti-comunista, detta anche corrente ideologica internazionale; essi hanno causato molti danni alle nostre attività, esercitando un’influenza negativa sulle persone ideologicamente non solide. Lanciando degli slogan come “la legge deve essere uguale per tutti” o “i diritti dell’uomo devono essere protetti”, gli elementi separatisti e contrari al Partito hanno scatenato un attacco contro la politica giudiziaria del Partito. Per i membri del Partito, che partecipano da tanto tempo alla vita del Partito e che sono leali nei confronti del nostro Partito, è chiaro che non c’è niente di nuovo in questi slogan. Il nostro Partito ha sempre sottolineato che la legge doveva essere uguale per tutti i cittadini e che doveva proteggere i diritti dell’uomo. C’è qualcosa di nuovo in questo argomento? Perché allora gli elementi oppositori del Partito hanno tirato fuori di nuovo questi slogan, quando nel 1956 fu lanciata la campagna anti-sovietica e anti-comunista? [...] In origine, lo slogan “la legge deve essere uguale per tutti” non è altro che una propaganda menzognera diffusa dalla borghesia per ingannare il popolo lavoratore e sottometterlo docilmente alle leggi borghesi, camuffando il carattere di classe di queste leggi.” (Kim Il Sung, Per l’applicazione della politica giudiziaria del nostro Partito, 29 Aprile 1958)

Nelle analisi intorno al socialismo Coreano non si può non tener conto delle difficoltà che incontrarono i compagni nord Coreani nell’edificazione della società socialista. Mi riferisco in particolare ai necessari aiuti economici, militari e di know-how in primis da parte dell’Unione Sovietica e della Cina. Nessun dirigente Coreano, in ogni caso, nascose mai che la Corea del Nord accettasse aiuti dagli altri paesi e lo stesso Kim Il Sung lo faceva presente nei suoi discorsi per spronare il popolo a porre rimedio alle mancanze nel lavoro. Si accusa spesso Pyongyang di non aver bruscamente interrotto i rapporti con l’Unione Sovietica; in questo modo si trascende l’analisi dialettica e non si considera la posizione della Repubblica Popolare all’interno del movimento comunista internazionale. E’ estremamente interessante l’ultima citazione contro il Titoismo (ne “La situazione attuale e i compiti del nostro partito”), che fa comprendere al lettore l’estrema genuinità della posizione indipendente della Partito del Lavoro. La Corea popolare faceva la rivoluzione Coreana ed il presidente Kim Il Sung ha sempre ribadito la pecularità della situazione della penisola di Koryo. Il Partito del Lavoro non cercava di ruotare in nessuna orbita e - come pensano di fare certi compagni - cercare forzatamente di inserire il Partito del Lavoro nell'orbita cinese o in quella sovietica è sostanzialmente un metodo sbagliato.
Continuando la lettura di questo stesso rapporto, Kim Il Sung spiega più precisamente il modus operandi dei compagni e dell’avanguardia del proprio paese, che si distingueva dalle posizioni degli altri Partiti fratelli, per la straordinaria moderazione con cui venivano trattate le divergenze in seno al campo socialista:

“Per infondere lo spirito di indipendenza nei membri del Partito e nelle masse lavoratrici, dobbiamo continuare a combattere una lotta vigorosa per rigettare il servilismo e il dogmatismo, e stabilire il Juche. [...] Per quanto riguarda l’atteggiamento del nostro Partito nei confronti del problema dell’unità nel movimento comunista internazionale, noi, certamente, dobbiamo sempre lavorare per l’unità con l’Unione Sovietica, la Cina e gli altri paesi socialisti e rafforzare l’unità nel blocco socialista. Ma anche se lavoriamo per rafforzare l’unità con i paesi fratelli, noi non possiamo in nessun modo accettare la richiesta di rinunciare alla rivoluzione e di accettare il revisionismo. Noi supporteremo i paesi fratelli in ciò che è giusto, ma non li seguiremo in ciò che è sbagliato.
Non dobbiamo commettere l'errore di sinistra che rifiuta l'unità col pretesto di opporsi all'opportunismo, e non dobbiamo neanche commettere l'errore di destra che respinge la lotta contro l'opportunismo col pretesto di difendere l'unità.
[...]
Non bisognerebbe mai assimilare i rapporti tra partiti fratelli ai rapporti antagonistici che abbiamo con l'imperialismo. Se per caso la direzione di un partito fratello commette degli errori, i comunisti degli altri partiti fratelli farebbero meglio ad aiutarlo, con una critica da compagni, a riprendere la giusta via. D'altra parte occorre evitare di formulare alla leggera certe conclusioni sul carattere della società di una paese fratello quando fatti particolari si verificano in questo o quell'aspetto della sua vita. Il carattere di questa o quella società deve essere determinato nel modo seguente: quale classe ha il potere e quali sono le forme di proprietà dei mezzi di produzione?
[...]
La lotta pratica metterà in evidenza se si combatte realmente oppure no contro l'imperialismo USA, se si aiuta veramente oppure no il popolo vietnamita. La pratica è il criterio che ci consente di distinguere il vero dal falso. L'opportunismo può essere egualmente vinto nella pratica della lotta rivoluzionaria, mentre non può esserlo se si ricorre soltanto alla lotta ideologica.
[...]
Attualmente alcune persone etichettano il nostro Partito e altri partiti marxisti-leninisti come "centristi", "eclettici", "opportunisti", ecc. Essi dicono che noi accettiamo la "via del compromesso senza principi" e che noi siamo "seduti su due sedie". [...] Per quel che ci riguarda noi staremo sempre seduti sulla nostra sedia dalla forma impeccabile, quella del marxismo-leninismo. [...] Le calunnie contro il nostro Partito testimoniano che esso non soltanto si oppone all'opportunismo di destra, ma anche che non fa compromessi con l'opportunismo di sinistra e che si attiene fermamente ad una sola posizione di principio, quella del marxismo-leninismo. Siamo marxisti-leninisti, è per questo che combattiamo ogni forma di opportunismo.(Kim Il Sung, La situazione attuale e i compiti del nostro partito, Rapporto presentato alla conferenza del Partito del Lavoro di Corea, 5 ottobre 1966, Op. Scelte Vol. IV)


I marxisti-leninisti sanno perfettamente che, per analizzare la condotta di questo o quel Partito, questo o quel dirigente, bisogna necessariamente condurre l’indagine sulle sue azioni e non limitarsi alle analisi teoriche. Anche i compromessi con la borghesia non vanno analizzati mai in quanto tali, ma nella maniera in cui questi favoriscono o meno il proletariato. Rifiutare a priori un compromesso o criticare le parole dei compagni di altri paesi abbandonando il punto di vista dialettico è approdare - o naufragare - alle rive dell’estremismo, malattia infantile del comunismo. La linea di condotta del Partito del Lavoro è stata giusta? Osserviamo la situazione concreta. Fino ad oggi, nella la Repubblica Popolare Democratica di Corea, nessun tipo di revisionismo è sopravvissuto, e la parte nord della Corea continua a costruire con successo il socialismo. Attualmente la Repubblica Popolare di Corea deve subire gli attacchi più viscidi degli imperialisti internazionali, sia essi in forma di propaganda sia in forma di sanzioni economiche, che minano lo sviluppo del paese. Inoltre, e questo lo vediamo per l’appunto soprattutto nella lotta “pratica”, i dirigenti del Partito del Lavoro non hanno mai abbandonato il marxismo-leninismo, che utilizzano insieme all'ideologia originale del Juché come scudo contro gli ignobili attacchi dell’imperialismo USA.

II. Kim Il Sung e Stalin



E’ nota l’ammirazione che il Generalissimo Kim Il Sung avesse per il compagno Stalin. In moltissimi suoi discorsi, antecedenti e successivi al 1956, i richiami alle azioni e alle opere di Stalin sono molto frequenti. Molto interessante, e poco noto, è il discorso di Kim Il Sung pronunciato in occasione della morte del dirigente Sovietico.

“Stalin has passed away. The passionate heart of the supreme leader of all progressive people has stopped beating. Such sad news spread around our country with lightning-fast speed and caused thunderous blows to millions of hearts in Korea. [...] The Korean Workers’ Party, which creatively applies the experience of the great Party of Lenin-Stalin, has formed a Democratic United Front for the Fatherland Unification to unite all Koreans under its banner. The Korean Workers’ Party, on the basis of the brilliant works of Lenin and Stalin, has been able promptly to create its own armed forces, equip them with new military technology, employ progressive Soviet military experience, train them, and give to every detachment Stalinist political education. [...] The Korean people cannot but overcome. It is because they are being led by the glorious Korean Worker’s Party, a Lenin-Stalin-type party, a party based on the teachings of the geniuses Lenin and Stalin.” (Kim Il Sung, Stalin is the Benefactor of the People Struggling for Their Freedom and Independence)

Ma sicuramente queste citazioni non possono far contenti i veementi critici nemici dell’antimarxismo Kimilsunghiano, i quali sostengono addirittura che dopo il fatidico XX Congresso del PCUS, Kim Il Sung avesse completamente cambiato idea riguardo Stalin, in completa aderenza alle critiche di Krusciov. Di più, essi affermano che ogni riferimento a Stalin venne accuratamente evitato dai compagni Coreani e dallo stesso Kim Il Sung dopo le infamie del ‘56. Anche questa è una accusa completamente infondata.

“Come ho ripetuto più volte, quando parliamo di lavoro di Partito noi intendiamo costruire fermamente e consolidare il Partito, promuovere la sua costante crescita e il suo sviluppo, e mobilitare correttamente le sue organizzazioni così che possa esercitare pienamente le sue funzioni militanti di Partito Marxista-Leninista. [...] Come Lenin e Stalin lo hanno correttamente definito, un Partito Marxista-Leninista è il distaccamento avanzato e organizzato delle masse lavoratrici.” (Kim Il Sung, Sul lavoro d’organizzazione e ideologico del Partito, 8 Marzo 1962, Op. Scelte Vol. III)

Di estrema importanza politica e storica è la definizione che venne data alla voce “Stalin” nel nord Coreano Dizionario di Filosofia, nell’edizione del 1985.

“A faithful successor of Lenin, dedicated Marxist-Leninist, prominent activist of international communist and workers’ movements, leader of the Soviet State. [...] He was a communist, a dedicated revolutionary famous for his iron will, fortitude, and uncompromising struggle against all types of class enemies and revisionists. He made unlimited self-sacrifice for revolutionary tasks of the working class, and showed unlimited loyalty to the leader. He instigated the beginning of and contributed to the international communist and workers’ movements. Stalin made an enormous contribution to the development of fraternal relationships between the Korean and Soviet peoples, and sincerely encouraged great achievements of our nation.” (The Research Institute of Philosophy, North Korean Academy of Social Sciences, Dictionary of Philosophy, 1985)

Per ora, bastino queste due citazioni per smentire qualsiasi “teoria” del tipo sopracitato. Nonostante la penuria di ulteriori informazioni e citazioni, è di rilevante importanza che Kim Il Sung abbia nominato Stalin proprio circa la teoria leninista del Partito, avversata dai Kruscioviani coreani, oppositori della linea marxista-leninista del Generalissimo. Un ultimo documento, che può fare da sunto delle posizioni ideologiche di Kim Il Sung maturate negli anni nei confronti dell’URSS, è l’intervista concessa a Ludo Martens, all’epoca Presidente del Comitato Centrale del Partito Laburista del Belgio. Segue l’estratto più significativo ai fini della nostra ricerca. [Mi si perdoni l’assenza di una traduzione; ho voluto preservare il documento in lingua originale per preservarne il contenuto da una mia possibile maldestra traduzione. Al compagno Italiano, in ogni caso, la lettura dovrebbe risultare accessibile.]

“Valoro altamente que usted haya estudiado los méritos de Stalin y redactado un libro sobre él. El fin de la Union Sovietica se debe a su revisionismo que data desde el fallecimiento de Stalin. Era un gran país que ocupaba la sexta parte del territorio global, con 290 milliones de habitantes, 18 millones de militantes del Partido y con mas de 70 años en la construcción socialista, pero todo se echò a perder de la noche a la mañana. Con tantos anos formando parte de la historia socialista, el partido sovietico pecó de burocratismo, fue negligente en la labor con el hombre, la principal labor del trabajo partidista. El pueblo, con una deficiente educación ideologica, se sintió atraído por el dinero y se dedico exclusivamente a ganarlo, en vez de preservar el leninismo. Al no ser educado en las ideas socialistas y comunistas y al contagiarse con la loca idea de ganar dinero y poseer carros particulares y villas, el país quedó finalmente destrozado. La decadencia de la URSS inició en los tiempos de Jruschov. Stalin dirigió bien al partido. En esa epoca también habia sido fuerte la lucha contra el cosmopolitisino. Y se lo exigía a la gente entrogar al Estado todo lo que recibia como regalo de los de paises capitalistas, aun cuando se tratase de un estilográfico. Sin Stalin, la URSS no hubiera podido derrotar al fascismo aleman. [...] Pero a la muerte de Stalin, Jruschov lo desacreditó y suprimiò sus proezas, alegando que se oponia al “culto a la personalidad”. Con posterioridad, Gorbachov vendió toda la Union Sovietica al imperialismo. [...] Lo aprecio altamente por habet redactado un libro de Stalin. Y le agradezco por la promesa de regalarme un ejemplar. Quisiera leerlo alguna vez. Valorar altamente los meritos de Lenin y Stalin asì como luchar por la victoria de la causa socialista y la comunista es la misión importante de los comunistas. Sigamos luchando mano a mano por el triunfo del comunismo en todo el mundo.” (Kim Il Sung, Conversazione con il Presidente del CC del Partito Laburista del Belgio, 30 Giugno 1994)

III. Conclusioni



La consultazione di questo breve scritto, seppur con tutte le sue mancanze, può risultare importante per tutti quei compagni che, dopo aver ascoltato le prediche di alcuni sedicenti “ortodossi” del marxismo - definizione già molto infelice in sè - volessero leggere una critica che utilizza fonti di indubbia genuinità per avvalorare le proprie tesi. Abbiamo dimostrato, utilizzando quindi, fonti di “prima mano”, l’assoluta coerenza delle posizioni marxiste del Partito del Lavoro di Corea. I marxisti-leninisti e i lavoratori di tutti i paesi ricorderanno per sempre le imprese dei compagni Kim Il Sung e Kim Jong Il nella strenua difesa del marxismo e del socialismo, contro le calunnie degli imperialisti di tutto il mondo. Un augurio, da parte dell’autore, al compagno Maresciallo Kim Jong Un e al Partito del Lavoro, che, ad oggi, si ritrovano a fronteggiare nuovamente le provocazioni degli imperialisti USA e dei suoi fantocci imperialisti sud Coreani. Al contrario di quanto afferma la propaganda borghese, sappiamo che il popolo sud Coreano non vuole essere trascinato in una nuova guerra contro i propri fratelli, perché tutti i Coreani auspicano la pace e la riunificazione. Sono convinto che la lotta per la pace che combatte il Partito del Lavoro guidato dal compagno Kim Jong Un, possa portare alla pace e alla prosperità nella penisola di Koryo e possa sconfiggere definitivamente l’imperialismo.

Enrikovic


***


Note



[1] Pak Chang Ok, leader della fazione “sovietica” del Partito del Lavoro di Corea. Criticò, insieme alla fazione Yanan del Partito, Kim Il Sung nel 1956. Influenzato dal XX Congresso del PCUS, denunciò il “culto della personalità” di Kim Il Sung e lo accusò di aver accentrato tutto il potere nelle sue mani. Fu espulso dal Partito nel 1956.

[2] Choe Chang Ik, elemento separatista che apparteneva al Partito Neo-democratico prima dell’unione col Partito Comunista della Corea del Nord. Espulso dal Partito del Lavoro in seguito all’ “incidente di Agosto” nel 1956.

[3] “La Jugoslavia è un paese socialista?”, 26 Settembre 1963. L’articolo completo è consultabile qui.
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 30/3/2013, 18:42




Anche qui non poteva mancare ! hai anche materiale che descriva la situazione brezneviana ?
 
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Enrikovic
view post Posted on 31/3/2013, 03:02




Mi spiace ma non ho discorsi o articoli di Kim Il Sung riguardo esattamente l'URSS di Breznev e Suslov. Sicuramente la Repubblica Popolare Democratica di Corea, negli anni della rivoluzione culturale, era in buoni rapporti con l'Unione Sovietica a differenza che con la Cina. Durante la metà degli anni '60 i cinesi scrissero numerosi articoli provocatori e diffamatori contro la Corea socialista. In questo, gli estremisti maoisti non si distinsero per niente dagli hoxhaisti albanesi.

I dirigenti del Partito del Lavoro criticarono l'estremismo della Rivoluzione Culturale in numerose occasioni. Lo stesso Kim Il Sung pronunciò parole dure in merito:

Combattendo il moderno revisionismo occorrerebbe lottare anche contro l'opportunismo di sinistra. Questo non prende in considerazione la realtà mutevole, insiste in modo dogmatico su tesi particolari del marxismo-leninismo, e, lanciando parole d'ordine ultra-rivoluzionarie, conduce la gente all'estremismo. Esso allontana le masse dal partito, scinde le forze rivoluzionarie e impedisce la concentrazione dell'attacco contro il nemico principale." (Kim Il Sung, La situazione attuale e i compiti del nostro partito, Rapporto presentato alla conferenza del Partito del Lavoro di Corea, 5 ottobre 1966, Op. Scelte Vol. IV)

Nel 1966, anno in cui furono pronunciate queste parole, Kim Il Sung spiegò in un colloquio con l'ambasciatore sovietico che queste critiche erano indirizzate ai maoisti e alla loro Rivoluzione Culturale. Prevedibilmente, durante tutta la Rivoluzione Culturale, i rapporti diplomatici con la Cina si interruppero e non ci fu nessuna visita da parte di entrambe le parti nei rispettivi paesi. La situazione si normalizzò a partire dal 1970 con la visita di Zhou Enlai a Pyongyang.
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 31/3/2013, 17:49




In effetti su certi aspetti si può dire che ci furono atteggiamenti grotteschi nel maoismo . Anche criticare paesi come corea cuba e vietnam per le loro ottime relazioni con l'URSS è sintomo di estremismo
 
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3 replies since 29/3/2013, 00:13   414 views
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