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Democrazia e Socialismo, S. Salyseev

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view post Posted on 9/6/2013, 17:44

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Da La rivoluzione e la democrazia, «Kommunist», n. 17, 1975:


Democrazia e Socialismo


Il socialismo nella democrazia

Nel periodo postbellico il crescente distacco fra il quadro limitato della democrazia borghese e le esigenze reali dello sviluppo democratico diventa un tratto costante della vita politica. Le esigenze dello sviluppo economico e la logica della lotta di classe portano ad un allargamento dell’intervento monopolistico-statale nel campo dei rapporti economici e sociali che tuttavia riesce solo ad approfondire ed aggravare gli antagonismi propri della società borghese. Si tratta ora in sostanza dello sconvolgimento di tutto il sistema di governo della società borghese.
La socializzazione della produzione ha assunto tali proporzioni che la centralizzazione della direzione a livello generale nazionale diventa una condizione indispensabile dello sviluppo economico. La direzione centralizzata perde però la sua efficacia, se non è accompagnata dalla socializzazione dei mezzi di produzione, dalla democratizzazione di tutte le componenti della direzione. Nello stesso tempo la necessità oggettiva di una simile democratizzazione entra in contrasto diretto con gli interessi di classe della borghesia che aspira alla massima centralizzazione delle funzioni di comando nelle sue mani e accentua la sua opposizione ai provvedimenti democratici. Proprio in conseguenza di questa circostanza, cioè dell’egoismo di classe del grande capitale, il sistema del dominio monopolistico-statale tende implicitamente ad una restrizione della democrazia e crea il terreno per una crescita delle tendenze autoritarie.
La crisi del sistema di direzione porta alla formazione di un nuovo avamposto della lotta democratica, nel quale le masse si scontrano con la necessità della trasformazione radicale di questo sistema e di tutta la struttura politica. In queste condizioni il successo della lotta democratica richiede oggettivamente un programma che esca dai limiti della democrazia borghese. L’atmosfera della «guerra fredda», del terrore politico e morale contro le forze rivoluzionarie, ha soltanto temporaneamente ritardato, ma non poteva interrompere la formazione del fattore soggettivo del movimento democratico. La Conferenza internazionale dei partiti comunisti e operai del 1969 ha scritto nel suo documento conclusivo: «Difendendo i loro interessi vitali i lavoratori lottano nello stesso tempo per i diritti sociali e le libertà democratiche. Le loro richieste in misura sempre maggiore sono rivolte direttamente contro il sistema di dominio del capitale monopolistico, contro il suo potere politico». («La Conferenza internazionale dei partiti comunisti e operai. Mosca 1969». Praga, edizioni «I problemi della pace e del socialismo», 1969, pag. 24). Gli anni sessanta hanno fatto segnare anche un’altra linea divisoria fra il movimento democratico di massa e la democrazia borghese mettendo in evidenza la presenza non soltanto delle premesse oggettive, ma anche delle premesse soggettive della lotta per una democrazia di nuovo tipo.
La svolta verso la lotta contro il potere politico del capitale monopolistico esercita un influsso profondo sugli orientamenti delle grandi masse popolari, le quali cominciano a collegare l’idea della libertà politica non soltanto con il mantenimento di tutto quello che è stato conquistato nella lotta per la democrazia e prima di tutto nella lotta antifascista, ma anche con il superamento della limitatezza della democrazia borghese. In conseguenza di ciò crescono in misura enorme le potenzialità rivoluzionarie della lotta democratica.
La parte non comunista del campo democratico reagisce in maniera assai contraddittoria a questi processi. Nella maggior parte dei paesi capitalistici si è verificata una scissione fra i partiti tradizionali della democrazia borghese, essi hanno perso sotto molti aspetti il precedente ruolo primario nella vita politica.
Anche i leaders della corrente riformista del movimento operaio sono venuti a trovarsi in una situazione difficile. A suo tempo essi avevano utilizzato la parola d’ordine della democrazia «pura» per la divisione della classe operaia e per la lotta contro la corrente rivoluzionaria.
In tali condizioni soltanto un’evoluzione politico-ideologica a destra poteva salvare il riformismo nel movimento socialdemocratico. Ed effettivamente, se prima della guerra la maggior parte dei partiti influenti dell’Internazionale operaia socialista dichiarava la sua fedeltà al marxismo, già nel 1951 la dichiarazione di Francoforte dell’Internazionale socialista ripudiava apertamente il marxismo, sostituendogli il principio della «neutralità» in filosofia. Questi orientamenti hanno trovato la loro espressione pratica nella politica della «terza forza» proclamata dall’Internazionale socialista, la quale ha portato molti partiti socialdemocratici alla collaborazione con partiti apertamente di destra.
Tuttavia la natura politico-sociale della socialdemocrazia, la prevalenza di lavoratori nella sua base sociale, il fatto stesso della proclamazione degli obiettivi socialisti del movimento — tutto ciò pone determinati limiti allo scivolamento a destra della direzione della socialdemocrazia. Per quanto grande possa essere l’influenza corruttrice dell’ideologia opportunistica sulle masse, il distacco fra la politica della direzione socialdemocratica e gli umori delle masse, la loro personale esperienza politica accumulata nel corso della lotta di classe, distacco che aveva un carattere latente fino a quando le masse rimanevano più o meno passive, si è manifestato immediatamente con l’inasprimento della lotta di classe negli anni ’60.
Verso la metà degli anni ’60 si è notevolmente intensificata l’attività delle correnti di sinistra nei partiti socialdemocratici. È particolarmente indicativo qui lo spostamento a sinistra dei sindacati, per cui per la prima volta in tutta la storia della socialdemocrazia in una serie di paesi (Inghilterra, RFT, ecc.) la linea politica dei sindacati è risultata più a sinistra della politica dei partiti socialdemocratici.
È indicativo anche il fatto che, tenendo conto degli umori delle masse, gli ideologi socialdemocratici sono stati costretti a lasciare da parte le concezioni della democrazia «pura» e a dichiarare la necessità di allargare al campo dei rapporti economico-sociali la lotta democratica. A dir la verità essi svuotano di ogni significato rivoluzionario questa idea, parlando della possibilità della costruzione del socialismo attraverso la semplice aggiunta della «democrazia economica e sociale» alla già esistente democrazia politica borghese. Tuttavia questa costruzione artificiale crolla col progresso della lotta di massa per i diritti economici e sociali dei lavoratori.
Negli anni ’60 si è verificato inoltre un cambiamento molto importante fra le forze democratiche non appartenenti al movimento operaio, che nel passato erano il baluardo della ideologia e della politica della democrazia «pura». L’intensificazione dell’attività politica degli studenti e di masse notevoli di «intellettuali» ha dato origine ad un movimento che si è denominato della «nuova sinistra». Esso è spesso caratterizzato dalla richiesta anarchica dell’abolizione dello stato e dall’antiparlamentarismo che oggettivamente può fare il gioco delle forze autoritarie. Tuttavia, nonostante questi punti deboli, gli scrittori della «nuova sinistra» hanno espresso una dura critica dei difetti della democrazia borghese come sistema di dominio di una minoranza sfruttatrice sulla stragrande maggioranza della società.
Naturalmente i circoli democratici non proletari non si esauriscono con gli intellettuali attestati su posizione di protesta e con gli studenti. Tuttavia le posizioni politiche degli intellettuali sono di estremo interesse per la classe operaia, la quale lotta per l’unione dei lavoratori del braccio e della mente. Inoltre quella parte di intellettuali che svolgono funzioni ideologiche nella società dispone di possibilità particolarmente ampie di influire sulla formazione dell’opinione pubblica. Infine ha un’enorme importanza il fatto stesso della critica crescente della democrazia borghese da parte di uno strato sociale che svolge una parte notevole delle funzioni di direzione nella società.
Rendendosi conto dei punti deboli sia delle posizioni dei socialdemocratici (in rapporto alla trasformazione rivoluzionaria della struttura politica) che delle posizioni dei rappresentanti della «nuova sinistra» (incomprensione delle basi sociali e del reale meccanismo della lotta politica), i comunisti portano avanti una linea costruttiva che si basa su posizioni di principio, considerando oggi possibile la creazione di una unione sulla base di un programma che esca dai limiti della democrazia borghese, e lottano per l’unione «di tutte le correnti democratiche in un’alleanza politica capace di ridurre in maniera determinante il ruolo dei monopoli nell’economia del paese, di porre fine al potere del grande capitale e di realizzare anche radicali trasformazioni politiche ed economiche che assicurino le condizioni più favorevoli per il proseguimento della lotta per il socialismo» («Conferenza internazionale dei partiti comunisti e operai. Mosca 1969», pag. 28).
Il segretario generale del Partito comunista italiano Enrico Berlinguer afferma: «Non ci può essere un movimento reale verso il socialismo, se esso non sarà contemporaneamente il risultato dello sviluppo coerente della democrazia e della ferma direzione di questo sviluppo da parte del proletariato». Nello stesso tempo, sicuri della giustezza delle loro posizioni teoriche e del valore formativo della viva esperienza pratica delle masse, i comunisti propongono nella fase attuale un programma di lotta per un regime democratico che, pur non essendo socialista, rappresenti dal punto di vista economico, sociale e politico un passo avanti nei confronti della democrazia borghese, un passo sulla via verso il socialismo. Nella risoluzione del XX congresso del Partito comunista francese si sottolinea che i comunisti francesi lottano «per l’instaurazione di un regime di democrazia avanzata che apra la strada al socialismo» («XX congresso del Partito comunista francese». Mosca, 1973, pag. 121).
Le premesse economiche per la costruzione di una tale democrazia devono essere create dalla nazionalizzazione democratica delle imprese monopolistiche, dalla programmazione e direzione democratica dell’economia.
È vero che una serie di richieste contenute nel programma democratico avanzato dai comunisti si trovano anche nei programmi dei partiti socialdemocratici, ma i socialdemocratici attribuiscono alle riforme economiche un significato a sé stante, ignorando il carattere del potere politico. Nell’attività dei partiti socialdemocratici si nota una divisione del lavoro assai particolare: le masse partecipano direttamente alla lotta per il soddisfacimento delle loro rivendicazioni quotidiane, ma nella lotta per il potere politico la loro funzione è ristretta alla partecipazione alle elezioni e all’appoggio delle azioni dei loro leaders nel parlamento e nel governo. Essi non parlano mai, in nessuna fase, di trasferire alle masse popolari i pieni poteri politici. Al posto di questo si propone di limitarsi alla consegna del potere statale ai socialdemocratici.
I comunisti condannano decisamente una simile divisione del lavoro e riservano alle azioni delle masse il ruolo principale. I comunisti sviluppano la lotta per il raggiungimento dei principali obiettivi politici in tre direzioni: 1) utilizzano le libertà politiche esistenti, il parlamento e le altre istituzioni democratico-borghesi per la difesa degli interessi della classe operaia e il rafforzamento delle sue posizioni politiche; 2) organizzano le masse per la lotta per il potere «dal basso»; 3) lottano per l’affermazione di nuove forme di organizzazione politica della società capaci di assicurare un salto verso una democrazia di tipo superiore. «Utilizzando tutte le possibilità esistenti di attività parlamentare i comunisti sottolineano che lo sviluppo del movimento di massa della classe operaia, di tutti i lavoratori è decisivo nella lotta per la democrazia e il socialismo». («Conferenza internazionale dei partiti comunisti e operai. Mosca 1969», pag. 28).


Funzione della lotta di massa

È del tutto chiaro che proponendo di limitarsi al primo indirizzo di lotta i leaders socialdemocratici cercano di imporre una concezione chiaramente non democratica.
Sarebbe prematuro affermare che il programma di trasformazione rivoluzionaria della struttura politica della società abbia ottenuto il riconoscimento generale. Ma è indubbio che i più vasti gruppi del movimento operaio e democratico giungono alla comprensione della limitatezza e dell’insufficienza della democrazia borghese.
Il cambiamento della struttura e delle istituzioni dello stato borghese e la creazione di nuove forme di organizzazione politica della società sono necessari per aprire alle masse popolari l’accesso alla direzione dello stato. Nell’ultimo decennio è notevolmente cresciuto l’interesse delle grandi masse popolari verso i problemi dell’ordinamento statale, la loro spontanea tendenza a nuove forme di organizzazione politica che integrino la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta e aprano l’accesso delle masse popolari alla direzione della società.
«La richiesta della partecipazione degli operai, degli impiegati e dei sindacati alla gestione, — si dice nelle Tesi del congresso di Düsseldorf del Partito comunista tedesco (1971), — è diventata il problema centrale della lotta per il progresso democratico». Nello stesso tempo in questa lotta è comparsa una serie di nuovi momenti. Essa si è estesa al di là della classe operaia grazie all’inserimento in essa di vasti settori non proletari, prima di tutto gli intellettuali; essa comincia a riguardare tutti gli anelli di direzione della società, ad acquistare il carattere di una lotta politica per il controllo democratico sul potere esecutivo.
È difficile sopravvalutare la funzione della lotta di massa per la democratizzazione della direzione nella preparazione del fattore soggettivo della rivoluzione. Questa lotta viene condotta in un campo, dove in maniera più scoperta si manifesta l’ineguaglianza pratica degli uomini. Nel corso della lotta per il controllo operaio e la democratizzazione della direzione le masse lavoratrici compiono un passo importante sulla via della loro emancipazione spirituale, maturano la necessario indipendenza e responsabilità, acquistano conoscenze ed esperienze di direzione (senza di che è irreale l’idea stessa della partecipazione diretta delle masse alla direzione della società) e in ultima analisi giungono alla comprensione della necessità della conquista del potere.
Nella lotta per la democratizzazione della direzione si manifesta in maniera particolarmente chiara l’unità fra gli interessi immediati e gli interessi fondamentali della classe operaia. È sufficiente separare la parola d’ordine della democratizzazione della direzione dai compiti generali della lotta per il potere politico per travisare completamente il suo significato. È sufficiente, ad esempio, limitare i suoi scopi alle immediate richieste economiche dei lavoratori di una data impresa perché le potenzialità rivoluzionarie di questa parola d’ordine si trasformino nel suo contrario. Infatti quasi ogni tipo di opposizione alle misure che portano ad un aumento del profitto di un’impresa può essere rappresentato dall’imprenditore come in contrasto con gli interessi degli operai. Tale situazione concede alla borghesia ampie possibilità per manovre in campo sociale, per l’attuazione di una politica paternalistica, per la repressione di qualsiasi germe di protesta sociale.
I comunisti respingono i tentativi di abbassare la lotta per la democratizzazione della direzione a livello trade-unionista e nello stesso tempo mostrano l’inattuabilità delle intenzioni di liquidare il capitalismo attraverso progetti anarcosindacalisti di autogestione.
La democratizzazione della direzione può essere iniziata nello ambito del regime esistente, ma il suo compimento richiede la trasformazione rivoluzionaria della società, poiché la borghesia nel suo complesso non acconsentirà alla limitazione e all’indebolimento del potere del capitale attraverso il sistema del controllo operaio e democratico. In conseguenza di ciò lo sviluppo positivo della lotta per la democratizzazione della direzione porta le masse ad uno scontro con tutto il sistema del capitalismo monopolistico di stato.
Nelle condizioni della democrazia borghese il potere esecutivo è isolato dalle masse popolari da una doppia barriera: dal fatto che la partecipazione delle masse popolari alla elaborazione delle decisioni politiche è limitata al diritto ad avere una rappresentanza e dal principio della divisione dei poteri. La lotta per il controllo operaio e la democratizzazione della direzione apre alle masse lavoratrici la via dell’influsso diretto sul potere esecutivo, evitando queste barriere, integrando la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta e acquistando praticamente il significato di una lotta per l’abolizione della divisione dei poteri.
Nella lotta per la democratizzazione della direzione si creano forme organizzative che sia dal punto di vista sociale (la maggioranza lavoratrice si contrappone qui alla minoranza sfruttatrice che dirige nelle istituzioni dello stato democratico-borghese) che strutturale (integrando la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta) sono portatrici di principi qualitativamente nuovi, propri di una democrazia di tipo superiore, socialista. Lo sviluppo della lotta di massa per il controllo operaio e la democratizzazione della direzione crea in questo senso una favorevole situazione politico-culturale.
È questo uno degli indirizzi promettenti dell’attuale lotta di classe, nel quale trova la sua espressione una legge oggettiva dello sviluppo sociale del nostro tempo, la sempre maggiore convergenza fra compiti democratici e compiti socialisti. Col maturare delle condizioni oggettive e soggettive per la rivoluzione cresceranno e si approfondiranno le esigenze di sviluppo democratico e una parte sempre maggiore di compiti democratici verrà risolta sulla base di programmi rivoluzionari.

Edited by Andrej Zdanov - 11/6/2014, 17:34
 
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