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Rapporto Suslov

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view post Posted on 29/12/2012, 19:02

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Il «Rapporto Suslov» fu pronunciato al Plenum del CC del PCUS del 14 ottobre 1964. Testo tratto da Alberto Cavallari, La Russia contro Kruscev, Vallecchi, 1964, pp. 170-176:


Rapporto Suslov


Il Comitato Centrale del partito ha più d’una volta riaffermato il principio della direzione collegiale in conformità con la linea marxista-leninista sancita dal XX, dal XXI e dal XXII congresso del PCUS. Il marxismo non ha mai negato l’importanza dei capi nella direzione del movimento della classe lavoratrice e nell’organizzazione delle masse. Esso tuttavia ha sempre condannato come pericolosa involuzione il prevalere della volontà di un solo dirigente sulle decisioni collegialmente deliberate dagli organi del partito. Lenin in particolare, come già fu ricordato al XX congresso, condannò inesorabilmente ogni manifestazione del culto dell’individuo, insegnando che la forza del partito dipende dalla sua unità con le masse. «Vincerà e terrà il potere», diceva Lenin, «solo colui che crede nel popolo e che s’immerge nella fonte della creatività vivente del popolo».
Seguendo queste direttive e questi principi il nostro partito ha portato avanti il processo di distruzione del culto della personalità ed ha riaffermato l’importanza del metodo della direzione collegiale. Ad esso s’è mantenuto fedele in tutto questo periodo.
Il Comitato Centrale del partito ha tuttavia rilevato già da qualche tempo nella condotta del compagno Nikita Kruščëv ripetute trasgressioni e violazioni del principio della direzione collegiale, insieme col riaffiorare di manifestazioni e atteggiamenti tipici del culto della personalità, incompatibili con le direttive emanate dai congressi del partito. Questi rilievi erano stati avanzati dallo stesso compagno Kruščëv già nel corso di precedenti riunioni del Comitato Centrale; in quelle occasioni in particolare era stato fatto osservare al compagno Kruščëv il danno di consentire che i giornali usassero nei suoi confronti espressioni eccessivamente laudatorie e riferissero come sue decisioni personali deliberazioni che provenivano invece dagli organi dirigenti del partito e soprattutto dal Comitato Centrale, che è l’unico interprete della politica del partito tra un congresso e l’altro. Fu anche fatto osservare al compagno Kruščëv come alcune sue decisioni ed iniziative fossero state effettivamente prese al di fuori e talvolta anche contro il parere degli organi di direzione collegiale, ponendo il Praesidium del Comitato Centrale e il Comitato Centrale stesso dinnanzi a fatti compiuti che sarebbe stato difficile e dannoso annullare, anche se era evidente al Comitato Centrale trattarsi di decisioni non sempre conformi alle direttive generali del partito. Fu ricordato allora al compagno Kruščëv che Lenin non impose mai le sue vedute ai suoi collaboratori, ma tentò sempre di convincerli spiegando le ragioni che lo spingevano a sostenere una determinata posizione. Il compagno Kruščëv fu d’accordo nell’accettare questi principi e nel dichiararli come la base della politica del partito; tuttavia, col passare del tempo ne trascurò l’applicazione con colpevole negligenza.
Ciò apparve soprattutto evidente nei rapporti con gli altri Paesi del campo socialista e più in generale nei rapporti tra l’Unione sovietica e i Paesi esteri. Molti dei viaggi compiuti dal compagno Kruščëv dal 1962 in poi furono infatti decisi senza alcuna preventiva consultazione con gli altri membri del Praesidium del Comitato Centrale né del Praesidium del Soviet Supremo. Lo stesso accadde per molte missioni all’estero affidate a titolo personale ad amici o parenti del compagno Kruščëv, i quali non avevano nessun titolo e nessuna preparazione per portare a termine i delicati compiti che venivano loro affidati. Fu anche che, a parte l’iniziativa dei predetti viaggi e contatti con l’estero, spesso la sostanza stessa dei colloqui e delle intese che nel corso di quei viaggi venivano raggiunte non corrispondeva agli interessi del popolo sovietico né alla politica del partito.
Da questo punto di vista va rilevato l’ultimo esempio in ordine di tempo di queste iniziative personali del compagno Kruščëv, decise al di là delle direttive degli organi dirigenti del partito e dello Stato sovietico: esso si ebbe nel corso del viaggio in Egitto, dove il compagno Kruščëv si recò su invito del presidente Nasser, nel maggio scorso, per l’inaugurazione della diga di Assuan. In quella circostanza il presidente Nasser e il vice presidente Amer furono insigniti personalmente dal compagno Kruščëv della più alta decorazione sovietica, quella di «Eroe dell’Unione Sovietica», la cui concessione può essere deliberata soltanto attraverso un atto del Praesidium del Soviet Supremo. Il Praesidium del Soviet Supremo fu informato della concessione di questa onorificenza al presidente Nasser e al vice presidente Amer, soltanto da un telegramma inviato dal compagno Kruščëv dal Cairo.
In varie altre occasioni il compagno Kruščëv, spesso senza informare i membri del Praesidium del Comitato Centrale, affidò delicate mansioni all’estero a Aleksej Adzubej, l’ultima delle quali in ordine di tempo è stata una missione a Bonn per prendere contatto con i dirigenti tedeschi che avevano espresso il desiderio di invitare in quel Paese il presidente del Praesidium dell’Unione Sovietica e il compagno Kruščëv. Nessun dettagliato resoconto sul contenuto delle conversazioni che in tale occasione ebbero luogo a Bonn fu mai portato a conoscenza del Praesidium del Comitato Centrale, mentre si apprese invece da informazioni di giornali di paesi capitalistici che Aleksej Adzubej aveva formulato previsioni completamente irreali e giudizi inammissibili sull’evolversi della politica dell’Unione Sovietica nei confronti della Repubblica Democratica tedesca, come pure nei confronti del governo di Bonn e di eventuali trattative concernenti la sistemazione della questione di Berlino.
Nel campo delle iniziative personali prese dal compagno Kruščëv al di fuori delle direttive degli organi dirigenti del partito e del governo sovietico va anche denunciata l’ostentata prosecuzione di aiuti tecnici e militari al governo indiano durante il periodo, particolarmente delicato per la causa della pace, della controversia di frontiera tra la Repubblica indiana e la Repubblica popolare cinese. Tali aiuti, in sé conformi alla politica di buona amicizia tra il popolo sovietico e il popolo indiano non hanno però contribuito in quella particolare circostanza a facilitare la sistemazione della controversia in atto tra la Repubblica Indiana e la Repubblica Popolare Cinese, e ad allontanare i pericoli di conflitto in quella parte del mondo. Essi hanno invece contribuito ad inasprire in modo non necessario le questioni che in quello stesso periodo di tempo erano venute in discussione tra il partito comunista dell’URSS e il partito comunista cinese. Più recentemente, nel mese di settembre di quest’anno il compagno Kruščëv fece alcune dichiarazioni ad una delegazione di parlamentari giapponesi circa l’esistenza nell’Unione Sovietica di un’arma di distruzione totale. Queste dichiarazioni, per il modo in cui furono fatte, per le ripercussioni che suscitarono in tutto il mondo e per le successive rettifiche che egli fece, anch’esse all’insaputa degli organi dirigenti del partito, devono essere severamente censurate e rappresentano un significativo esempio dell’intempestività di alcuni interventi del compagno Kruščëv, della sua mancanza di misura e della sua trascuratezza nel tener conto delle opinioni altrui.
Ma i danni maggiori provocati dalle iniziative personali del compagno Kruščëv in questi anni e soprattutto a partire dal 1962, si sono manifestati nel campo dell’organizzazione del partito e in quello della produzione agricola ed industriale. Nell’autunno del 1962, su proposta di Kruščëv, il Comitato Centrale adottò una serie di riforme che modificavano profondamente la struttura interna del partito. Va detto a questo punto che da molto tempo il Plenum del Comitato Centrale veniva convocato in sedute allargate alle quali intervenivano in numero crescente e su inviti direttamente effettuati dal primo segretario del partito, persone che non avevano la qualifica di eletti del Comitato Centrale e che intervenivano alle riunioni in qualità di esperti sulle questioni in discussione.
Queste riunioni finivano per conseguenza per trasformarsi in manifestazioni allargate, privando l’organismo superiore del partito di ogni concreta possibilità di discussione e di critica, di analisi e di approfondimento dei problemi politici del partito e del Paese. Il numero di questi «estranei» era quasi sempre superiore a quello dei membri effettivi del Comitato Centrale. Davanti ad assemblee di questo genere, la possibilità di discutere i problemi politici risultava grandemente diminuita e le proposte ed i piani, anche di carattere tecnico ed economico, presentati dal primo segretario del partito finivano per essere approvati, dopo una discussione generica, per acclamazione.
La riforma nell’organizzazione del partito adottata nella riunione del Comitato Centrale dell’autunno 1962, modificò la struttura interna del partito. La sua organizzazione verticale venne divisa in due su basi produttive: un’organizzazione di partito per l’industria e un’organizzazione di partito per l’agricoltura. Il compagno Kruščëv motivò questa decisione col fatto che il partito, nella sua attività di promotore principale dello sforzo produttivo del Paese, dovendosi contemporaneamente occupare di problemi connessi alla produzione industriale ed agricola, finiva per interessarsene in periodi distinti, concentrando di volta in volta i suoi sforzi sull’uno o sull’altro settore, dando così luogo a pericolose discontinuità. Allorché per esempio, disse il compagno Kruščëv, era in corso la battaglia per il raccolto del grano, tutto il partito s’immobilizzava su quell’obiettivo, trascurando la produzione industriale, e viceversa. Con la nuova riforma, che fu applicata dagli organi di base del partito fino agli obkom (comitati regionali del partito), si pensò d’avere a disposizione due organizzazioni distinte che permanentemente si sarebbero occupate dei problemi specifici della produzione industriale e di quella agricola.
Tuttavia non tardarono a manifestarsi, col passar del tempo, i gravi difetti derivanti dalla nuova organizzazione. Ogni regione, infatti, dopo la riforma, ebbe non uno ma due segretari di partito, uno per l’industria e uno per l’agricoltura, mentre in passato i poteri d’iniziativa e di coordinamento erano concentrati nelle mani di un solo segretario di obkom. Questa situazione in pratica s’è risolta in un vero caos organizzativo e nel moltiplicarsi di profondi contrasti di direzione tra i comitati di partito applicati all’industria e i comitati di partito applicati all’agricoltura. Il ruolo dirigente del partito, quale suprema istanza politica, ne è uscito sminuito ed indebolito, mentre d’altra parte i dirigenti tecnici delle aziende industriali e i dirigenti dei sovkhoz e delle cooperative contadine hanno visto limitata la loro autonomia e i loro poteri d’iniziativa nei campi di loro specifica competenza, con danni non indifferenti nell’organizzazione produttiva e nell’attuazione delle norme del piano.
Di fronte a questi gravi difetti organizzativi, che furono più volte segnalati sia dai singoli dirigenti locali del partito che dai membri del Comitato Centrale, il compagno Kruščëv reagì manifestando un comportamento ingiustificatamente sprezzante e adottando in seguito, di sua propria iniziativa e senza averlo fatto precedere da approfondite consultazioni con i responsabili dei singoli settori, altri cambiamenti organizzativi. In queste ultime settimane egli propose addirittura di creare una nuova organizzazione politica per lo sviluppo della produzione agricola e propose come dirigente responsabile di tale organizzazione Aleksej Adzubej. Ciò avrebbe avuto il risultato di aggravare enormemente i difetti già notati nell’attuale sistema e di creare artificialmente una contrapposizione di interessi tra gli operai dell’industria ed i contadini, che avrebbe profondamente danneggiato gli sforzi collettivi per una maggiore produzione e per la realizzazione degli obiettivi e delle norme del piano.
D’altra parte non si limitano a questo i gravi errori nei quali è incorso il compagno Kruscev nella direzione dell’agricoltura, nella quale si trova il massimo esempio della scarsa ponderazione con la quale egli ha agito e della precipitazione delle iniziative intraprese. Una di queste consistette nella vasta campagna lanciata dal compagno Kruščëv nel 1962 per la liquidazione della rotazione delle colture e del maggese e per una coltivazione estensiva del granoturco come foraggio. Se la misura appariva valida per certe regioni, applicata su scala generale essa portò a seri danni in altre regioni, ad un impoverimento dei terreni meno fertili e ad una deplorevole confusione negli indirizzi della produzione agricola. D’altra parte, dopo aver combattuto il principio dell’agricoltura intensiva con la messa in valore delle terre vergini, Kruščëv mutò orientamento a partire dal 1962, puntando sull’agricoltura intensiva e sullo sviluppo di una forte industria dei fertilizzanti come condizione principale per ottenere i risultati desiderati.
Questa politica, sia nell’una che nell’altra fase, fu attuata senza gli approfondimenti necessari e senza la necessaria preparazione per realizzare gli obiettivi fissati nel piano settennale. Il Comitato Centrale ha rilevato a più riprese i danni derivati dagli improvvisi mutamenti d’indirizzo e dalle improvvisate iniziative che furono prese in questo settore. Il Comitato Centrale ha ricordato per esempio che durante il periodo di messa in valore delle terre vergini, le macchine agricole impiegate nell’impresa furono soggette a un gravissimo logorio tecnico per mancanza di adeguati mezzi di protezione e di ricovero che non erano stati tempestivamente predisposti.
Non minori deficienze sono state riscontrate nel settore della produzione industriale. Le maggiori di esse derivano da alcune capricciose decisioni del compagno Kruščëv nell’orientamento dei nuovi piani economici. Furono immotivatamente stornati investimenti già decisi da un settore all’altro della produzione industriale, con conseguenti ritardi nel coerente sviluppo dei piani. Nonostante dichiarazioni più volte ripetute, sia in discorsi pubblici che nelle riunioni degli organi dirigenti del partito, i settori che più ebbero a soffrire da queste deficienze furono proprio quelli dell’industria leggera, produttrice di beni di largo consumo, e in particolare dell’industria chimica. Il tasso d’aumento dell’industria produttrice dei beni di consumo, per effetto di questi errori di direzione economica, si è ridotto nel 1963 al tre per cento, che risulta molto inferiore agli obiettivi fissati dal piano.
Il Comitato Centrale del partito ha ritenuto che questi errori, come pure le iniziative eccessivamente personali del compagno Kruscev e la mancata osservanza del principio della direzione collegiale, abbiano reso necessario un mutamento di direzione e una più completa attuazione dei principi che hanno ispirato il XX, il XXI ed il XXII congresso del PCUS. La collegialità di direzione nasce dalla natura stessa del nostro partito.
«Tutti gli affari del partito», diceva Lenin, «sono portati a compimento da tutti i membri del partito, direttamente o attraverso rappresentanti, che senza alcuna eccezione sono soggetti agli stessi regolamenti. Inoltre tutti i membri amministrativi, tutti i collegi direttivi, tutti coloro che detengono posizioni nel partito, sono elettivi, devono rendere conto delle loro attività e possono essere dimessi».

Edited by Andrej Zdanov - 17/11/2015, 21:40
 
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