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Per il LXIV anniversario della morte di Andrei Zdanov, Andrej Zdanov (utente)

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view post Posted on 31/8/2012, 22:04

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Per il LXIV anniversario
della morte di Andrei Zdanov


Alle 15:35 del 31 agosto 1948, sessantaquattro anni or sono, il cuore di Andrei Zdanov cessava di battere. La morte del grande dirigente bolscevico, inizialmente addebitata esclusivamente ai pur gravi problemi di salute di cui da tempo soffriva, significò la perdita di «... un eminente teorico del marxismo, di un propagandista altamente dotato delle grandi idee di Lenin e Stalin, di uno dei più notevoli edificatori del partito e dello Stato sovietico...», come si legge nel comunicato del Comitato Centrale del Partito. Anche fuori dall’URSS, la sua morte fu accolta con dolore dai comunisti di tutti i paesi. Il pittore e comunista italiano Renato Guttuso, il quale, al momento della morte di Zdanov, partecipava al Congresso degli intellettuali per la pace di Wroclaw, in Polonia, così ricordò il tragico evento:

«Credo che né Sacha Fadeev né io dimenticheremo il coro di civette che si levò dalle rovine di Wroclaw la notte che si fermò il cuore di Andrea Zdanov. Zdanov era morto, egli era, tutti lo sanno, uno degli uomini migliori del mondo, uno dei bolscevichi di cristallo, puro e duro come un cristallo. Era un punto guadagnato per i nemici del progresso, per i dirigenti dei trust dell’industria pesante, per i banchieri di New York, di Londra, di Parigi e di Roma!»1

Come si venne a sapere all’inizio del 1953, la morte di Andrei Zdanov fu in realtà provocata dall’azione di un gruppo di medici sabotatori, facenti capo all’organizzazione sionista Joint, i quali falsificarono deliberatamente la diagnosi della sua malattia e gli prescrissero cure errate e nocive, con lo scopo di favorire la morte dell’Eroe di Leningrado, per conto dei servizi segreti dei paesi capitalistici occidentali. Da questo fatto si può già intendere come Zdanov fosse un personaggio oltremodo scomodo ed inviso ai capitalisti di tutti i paesi, i cui piani aveva abilmente contribuito a smascherare alla I Conferenza del Kominform. Non meno nemici gli procurò la sua azione in patria, contro i residui del capitalismo nella coscienza del popolo sovietico, contro la stagnazione e la burocrazia, per lo sviluppo di una possente cultura socialista. Zdanov, con il suo tono combattivo ed appassionato, portò la chiarezza bolscevica nel campo della letteratura e dell’arte, evidenziando il carattere di classe delle numerose correnti artistiche e letterarie, difendendo risolutamente il materialismo contro le «teorie» che concepivano l’arte come qualche cosa di fine a se stesso ed astratto dalla vita reale, chiamando a raccolta l’intellettualità sovietica e progressista per la costruzione di una cultura nuova e superiore.
La teoria estetica di Zdanov conserva ancor oggi la sua validità e la sua capacità di smascherare il carattere reazionario della cultura borghese contemporanea e dei suoi deleteri effetti sulla coscienza sociale. Proprio per questo, i sostenitori del capitalismo, nient’affatto paghi del loro efferato delitto, travolsero il defunto Zdanov con una marea di insulti e di denigrazioni gratuite, con una totale e demonizzante damnatio memoriae, nella speranza di seppellire per sempre i suoi preziosi insegnamenti ed aver salva la propria egemonia culturale. Ma, nonostante i possenti sforzi della classe dominante per cancellare Zdanov e il suo pensiero dalla memoria collettiva, le teorie estetiche legate al suo nome traggono oggi nuova linfa vitale. Nell’era dei mezzi di comunicazione di massa, della televisione e di Internet, della cultura del «Villaggio globale», sono sempre più evidenti gli sforzi dei sostenitori dello status quo per diffondere l’indifferenza, il nichilismo e l’apoliticità fra le masse popolari, attraverso una cultura frivola, disimpegnata e di basso livello. In questi ed altri fatti, non si può non scorgere nitidamente il carattere di classe marcatamente reazionario di questo genere di cultura, già individuato ed analizzato da Zdanov oltre mezzo secolo fa.
Di conseguenza, dagli scritti di Zdanov si possono ricavare molti spunti per l’analisi critica del mondo contemporaneo. Mi sono personalmente prodigato nella digitalizzazione di questi scritti, altrimenti destinati a vegetare per anni su di un polveroso scaffale; ora chiunque può consultarli online e ricavarne un arricchimento ideologico e critico. Credo che il modo migliore di ricordare Zdanov e la sua opera di quello di impugnare le armi teoriche da lui forgiate per l'analisi critica degli eventi del mondo attuale. Parimenti, nell’interesse della verità storica e della riabilitazione dell’immagine del socialismo agli occhi delle masse, occorre portare avanti la lotta contro le falsificazioni e le mistificazioni di cui la nostra storia vien fatta oggetto. Una di queste riguarda il controverso ruolo del materialismo dialettico nel panorama scientifico sovietico e i tentativi di sfruttare alcuni fatti, raffigurati in una luce mistificante, per «dimostrarne» il carattere non scientifico. Le manovre in questo senso procedono anche sulla falsariga dei risultati delle scienze naturali contemporanee e della loro presunta contraddizione con la filosofia marxista. In questo LXIV anniversario della scomparsa di Zdanov, tratterò entrambi questi temi, già di per sé intrecciati e vicendevolmente compenetrati.

La filosofia marxista e le scienze positive


A differenza del figlio Jurij, Andrei Zdanov non si occupò in modo sistematico delle scienze naturali, essendo i temi artistici l’epicentro del suo campo d’azione. Tuttavia, come in ogni altro lido toccato dalla sua poliedrica attività, anche qui i suoi spunti si distinguono per genialità e lungimiranza. E’ soprattutto nel suo Intervento nella discussione sulla storia della filosofia dell’Europa occidentale di G. F. Alexandrov che si trovano numerosi accenni alle questioni delle scienze positive e al loro legame con la filosofia. Cogliendo appieno l’importanza del problema, Zdanov critica la scarsa attenzione riservata da Alexandrov allo sviluppo scientifico e tecnologico, ed afferma giustamente che «non è possibile esporre una storia della filosofia astraendo da ogni legame coi progressi delle scienze naturali, senza pregiudicarne la serietà scientifica»2. Non limitandosi a criticare il manuale di Alexandrov, egli si diffonde poi in una interessante dissertazione sui rapporti tra la filosofia e le scienze positive. Secondo un diffuso pregiudizio antisovietico, comune tanto ai nemici dichiarati del comunismo quanto alla «sinistra» antistaliniana, in URSS il materialismo dialettico sarebbe stato sfruttato per ingabbiare lo sviluppo della scienza, in nome di considerazioni puramente dottrinali. Sulla scorta di questa quantomeno superficiale considerazione, taluni esponenti della «sinistra» hanno cercato di «dimostrare» l’incompatibilità fra le idee di Marx, Engels e Lenin, e il Diamat, ossia la loro presunta dogmatizzazione da parte staliniana. Nell’URSS, scrive Eleonora Fiorani, «il materialismo dialettico e la logica dialettica sono stati intesi e sviluppati come una filosofia dotata del primato teoretico rispetto alla scienza, come una scienza delle scienze, che poi finiva facilmente per identificarsi come una scienza particolare nella quale si vedevano incarnati i suoi principi»3. Un altrettanto diffuso luogo comune associa i controversi eventi del panorama scientifico sovietico, in particolar modo legati al nome dell’accademico Lysenko, alla politica artistica patrocinata da Zdanov, in quanto il «totalitarismo» culturale e la politica oppressiva ai danni degli scienziati costituirebbero un tutt’uno, data l’applicazione del criterio di classe in entrambi i settori.
A dispetto di tutti questi stereotipi, leggendo il discorso di Zdanov, ci s’imbatte nella seguente definizione: «La filosofia marxista (il materialismo dialettico N.d.R.), a differenza dei precedenti sistemi filosofici, non è una scienza sopra le altre scienze, ma costituisce uno strumento d’indagine scientifica, un metodo che penetra tutte le scienze della natura e della società e si arricchisce dei risultati di queste scienze nel corso del loro sviluppo».
Con queste parole, Zdanov evidenzia la differenza qualitativa tra il materialismo dialettico e la filosofia premarxista, trascurata da Alexandrov. La filosofia marxista è «la più completa e decisa negazione di tutta la filosofia antecedente», in quanto non costituisce un sistema posto al di sopra delle scienze. Qual è il contenuto concreto di questa differenza? Non si tratta, come potrebbe apparire a prima vista, del fatto che la dialettica materialistica non intrattenga un legame con tutte le scienze. E’ vero esattamente il contrario, come apprendiamo dalla definizione coniata dal filosofo Rosenthal: «La dialettica marxista come scienza delle leggi più generali dello sviluppo della natura, della società umana e del pensiero...»4 e come, del resto, lo stesso Zdanov lascia chiaramente intendere. Tanto la dialettica materialistica, quanto i sistemi filosofici premarxisti, si pongono in rapporto a tutte le scienze. Dove sta, dunque, la differenza? Per spiegarla con un esempio tangibile, ricorrerò ad una dimostrazione per assurdo, mostrando, cioè, innanzi tutto i caratteri peculiari della filosofia premarxista ed esponendo poi, in contrapposizione ad essi, quelli del materialismo dialettico. L’esempio migliore, per una dimostrazione di questo tipo, è costituito dalla filosofia di Hegel, il maggiore e il più conseguente dei sistemisti:

«Tutto ciò che ci circonda — scrive Hegel — può essere considerato come un esempio della dialettica. Noi sappiamo che ogni finito, anziché essere un che di saldo e di definitivo, è mutevole e caduco, e ciò non è altro che la dialettica del finito, mediante la quale il finito, come ciò che è in sé l’altro di se stesso, è sospinto al di là di ciò che è immediatamente e ribalta nel suo opposto [...]. Noi affermiamo che tutte le cose (cioè ogni finito in quanto tale) vanno alla lor fine, e consideriamo perciò la dialettica come quella potenza irresistibile universale dinanzi alla quale nulla può mantenersi, per saldo e sicuro che possa anche sembrare. Con questa determinazione, naturalmente, la profondità dell’essenza divina, il concetto di Dio non è ancora esaurito; essa costituisce però, certamente, un momento essenziale in ogni coscienza religiosa. - La dialettica, inoltre, dà prova di sé in tutti i campi e le sfere particolari del mondo naturale e spirituale. Così per esempio nel movimento dei corpi celesti. Un pianeta sta ora in questo luogo, ma esso è in sé di essere anche in un altro luogo, e porta questo suo esser altro all’esistenza col fatto di muoversi. Parimenti dialettici si dimostrano gli elementi fisici, la manifestazione della cui dialettica è il processo meteorologico. E appunto questa dialettica è il principio che sta alla base di tutti i restanti processi naturali e in forza del quale la natura è insieme sospinta al di là di se stessa»5.

In questo ampio estratto dall’Enciclopedia hegeliana sono nitidamente distinguibili gli aspetti contraddittori della filosofia di Hegel. Da un lato, osserviamo numerosi esempi di dialettica della natura, facilmente innestabili in una filosofia materialistica, dall’altro, Hegel ci mette al corrente del fatto che tutte queste manifestazioni della dialettica del finito altro non sono che l’estrinsecazione di un soggetto trascendentale: Dio. In altri termini, il moto dei pianeti, i cambiamenti meteorologici, il processo vitale delle piante, ecc., nei quali pure viene ravvisata la dialettica, rappresentano la manifestazione esteriore di un’entità ideale ed astratta. Il germe della dialettica non si trova già nei fenomeni stessi, quanto nell’elemento ideale (l’Idea, giustappunto) che li crea. La dialettica si trova così ad essere separata dalla materia, e viene calata su di essa dall’alto. I limiti di questa impostazione risultano evidenti non appena si volge lo sguardo alle posizioni politiche marcatamente reazionarie di Hegel, il quale era tuttavia partito da un metodo estremamente rivoluzionario, come quello dialettico. Come si spiega questa contraddizione stridente? Si spiega con il fatto che Hegel, prendendo ideologicamente le mosse dal pensiero anziché dalla materia, malgrado le sue geniali intuizioni, si espone per ciò stesso al rischio di imporre alla materia delle conclusioni arbitrarie, per giunta non correggibili a mezzo della stessa materia, stante la priorità attribuita all’Idea. In questo modo, accanto alle pionieristiche intuizioni nel campo della dialettica della natura, troviamo l’Idea assoluta realizzata nella monarchia prussiana. La scienza si ritrova così costretta in un «letto di Procuste», per usare un’espressione zdanoviana.
La rivoluzione in filosofia, compiuta dal marxismo, risolve questa insanabile contraddizione del sistema hegeliano, estirpandone la radice più profonda: l’Idea, concepita come soggetto indipendente. Nell’arrovesciamento della dialettica hegeliana operato dal marxismo, la materia viene assunta come base della conoscenza scientifica e come elemento primordiale rispetto al pensiero. Per conseguenza, la dialettica non è più l’estrinsecazione di un’entità trascendentale, ma viene rintracciata nella materia stessa, così com’è, senza alcun genere di aggiunte artificiali. Sulla scorta di questa concezione materialistica, si prende atto della dinamicità della materia, eliminando così la necessità stessa di un sistema, poiché sono venute a mancare le radici gnoseologiche del suo sorgere. Quanto alle proposizioni errate e alle conclusioni arbitrarie, esse sono facilmente correggibili, in quanto vengono desunte dalla materia e sono ontologicamente subordinate ad essa. Il materialismo dialettico si configura così come una filosofia illimitatamente perfettibile, in quanto attinge le sue leggi e i suoi postulati dalla realtà materiale, al mutare della quale la teoria viene corrispondentemente aggiornata ed arricchita: il «primato teoretico rispetto alla scienza» del Diamat, a cui si riferisce Eleonora Fiorani, è definitivamente evaporato.
Richiamando l’attenzione dei filosofi sovietici sulla fondamentale differenza fra il marxismo e le filosofie precedenti, Zdanov intende precisamente metterli in guardia contro gli errori dei creatori dei sistemi filosofici del passato, i quali non erano nelle condizioni di «favorire lo sviluppo delle scienze naturali, poichè le imprigionavano nei loro schemi, tentavano di mettersi al di sopra della scienza, imponevano alla viva conoscenza umana conclusioni dettate non dalla vita reale ma dalle esigenze di un sistema». Nel suo discorso, egli delinea un interessante quadro dello sviluppo storico dei rapporti tra scienza e filosofia:

«L’originalità dello sviluppo della filosofia consiste nel fatto che da essa, a misura che si sviluppano le conoscenze scientifiche della natura e della società, si andarono staccando, l’una dopo l’altra, le varie scienze positive. Di conseguenza, il campo della filosofia si è andato continuamente restringendo a spese dello sviluppo delle scienze positive (osserverò, a questo proposito, che tale processo non si è concluso tuttora), e questa liberazione delle scienze naturali e sociali dall’egida della filosofia ha rappresentato un processo progressivo, sia per le scienze naturali e sociali, sia per la stessa filosofia».

Questo passo ha attirato a Zdanov molte critiche, soprattutto «da sinistra». Per esempio, E. Fiorani e F. Visentin sostengono che «il cosiddetto zhdanovismo ha significato sostanzialmente una riduzione a canoni di positivismo e meccanicismo pre-marxista»6. L’accusa di positivismo deriva, probabilmente, da una certa qual somiglianza tra la tesi zdanoviana e la legge dei tre stadi filosofici di Auguste Comte, secondo il quale il cammino dell’umanità procederebbe gradualmente verso la conoscenza scientifica e positiva, liberandosi di pari passo dalla religione e dalla mistica. Tuttavia, si tratta di una somiglianza assolutamente accidentale, in quanto Zdanov trae le sue conclusioni in base al pensiero di Engels, secondo cui, con il progresso delle forze produttive e la conseguente ascesa delle conoscenze dell’uomo sul mondo circostante, ai «sistemi della natura» venne progressivamente a mancare il terreno sotto i piedi, giacché al nesso fantastico, intuito dai filosofi, si andava sostituendo il nesso reale, scoperto dagli scienziati. In Engels troviamo perfino la «fine della filosofia», pronosticata da Zdanov: «Solo quando la scienza della natura e della storia avrà assorbito in sé la dialettica, tutto il ciarpame filosofico — esclusa la pura teoria del pensiero — diventerà superfluo, si risolverà nella scienza positiva»8.
A fronte di questi fatti, appare perfettamente chiaro quanto sterili e infondate risultino essere le critiche «di sinistra» allo «zhdanovismo», sommariamente etichettato come «estrema banalizzazione del marxismo», «falsificazione della dialettica», «perversione della scienza», «obiettivo effetto del capitalismo russo (!?) e delle sue necessarie mistificazioni ideologiche»7; e così via. Lasciandoci debitamente alle spalle queste ingiurie, abbiamo constatato che l’immagine del Diamat che ci viene abitualmente presentata, è in realtà una grande mistificazione. Zdanov stesso ha dissipato ogni dubbio, rammentando ai filosofi sovietici, verso la fine del suo discorso, la celebre indicazione di Engels, secondo cui il materialismo «ad ogni scoperta che fa epoca nelle scienze naturali deve cambiare la sua forma»9. Saldamente ancorato a questa granitica base materialistica, Zdanov, principale teorico del Diamat accanto a Stalin, ben lungi dall’essere uno zelante persecutore delle scienze «eretiche», si rivela essere il più grande e convinto avversario di ogni genere di regresso verso l’idealismo ed il sistemismo.

(Continua)

(Un allievo di) Andrej Zdanov

Note:
1 R. Guttuso, Le rovine di Wroclaw gridano al mondo: Pace!, «l’Unità», 28 ottobre 1948.
2 A. Zdanov, Intervento nella discussione sulla storia della filosofia dell’Europa occidentale di G. F. Alexandrov, in Politica e ideologia. Tutte le seguenti citazioni di Zdanov in questo capitolo provengono dalla medesima fonte.
3 E. Fiorani, Friedrich Engels e il materialismo dialettico, Feltrinelli, 1977, p. 205.
4 M.M. Rosenthal, Il metodo dialettico marxista, introduzione di Ubaldo Buttafava, 1994.
5 G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, vol. I, par. 81, Aggiunta 1.
6 E. Fiorani e F. Visentin, Il problema della natura nel materialismo dialettico leniniano.
7 Citazioni tratte da: E. Fiorani e F. Visentin, Op. cit.; Andrea Radez, Appunti su "Marxismo e filosofia" di K. Korsch.
8 F. Engels, Dialettica della natura, in Opere, vol. 25, p. 495.
9 F. Engels, Ludwig Feuerbach, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1947, p. 23.


Edited by Andrej Zdanov - 1/9/2012, 00:06
 
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