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Korean revisionism: una contro-critica al sito 'espresso stalinist', Parte I

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Songun CCCP
view post Posted on 30/1/2013, 17:26




La Parte I della critica prende in esame "Our standpoint toward People's Republic of Korea"

In un sito hoxhaista, e supposto anti-revisionista, sono state pubblicate parecchie critiche nei confronti della Repubblica Popolare Democratica di Corea, di diverso carattere, che ha dato come risvolto il fatto che, secondo loro, la Corea "non sia sufficientemente ortodossa" per dichiararsi marxista-leninista, e non segue i canoni più puri e duri del comunismo, e perciò è stata accusata di revisionismo. La critica della redazione di "Espresso Stalinist" è in anticipazione allo scritto di N. Steinmayr (che sarà analizzato in una prossima critica), nonostante si apra con una difesa del solo 'carattere anti-imperialista' della Corea, passa ben presto a tutta una serie di critiche teoriche.
La prima di queste (che è anche quella generalmente più dibattuta) si fonda sul presupposto che il Partito del Lavoro di Corea ritenga il marxismo-leninismo come una teoria "insufficiente", che necessita di una "rivisitazione da parte di Kim Il Sung", e questa rivisitazione non è che altro che l'introduzione dell'Idea del Juché di fianco al marxismo-leninismo. Ma questa è una leggera mistificazione della realtà, un semplice corollario del presupposto dell'universale applicazione del marxismo-leninismo, indipendente dalla storia, dalla geopolitica e dalla situazione geografica (per tali caratteri tale critica si basa più su presupposti metafisici che altro). I Leader coreani, tuttavia, non hanno mai dichiarato l'insufficienza teorica del marxismo-leninismo, anzi ne hanno sempre esaltato l'enorme portata teorica, evidenziando il fatto che esso rimanga punto fermo dell'analisi del Partito del Lavoro di Corea. Per dare una breve introduzione, citerò alcuni dei maggiori scritti teorici dei due Leader:

«Nella lotta rivoluzionaria e nell'opera di costruzione dobbiamo fermamente aderire ai principî marxisti-leninisti e applicarli in modo creativo, conformemente alle concrete condizioni e ai particolari problemi del nostro paese.» [Kim Il Sung, 'Sull'eliminazione del dogmatismo e del formalismo e il costituirsi del Juché nel lavoro ideologico', 28 dicembre 1955]

«Tutto il processo della rivoluzione coreana, pieno di dure prove e di avvenimenti eroici, avviene sulla via della vittoria gloriosa della bandiera immortale di Lenin. È nelle grandi idee di Lenin che il popolo coreano ha trovato l’arma per la liberazione ed è sotto la sua bandiera che ha condotto la lotta sacra per la libertà e l’indipendenza e avviato una storia di creazione e di vittoria.» [Kim Il Sung, 'Trionfano le grandi idee di Lenin sulla lotta di liberazione nazionale nelle colonie dell’Oriente', 16 aprile 1970]

«Il più grande contributo di Marx al progresso dell’umanità risiede nel fatto che egli provvide la classe operaia di una potente arma ideologica e teorica da utilizzare in seno alla lotta per la liberazione. L’ideologia rivoluzionaria della classe operaia rappresenta il riflettersi delle aspirazioni delle masse popolari.» [Kim Jong Il, 'Avanziamo sotto la bandiera del marxismo-leninismo e dell'Idea del Juché', 3 maggio 1983]

«[...] è stato proprio nella situazione in cui tutto era stato distrutto dalla guerra che noi abbiamo avanzato la linea fondamentale della costruzione economica socialista tendente ad assicurare lo sviluppo prioritario dell'industria pesante e, nello stesso tempo, a sviluppare l'industria leggera e l'agricoltura, allo scopo di affrontare l'insieme degli obiettivi tendenti a gettare le basi di un'economia nazionale indipendente ed a migliorare rapidamente il livello di vita estremamente arretrato del popolo. È una linea originale, che riflette correttamente le esigenze di sviluppo economico del nostro paese e che sviluppa creativamente la teoria marxista-leninista.» [Kim Il Sung, 'A proposito della linea di condotta politica ed immediata della Repubblica popolare democratica di Corea e di alcuni problemi internazionali', 1972]

Ma la questione delle relazioni del Partito del Lavoro di Corea con il marxismo-leninismo non si limitano solo al campo autoreferenziale, senza prendere in considerazione le condizioni nazionali del Paese, né, tanto meno, si limitano all'astratto dogmatismo di coloro pensano di potere applicare il marxismo-leninismo allo stesso identico modo ovunque e sempre, senza tenere conto delle condizioni nazionali. Il dibattuto rapporto tra marxismo-leninismo e idea del Juché, non è affatto un rapporto conflittuale, né i dirigenti lo vedono così, ma è un semplice disegno di alcuni supposti teorici di un marxismo anti-coreano. La dinamica di questo rapporto, che i coreani vedono coerente sia col marxismo che col Juché, è quella di cercare di dare un aspetto del marxismo-leninismo coerente alle condizioni nazionali, e per ciò la Corea ha sviluppato l'Idea del Juché. L'Idea del Juché fu sviluppata per la prima volta dal Presidente Kim Il Sung negli anni della lotta di liberazione dagli imperialisti giapponesi, nella metà degli anni '30 circa, anche se il suo completo sviluppo teorico e filosofico è stato sviluppato dal Generale Kim Jong Il. L'Idea del Juché parte dalla base del marxismo-leninismo, ed è arrivata ad essere l'Idea guida della politica coreana a fianco del marxismo-leninismo dalla lotta contro il dogmatismo, il fazionalismo, il revisionismo e il formalismo, che negli anni '50 erano presenti nel Partito del Lavoro. Sullo sviluppo e la necessità dell'Idea del Juché nella realtà coreana, e sul marxismo-leninismo applicato dal Partito del Lavoro, cito il discorso di Kim Il Sung che maggiormente influì sulla storia ideologica della Corea:

«Perché le nostre attività ideologiche soffrono di dogmatismo e di formalismo? Perché i nostri propagandisti e i nostri attivisti non vanno a fondo dei problemi, li affrontano solo superficialmente e si accontentano di copiare e di imparare a memoria tutto ciò che viene dall'esterno invece di lavorare in modo creativo? E necessario riflettere seriamente su queste cose.
Che cosa rappresenta il Juché nel lavoro ideologico del Partito? Che cosa facciamo? Noi non facciamo la rivoluzione di un paese straniero, ma la rivoluzione coreana. E proprio questa rivoluzione coreana è il Juché nel lavoro ideologico del nostro Partito. Pertanto tutto questo lavoro deve essere necessariamente subordinato agli interessi della rivoluzione coreana. Se studiamo la storia del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e la storia della rivoluzione cinese, se guardiamo ai principi del marxismo-leninismo, è solo per attuare correttamente la nostra rivoluzione. [...] La forma del nostro potere deve certamente corrispondere alle condizioni specifiche del paese. La forma del nostro potere popolare è del tutto identica a quella di altri paesi socialisti? No. Questi poteri sono uguali nella misura in cui sono fondati sui principî marxisti-leninisti ma le loro forme sono assai diverse l'una dall'altra. Senza dubbio il nostro Programma politico corrisponde anche alla realtà del paese. Il nostro programma politico in 20 punti è lo sviluppo del programma dell'Associazione per la Restaurazione della Patria. Come tutti sapete, l'Associazione per la Restaurazione della Patria esisteva prima che il nostro paese venisse liberato. I nostri funzionari spesso commettono degli errori perché non comprendono chiaramente queste cose. [...] Alcuni compagni che lavoravano nel dipartimento della propaganda del Partito cercavano di copiare meccanicamente, nel loro lavoro, i colleghi dell’Unione Sovietica. Mancavano in ciò dello spirito autenticamente marxista-leninista che li avrebbe portati a educare le persone nelle tradizioni della nostra rivoluzione e della nostra patria. Numerosi compagni inghiottono in un solo colpo tutta l'ideologia marxista-leninista, invece di assimilarla e assumerla come propria; è dunque chiaro che costoro non possono dare prova di iniziativa rivoluzionaria. [...] Alcuni, vedendoci sottolineare la necessità di stabilire il Juché, potrebbero capirlo in modo semplicistico e credere a torto che non sia necessario imparare dall'estero. Non si tratta di questo. Dobbiamo assimilare le esperienze più valide di tutti i paesi socialisti. [...] Ciò che è necessario nel lavoro è cogliere la verità rivoluzionaria, la verità marxista-leninista e applicarla in conformità con le condizioni reali del paese. Non può esserci un principio secondo il quale bisogna seguire esattamente il metodo sovietico; alcuni difendono il metodo sovietico, altri preferiscono il metodo cinese. Ma non è forse il tempo di creare un nostro proprio metodo? L'importante è di non copiare meccanicamente lo stile e i modi usati in URSS, ma studiare la loro esperienza di lotta e la verità del marxismo-leninismo. Così, pur continuando ad imparare instancabilmente dall'Unione Sovietica, non dobbiamo dare troppa importanza alla forma, ma piuttosto mettere l'accento sullo studio dell'essenza della sua esperienza. [...] Nella lotta rivoluzionaria e nell'opera di costruzione dobbiamo fermamente aderire ai principî marxisti-leninisti e applicarli in modo creativo, conformemente alle concrete condizioni e ai particolari problemi del nostro paese. Se applichiamo meccanicamente le esperienze straniere, ignorando la storia del nostro paese e le tradizioni del nostro popolo, ciò ci porterà a commettere errori di dogmatismo e causerà gravi danni alla rivoluzione. Una simile pratica non può essere giudicata fedele né al marxismo-leninismo, né all'internazionalismo; va anzi contro i suoi principî. Il marxismo-leninismo non è un dogma, è una guida per l'azione e una dottrina creativa. Ma esso non può dare prova della sua indistruttibile potenza se non viene applicato in modo creativo, conformemente alle concrete condizioni del paese. Ciò vale anche per le esperienze dei partiti fratelli. Le loro esperienze saranno valide solo se le studiamo per trarne l'essenza e le applichiamo correttamente alle nostre stesse situazioni. Se invece, le assumiamo in blocco per evitare un nostro lavoro, il risultato sarà non solo di portare danno alla nostra attività, ma di far sorgere falsi pregiudizi nei confronti delle valide esperienze dei partiti fratelli.» [Kim Il Sung, 'Sull'eliminazione del dogmatismo e del formalismo e il costituirsi del Juché nel lavoro ideologico', 28 dicembre 1955]

Lo scritto sopracitato, è la basa dell'introduzione del Juché nel lavoro ideologico del Partito, e ne dà una sommaria definizione. Ma ora, i puritani dell'ideologia, accuseranno, nuovamente i coreani di voler creare una sorta di 'comunismo nazionale', un marxismo-leninismo impregnato, magari, di "sciovinismo" oppure di "indipendentismo" e di "anti-internazionalismo". O, peggio ancora, penseranno che il Juché non sia altro che un'ideologia nazionale (per non dire nazionalista), e che essa miri a togliere l'ideologia comunista. Niente di meno corrispondente alla realtà. Su questa delicata questione possono dare un ulteriore chiarimento, con questi scritti di Kim Il Sung e Kim Jong Il:

«Se noi non avessimo introdotto il Juché, lasciandoci andare secondo il vento, e danzando su musica altrui, ci sarebbe stato impossibile compiere le realizzazioni odierne. Alcuni giornali di paesi capitalisti tacciano un paese socialista sovrano di “comunismo nazionale”. Le nostre idee del Juché non hanno niente a che fare con il “comunismo nazionale” che proclamano i reazionari. Le idee del Juché sono fondate sui principî enunciati da Marx: «Proletari di tutti i paesi unitevi!» e sono perfettamente conformi all'internazionalismo proletario. Noi teniamo per principio a mantenere e difendere lo spirito di indipendenza sulla base delle idee del Juché e, nello stesso tempo, a rinforzare la coesione e la cooperazione socialista.» [Kim Il Sung, 'A proposito della linea di condotta politica ed immediata della Repubblica popolare democratica di Corea e di alcuni problemi internazionali', 1972]

«Poiché i movimenti rivoluzionari agiscono ognuno in contesti storici diversi, caratterizzati da proprie specificità, i comunisti di ogni paese devono applicare i principi generali del marxismo-leninismo in conformità alle condizioni storiche ed alle realtà oggettive del loro paese, e sviluppare ed arricchire la teoria rivoluzionaria. Mentre indicava la via per la rivoluzione tramite un’applicazione creativa del marxismo-leninismo alle realtà della nostra Patria, il Grande Leader Kim Il Sung, teorizzando l’ideologia del Juchè ci diede gli strumenti per sviluppare la nostra rivoluzione in maniera indipendente. In breve, l’ideologia del Juchè afferma come i maestri della rivoluzione e della costruzione siano le masse popolari le quali, inoltre, rappresentano la forza motrice della rivoluzione e della costruzione.» [Kim Jong Il, 'Avanziamo sotto la bandiera del marxismo-leninismo e dell'Idea del Juché', 3 maggio 1983]

«Le attività teoriche del nostro Partito che originariamente hanno chiarito i principî rivoluzionari e la maniera nella quale rispondere alle domande pratiche della nostra epoca, costituiscono un brillante esempio nell'adesione ai principî rivoluzionari del marxismo-leninismo, e nello sviluppo della teoria rivoluzionaria del proletariato in un nuovo, più alto livello.» [Kim Jong Il, 'Sull'Idea del Juché', 31 marzo 1982]

Ma le critiche a livello ideologico non terminano certamente con l'accusa di "revisionismo", ma si sviluppano, in maniera quasi (verrebbe da dire) decontestualizzata, sul piano fisofico. Il ragionamento che gli autori seguono, non è che un ragionamento semplicistico, e per altro solo retorico, non mettendo in evidenza alcun reale problema pratico. Ma non per questo eviteremo di chiarire come stanno i fatti. Essi dicono, in sostanza che, dato che l'Idea del Juché ritiene che l'uomo non debba essere semplicemente considerato come forza-lavoro, ma ritenuto forza-creativa e libera, essa si rifarebbe a teorie (ampiamente anti-marxiste) come quelle di Dühring. Ma ha senso logico questo paragone, o è solo un paravento per delle critiche vuote? Innanzitutto il fatto che Marx, Engels ed i teorici classi del marxismo ritenessero l'uomo solamente una forza produttiva, non certo una forza creativa e dotata di originalità è impreciso, o quantomeno riduttivo:

«Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione.» [Karl Marx, 'Il 18 Brumaio di Luigi Banaparte']
«La dottrina materialistica [premarxista] che gli uomini sono prodotti dell'ambiente e dell'educazione, e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l'ambiente e che l'educatore stesso deve essere educato.» [Karl Marx, 'Tesi su Feuerbach']

«[...] nella storia della società gli elementi attivi sono esclusivamente degli uomini, dotati di coscienza, di capacità di riflessione e di passioni, e che perseguono scopi determinati. Nulla accade, in questo campo, senza intenzione cosciente, senza uno scopo voluto [...] In qualsiasi modo si svolga la storia degli uomini, sono gli uomini che la fanno, perseguendo ognuno i suoi propri fini consapevolmente voluti, e sono precisamente i risultati di queste numerose volontà operanti in diverse direzioni, i risultati delle loro svariate ripercussioni sul mondo esteriore, che costituiscono la storia.» [Friedrich Engels, 'Ludovico Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca']

«Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc, anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva. Lo Stato prussiano è nato e si è sviluppato anche per motivi storici, in ultima istanza economici. Ma sarebbe pressoché impossibile non cadere nella pedanteria affermando che tra i molti staterelli della Germania settentrionale proprio il Brandeburgo era destinato per una necessità economica e non anche per altri fattori (primo fra tutti il fatto di esser coinvolto, tramite il possesso della Prussia, con la Polonia e, attraverso questa, con tutta la situazione politica internazionale - la quale è certo decisiva anche nella formazione dei possedimenti privati della dinastia austriaca) a diventare quella grande potenza in cui si sarebbe incarnata la differenza economica, linguistica, e a partire dalla Riforma anche religiosa, tra nord e sud. Difficile sarebbe non rendersi ridicoli spiegando economicamente l'esistenza di ogni staterello tedesco del passato e del presente, o l'origine della rotazione consonantica altotedesca, che ha fatto della barriera formata dalle montagne dai Sudeti al Tauno una vera e propria frattura che attraversa la Germania.» [Friedrich Engels, 'Lettera a J. Bloch a Londra']

«Gli uomini hanno fatto e dovranno fare la loro storia inconsciamente, fintanto che le forze motrici della storia agiranno a loro insaputa, nell'ombra. Ma una volta scoperte queste forze, una volta conosciute le leggi della loro azione, gli uomini diventeranno capaci di servirsene, di sottometterle alla loro ragione. Il merito di Marx consiste nell'avere scoperto queste forze e sottoposto la loro azione allo studio più accurato. Il materialismo dialettico, che, nell'opinione dei filistei, doveva trasformare l'uomo in automa, apre, e per la prima volta nella storia, le porte al regno della libertà e dell'azione cosciente. Ma in questo regno si può penetrare solo a condizione di modificare interamente l'attività sociale così come è oggi. I filistei ne hanno coscienza, o, per lo meno il presentimento. Perciò la spiegazione materialistica della storia li rattrista profondamente; ed è per questo che non vi è un solo filisteo che possa o che desideri comprendere o assimilare il marxismo nella sua pienezza.» [Giorgij Valentinovic Plekhanov, 'Per il sessantesimo anniversario della morte di Hegel']

«Marx ed Engels hanno dimostrato che lo sviluppo della società umana è soggetto a proprie leggi indipendenti dalla volontà degli uomini; ma in pari tempo sono gli uomini stessi e nient'altro che gli uomini a creare la loro storia.» [Andrei Vysinskij, 'Problemi del diritto e dello Stato in Marx']

È citato come esempio di "eresia", uno scritto di Kim Jong Il, ma prima di analizzare oggettivamente i contenuti di questo scritto si presenta a noi un'altra contraddizione, inerente proprio il paragone a Eugen Dühiring. Gli autori ritengono che Kim Jong Il e la filosofia del Juché parlino di una "libera volontà" degli uomini come un'intrinseca qualità morale del genere umano, e perciò uno dei fattori attribuibili allo sviluppo della società. Per analogia, essi, ritengono il Juché assimilabile ad un'ideologia piccolo-borghese. Innanzitutto da nessuna parte si parla di "libera volontà", ma si parla di "libertà", due concetti diversi, ma forse non per i nostri critici. Gli hoxhaisti, in definitiva, dichiarando: "Especially today in a period of crisis of the workers movement and a temporary retreat such “holy ideologies” appear, that want to “renew” Marxism and that want to convince the individual, that everything depends on his own will" [Specialmente oggi, in periodo di crisi del movimento dei lavoratori e di temporanea ritirata, tali "sacre ideologie" appaiono, esse vogliono "rinnovare" il Marxismo e convicere gli individui, che tutto dipende dalla loro propria volontà], e questo non è solamente in palese contraddizione con il marxismo stesso, ma cambia volutamente l'essenza della filosofia del Juché. Lo scritto "La filosofia del Juché è una filosofia rivoluzionaria originale" di Kim Jong Il, non ha mai (in nessun punto parlato) di 'cambiare' oppure 'rinnovare' il marxismo, al massimo di adattarlo ai tempi. Ma comunque nel Juché non vi è alcun obbiettivo di rinnovare il marxismo, solamente di adattarlo alla realtà coreana. Cito un breve frammento del saggio di Kim Jong Il sul Juché proprio per far comprendere che il Juché non vuole affatto rinnovare il marxismo (ed è citato più volte anche in molti altri scritti, ma gli hoxhaisti hanno preferito non dire nulla):

«La filosofia del Juché, con la sua nuova concezione del mondo, non è una negazione della concezione materialistica e dialettica del mondo. [...] La nuova nozione del mondo secondo la quale l'uomo domina e trasforma il mondo è concepibile solo a partire dall'interpretazione materialista e dialettica dell'essenza del mondo materiale oggettivo e della sua legge universale del suo movimento.» [Kim Jong Il, 'La filosofia del Juché è una filosofia rivoluzionaria originale', 26 giugno 1996]

Le premesse dello sviluppo filosofico del Juché, sono strenuamente legate al marxismo e al materialismo, e da questo non intendono creare una nuova filosofia né sovvertirne i principi basilare. Ma, mi si accuserà, di limitarmi all'apparenza che i Leader coreani vogliono dare alla loro dottrina ed ad un continuo richiamo al marxismo (Enver Hoxha era considerato un marxista solo perché continuava a richiamarsi al marxismo?), benché in realmente non sia che un'"eresia filosofica piccolo-borghese", secondo un'interpretazione revisionista, in stile Dühring, della storia e della società. Ma il paragone con Dühring non regge. In Dühring si trovano due formulazioni contrastanti del problema della libertà. Nella prima, in polemica con il concetto di "libertà interiore", si afferma che la libertà è la media tra la conoscenza e l'irrazionalità in generale, tra la coscienza nazionale e l'istinto in particolare. Nella seconda, si afferma, con le consuete proposizioni contorte, che la libertà esiste (sotto la forma di responsabilità morale, la quale, per Dühring, si fonda sulla libertà) anche laddove vige la più ferrea necessità; la libertà viene identificata con l'esistenza di "motivi coscienti". Engels rispose a queste argomentazioni mostrando come la seconda formulazione fosse una brutta copia della filosofia di Hegel, secondo il quale: «Cieca è la necessità solo nella misura in cui non viene compresa.» ['Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio']. Che cosa significa questa frase? Significa che la libertà, contrariamente a ciò che ancor oggi pensano i piccoli borghesi e i filistei, non consiste affatto in una fantastica indipendenza dalle leggi del reale e del pensiero (necessità), bensì nella conoscenza di queste leggi, nel prenderne atto e nel saperle impiegare per propri fini. Un esempio: l'equipaggio di una nave nel bel mezzo di una tempesta non è libero nella misura in cui crede di essere "indipendente" dalla tempesta e finge che essa non esista, ma nella misura in cui prende atto dell'esistenza della tempesta, ne comprende il carattere e il funzionamento, e riesce infine a manovrare fino a tornare sano e salvo al porto, basandosi sulle leggi scientifiche che regolano la navigazione. Scrive Engels: «La libertà non consiste nel sognare l'indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato.» Non vediamo da nessuna parte un richiamo del Juché a Dühring, come non vediamo un'analogia con le sue idee, così come vediamo che il Juché segue pienamente le opinioni di Engels sul fatto che la libertà possa essere regolata una volta riconosciute le leggi della natura.
Ma la filosofia del Juché dice le stesse cose che gli hoxhaisti vogliono che dica, o la verità è alquanto differente? La risposta la troviamo nel medesimo scritto. Passo la parola a Kim Jong Il:

«La filosofia marxista ha applicato la legge universale dello sviluppo del mondo materiale, stabilendo così una concezione materialista e dialettica della storia. Va da sé che noi non neghiamo il merito storico della concezione materialista della storia. La concezione materialista della storia ha dato un importante apporto alla lotta contro la concezione reazionaria e irrazionale della storia, basata sulla metafisica e sull'idealismo. D'altra parte, è vero che la legge universale dello sviluppo del mondo materiale influenza i fenomeni sociali, poiché l'uomo vive nel quadro del mondo oggettivo, ed è vero che la società è intimamente legata alla natura. Tuttavia si avrà necessariamente la legge universale dello sviluppo del mondo materiale ai fenomeni sociali, senza pensare che interviene una legge propria al movimento sociale. Il movimento sociale evolve e si sviluppa in virtù della sua propria legge. Il movimento sociale è quello dell'uomo, essere che domina e modifica il mondo. L'uomo si dedica a lavori di trasformazione della natura al fine di dominare e modificare il mondo materiale oggettivo. Trasformando la natura, egli produce dei beni materiali e crea le sue condizioni di vita materiale. [...] È l'uomo che trasforma la natura, ed è sempre l'uomo che trasforma la natura. Dedicandosi alle attività di trasformazione della natura e della società, non smette di trasformarsi e di svilupparsi lui stesso. [...] se si applicano meccanicamente alla storia i principî del materialismo dialettico che ha stabilito la legge universale dello sviluppo del mondo materiale, non si può chiarire correttamente né l'essenza della società né la legge universale del movimento sociale. Il principale limite del materialismo storico è che non ha messo in luce la legge universale propria al movimento sociale e che ha sviluppato i principî del movimento sociale, tenendo conto principalmente del tratto comune del movimento della natura e del movimento sociale, entrambi movimenti materiali. [...] È certamente vero che la società si trasforma e si sviluppa in virtù di alcune leggi, e non secondo il benvolere dell'uomo. Nondimeno, le leggi della società agiscono in modo completamente differente da quelle della natura. Mentre nella natura le leggi intervengono spontaneamente, senza dipendere dall'azione dell'uomo, nella società le leggi intervengono attraverso l'attività sovrana, creatrice e cosciente dell'uomo. Tra le leggi della società, alcune agiscono in tutte le società, senza distinzioni di regime, altre intervengono solo in un determinato regime. Tutte le leggi della società operano con l'intermediazione dell'uomo, e possono, secondo l'azione dell'uomo, operare senza scosse, o essere represse o limitate. Che le leggi della società intervengano con l'intermediazione dell'uomo non significa che esse siano senza carattere oggettivo, o che sia esclusa dalla spontaneità del movimento sociale. Se si concentrano condizioni socio-economiche le corrispondenti leggi della società entrano ineluttabilmente in gioco, di conseguenza esse rivestono un carattere oggettivo come le leggi della natura. [...] La filosofia marxista ha definito l'uomo come insieme di rapporti sociali, senza arrivare tuttavia a chiarire le particolarità di questo essere vivente in società. Se questa dottrina ha sviluppato i principî del movimento sociale, basandoli sulla legge universale dello sviluppo del mondo materiale, non ha però messo in luce i tratti caratteristici essenziali dell'essere umano. È la filosofia del Juché che ha perfettamente chiarito questo problema. [...] Ora, l'uomo di cui si parla nella filosofia del Juché non è solamente un essere vivente altamente evoluto, ma anche un agente dotato del senso della libertà, della creatività e della coscienza, qualità di cui son privi tutti gli altri esseri viventi. L'origine di queste tre specificità non è da ricercare nello sviluppo dei suoi tratti comuni con gli altri esseri materiali, ma nei suoi tratti specifici, che non può avere alcun altro essere materiale. È perché vive ed agisce in società all'interno di rapporti sociali, che l'uomo ha potuto acquisire il senso di libertà, della creatività e della coscienza.» [Kim Jong Il, 'La filosofia del Juché è una filosofia rivoluzionaria originale', 26 Giugno 1996]

Ovviamente si può non condividere certe asserzioni della filosofia del Juché, ma non per questo si deve giudicare l'intera Corea come revisionista, per una semplice lievemente 'diversa' interpretazione filosofica. In generale, benché diversa in alcuni punti, la filosofia del Juché ha come base la dialettica, e cerca di muoversi entro essa.

Un'altra questione spinosa sollevata dall'introduzione allo scritto, è la questione del 'Leader', che secondo i nostri hoxhaisti sarebbe paragonabile ad 'caudillo' con un efferato culto della personalità. Niente di più male interpretato. Innanzitutto i passi citati sono citati in maniera decontestualizzata. "The essence of Juche ideology about revolution is the loyalty towards the party and the leader." [L'essenza dell'ideologia del Juché sulla rivoluzione è la lealtà nei confronti del Partito e del Leader], è semplicemente una frase, in un periodo ben più ampio. L'intero periodo è: "The core in the Juche outlook on the revolution is loyalty to the party and the leader. The cause of socialism and communism is started by the leader and is carried out under the guidance of the party and the leader. The revolutionary movement will be victorious only when it follows the guidance of the party and the leader. Therefore, to establish a correct outlook on the revolution, one must always put the main emphasis on increasing loyalty to the party and the leader." [Il nucleo della prospettiva del Juché è la lealtà nei confronti del Partito e del Leader. La causa del socialismo e del comunismo è stata iniziata da un leader ed è condotta sotto la guida del Partito e del Leader. Pertanto, per stabilire una corretta prospettiva sulla rivoluzione, uno deve sempre mettere enfasi sulla lealtà al Partito e al Leader]. Nel capoverso successivo leggiamo, anche, che:
«Per avere una corretta prospettiva rivoluzionaria, bisogna fermamente equipaggiarsi con l'ideologia e la teoria rivoluzionarie. Ciò sarebbe da solo sufficiente per comprendere le leggi dello sviluppo rivoluzionario, per avere confidenza nella prospettiva della rivoluzionaria e per lottare fino alla fine in ogni condizione avversa senza vacillare ed esitare. Per stabilire una corretta prospettiva della rivoluzione, bisogna avere uno spirito comunista rivoluzionario.» [Kim Jong Il, 'Sull'Idea del Juché', 31 marzo 1982]
E potremmo benissimo citare altri pezzi in cui si mette una particolare enfasi sulle tematiche del comunismo e sull'essenza datagli dai comunisti coreani. La questione del 'Leader' non è che una mera questione secondaria, per tanto è sbagliato dire che l'essenza del Juché è il culto del Leader (viziato per altro, da una differente traduzione in inglese, mentre nella versione ufficiale il termine "essence" è invece "core of Juché outlook").
Ulteriori chiarimenti su come i coreani vedano la questione del 'Leader' li vediamo in altri scritti di Kim Jong Il:

«Le idee rivoluzionarie della classe lavoratrice sono stati originate da diversi Leader. Si può dire che la storia del movimento comunista, lunga cento e passa anni, è al contempo una storia di Leader della classe lavoratrice che ha sviluppato e creato idee rivoluzionarie, una storia nella quale queste idee sono state ampliate per trasformare il mondo. Nella metà del XIX secolo Marx ed Engels propugnarono il marxismo. Così facendo, sottolinearono la missione storica e il sentiero della liberazione che doveva essere seguito dalla classe lavoratrice che era apparsa nell'arena della lotta e che aveva stimolato la lotta contro il capitale, inaugurando l'ascesa del movimento comunista internazionale. Lenin sviluppò il marxismo ed lo evolse in Leninismo, in accordo con le nuove condizioni storiche, nelle quali il capitalismo era entrato nell'epoca dell'imperialismo, con il risultato che istigò la classe lavoratrice e il resto del popolo a lottare per distruggere le fortezze imperialiste ed ottenere la libertà e la liberazione. Ciò marcò l'inizio della transizione dal capitalismo al socialismo. Il nostro leader creò la grande Idea del Juché dopo che ebbe acquisito una conoscenza profonda dei requisiti di una nuova era nella quale le masse oppresse e umiliate diventarono maestri del loro destino. Così, sviluppò la loro lotta per l'indipendenza ad uno stadio più alto ed aprì l'era del Juché, una nuova era nello sviluppo della storia umana.» [Kim Jong Il, 'Sull'Idea del Juché']

«In un movimento rivoluzionario e proletario, il leader gioca un ruolo decisivo. Questa verità inoppugnabile venne dimostrata dalle attività di Marx fin dal primo periodo della storia del movimento comunista internazionale. Se Marx, il primo leader della classe operaia, non avesse teorizzato il marxismo per il movimento comunista internazionale, quest’ultimo, non essendo a conoscenza della propria missione storica, avrebbe brancolato nel buio e, certamente, non sarebbe stato in grado di trionfare nelle sue lotte rivoluzionarie. Se Lenin non avesse formulato il leninismo, la teoria, la strategia e la tattica della rivoluzione proletaria nell’epoca dell’imperialismo, e se non avesse incitato la classe operaia della Russia alla lotta, il primo Stato socialista nel mondo non avrebbe mai potuto nascere. Così come fu in passato nel caso del movimento comunista internazionale e così come è nel presente, anche nel futuro la causa rivoluzionaria della classe operaia avanzerà vittoriosamente sotto la guida del Leader.» [Kim Jong Il, 'Avanziamo sotto la bandiera del marxismo-leninismo e dell'idea del Juché]

La successiva parte della sezione "Isn't that socialism?", introduzione allo scritto di Steinmayr (che sarà analizzato criticamente in una mia critica successiva), cade addirittura nel ridicolo. Avendo preso "coscienza oggettiva" (quando? come? da cosa?) del revisionismo coreano, e del fatto che sia una teoria classista di tutela alla borghesia (ma lo prende come una verità esente da critiche, senza spiegazioni, senza dati), scredita completamente questo paese, senza però portare alcun dato oggettivo, se non la questione del Leader, che, comunque, è abbastanza marginale, ad un'analisi a tutto campo della Corea.
Di seguito, si ritiene l'atteggiamento della Repubblica Popolare Democratica di Corea un atteggiamento quasi "arrendevole" nei confronti dell'imperialismo, poiché Pyongyang ha decreto negli anni '90, nel bel mezzo di una crisi alimentare senza precedenti in Corea, di concedere l'apertura di alcune zone economiche. Ma quello che l'autore ha dimenticato, o più probabilmente non ha voluto dire, è il carattere mediamente minoritario della creazione delle "Zone Economiche Speciali", alcune zone (Rajin-Sonbong è la ZES di maggior rilievo) situate al confine con Cina e Russia. In secondo luogo, in tali zone i principali capitali investiti non sono, come ha correttamente omesso l'autore, capitali americani, ma principalmente russi e cinesi (ora, non ci interessa in questo scritto indagare sulla natura economica e politica della Cina). In terzo luogo, dobbiamo ricordare che, a seguito del crollo dei Paesi del Patto di Varsavia e dell'inizio della perestrojka, Pyongyang ha perso l'appoggio di tutti i suoi maggiori partner economici e politici. La situazione, che agli inizi degli anni '90 era già grave, si aggravò in seguito ad una serie di catastrofi naturali, a cui il paese è periodicamente soggetto, ma principalmente alle sanzioni, alle minacce ed ai blocchi commerciali che l'imperialismo americano ha indetto nei confronti del Paese. La carestia si pensa abbia potuto causare fino a 2 milioni di vittime secondo cifre occidentali (anche se sono oggettivamente poco credibili), ma, che siano morte anche molte meno persone, il disastro economico e la mancanza di approvvigionamenti avrebbero potuto causare un crollo interno. La minima apertura al capitale con paesi vicini (grandi alleati storici della Corea), e con cui ha avuto (e vuole avere) sempre ottimi rapporti, non può assolutamente essere intesa come un cedimento all'imperialismo, tutt'al più possiamo non condividere questa scelta, ma così ignoreremo i grandi e impellenti motivi che hanno costretto il paese a questa minima azione economica. Per chiudere questa questione, ritengo, comunque, che la questione delle ZES non sia affatto sufficiente per ritenere la Corea revisionista.
Per concludere questa prima parte della mia critica, ritengo che non sia stato in alcun modo spiegato il perché una delegazione di neo-nazisti avrebbe visitato la Corea (di quale partito erano? su invito di chi? che posizioni hanno? sono davvero nazisti o se semplicemente un offesa ad un gruppo politico?), e su questo punto rimango con dubbi e domande irrisolte. Sono convinto, in buona fede, che i coreani non avessero accertato il fatto che tali individui appartenessero a gruppi nazisti, e che, pensassero, che il loro supporto della Corea fosse genuino e di stampo marxista. Ovviamente i dirigenti coreani sono sempre stati strenuamente ostili al fascismo ed al nazismo. Kim Jong Il ne parlò in varie occasioni, e ne riportiamo una delle sue più note affermazioni su Hitler e Mussolini:
«I dittatori Hitler e Mussolini utilizzarono il concetto di totalitarismo come arma ideologica per giustificare la dittatura fascista. Lanciando lo slogan del nazionalsocialismo e pretendendo di non dover lasciare il minimo spazio al movimento operaio ed alla lotta di classe per difendere gli interessi della totalità della nazione o della totalità dello Stato, negarono alle masse popolari perfino le libertà ed i diritti democratici più elementari e praticarono una politica dispotica di una barbarie inaudita. La natura reazionaria del totalitarismo si esprime nel fatto che, col pretesto che ogni individuo è chiamato ad obbedire alla totalità della nazione, gli interessi delle masse lavoratrici vengono sacrificati alla cupidigia della classe dominante reazionaria. Quanto alla totalità di cui trattasi, essa non rappresenta le masse popolari ma, al contrario, le minoranze privilegiate dei capitalisti monopolisti e dei grandi proprietari terrieri, i grandi burocrati reazionari e le élites militari. Far passare il regime socialista, in cui le masse popolari sono protagoniste, per un regime totalitario, non è altro che un sofisma, perché significa porre le idee più progressiste, che riflettono gli interessi dei lavoratori, allo stesso livello delle idee reazionarie dei gruppi dirigenti fascisti.».

Edited by Songun CCCP - 30/1/2013, 20:02
 
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