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XXIX ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE, ANDREI ZDANOV

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view post Posted on 21/6/2012, 15:32

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Da Andrei Zdanov, Politica e ideologia, Edizioni Rinascita, Roma, 1949, PER IL SOCIALISMO CONTRO L’IMPERIALISMO E LA GUERRA, Il XXIX anniversario della grande rivoluzione socialista d’ottobre, pp. 3-24:


IL XXIX ANNIVERSARIO DELLA GRANDE RIVOLUZIONE SOCIALISTA D’OTTOBRE1

Compagni!
Oggi i lavoratori dell’Unione Sovietica festeggiano il XXIX anniversario della rivoluzione socialista nel nostro paese.
L’anno passato, abbiamo commemorato la nostra grande festa a breve distanza dalla vittoriosa fine della guerra patria, che ha sbaragliato prima i fascisti tedeschi, poi gli imperialisti giapponesi. Il 1945 è entrato nella storia come l’anno della grande vittoria del popolo sovietico e degli altri popoli amanti della libertà sulle forze del fascismo e dell’aggressione. Il 1946 è il primo anno del dopoguerra. Il popolo sovietico, uscito vittorioso dalla lotta mortale contro gli aggressori fascisti, tornato alle opere di pace, ha impegnato tutte le sue forze per liquidare le gravi conseguenze della guerra, per potenziare e sviluppare ulteriormente il socialismo. Come già durante la guerra patria, anche nella lotta per la realizzazione di questi compiti i cittadini sovietici non risparmiano le loro forze e il loro lavoro, dimostrando un’elevata coscienza degli interessi generali del popolo e dello stato. Il popolo sovietico, appoggiandosi alla invincibile potenza dell’ordinamento socialista, superando con abnegazione le difficoltà del periodo postbellico, avanza con successo sulla via indicataci da Lenin, sulla quale ci guida il compagno Stalin. (Applausi).


Il primo anno del dopoguerra.

L’anno passato, il nostro paese sovietico ha ripreso il pacifico sviluppo del socialismo. Lo stato sovietico riedifica l’economia nazionale, adattandola alle condizioni e ai compiti del periodo di pace. Tutto il nostro lavoro è volto all’adempimento dei compiti più immediati dello stato sovietico, indicatici dal compagno Stalin. «Dobbiamo — ha detto il compagno Stalin — risanare al più presto le ferite inflitte al nostro paese dal nemico e raggiungere il livello di sviluppo dell’economia nazionale dell’anteguerra, per poi superarlo notevolmente, nel più breve tempo possibile, per migliorare il benessere materiale del popolo e rafforzare ancor di più la potenza economica e militare dello stato sovietico».
Ognuno di noi comprende che questi sono compiti difficili. I fascisti tedeschi invasori hanno inflitto danni enormi all’economia sovietica. I barbari fascisti hanno distrutto e incendiato decine di migliaia di stabilimenti industriali, di sovcos, di colcos e di stazioni di macchine e trattrici, hanno distrutto tutta la rete ferroviaria della parte occidentale del nostro paese. I fascisti hanno devastato e ridotto in deserto intiere regioni del nostro paese, hanno distrutto i frutti di anni e anni di intenso lavoro del popolo sovietico, hanno lasciato senza tetto milioni di cittadini sovietici. Nella storia della nostra patria non c’erano mai state guerre che avessero stroncato tante fiorenti vite umane, che avessero portato così inaudite devastazioni alle città, ai villaggi, all’industria, ai trasporti, all’agricoltura, come la guerra passata. Qualsiasi altro stato, anche il più potente stato capitalista del nostro tempo, dopo aver subito tali danni, sarebbe stato respinto indietro di decine di anni e ridotto a potenza di secondo piano. Ma all’Unione Sovietica questo non è avvenuto. Dalla seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica è uscita forte e potente. A differenza degli stati capitalisti, il nostro paese è passato all’edificazione pacifica senza scosse e senza crisi di nessun genere. Pure, è noto che la seconda guerra mondiale ha inflitto all’Unione Sovietica danni infinitamente maggiori di quelli subiti da qualsiasi altro paese che abbia combattuto contro la Germania hitleriana.
Non mi riferisco già a paesi come gli Stati Uniti d’America e l’Inghilterra, il cui territorio non fu sottoposto all’occupazione delle truppe nemiche e ai quali, perciò, non si pone il problema di ricostruire l’economia nazionale del dopoguerra. E tuttavia, in questi paesi, il periodo del dopoguerra è legato a profonde crisi economiche e politiche.
Nei paesi capitalisti, il trapasso dal periodo di guerra a quello di pace ha provocato una brusca restrizione del mercato, la caduta del livello di produzione, la chiusura degli stabilimenti, l’aumento della disoccupazione. E’ noto, ad esempio, che negli Stati Uniti d’America la capacità della produzione industriale, nel 1946, si è ridotta, in confronto a quella del 1943, di più di un terzo, mentre il numero dei disoccupati, secondo le cifre ufficiali, ha superato i tre milioni.
Il nostro paese non conosce simili fenomeni. Da noi, nell’Unione Sovietica, il passaggio dal periodo di guerra a quello di pace, la conseguente smobilitazione di notevoli contingenti dell’esercito sovietico, la riduzione delle spese militari ad un terzo, il passaggio nelle fabbriche e nelle officine dalla produzione di guerra a quella di pace non si accompagnano con la chiusura di fabbriche e di officine, con il ristagno della produzione, con il fenomeno della disoccupazione. Il popolo sovietico avanza sicuro, senza temere che si verifichino né crisi economiche né disoccupazione; poiché si appoggia su un altro, più elevato sistema di organizzazione economica, sul sistema socialista, che non conosce né crisi né disoccupazione.
Ciò non significa, però, che, nel dopoguerra, la ricostruzione dell’economia nazionale dell’U.R.S.S. non costerà agli operai, agli impiegati, ai contadini dell’U.R.S.S. dei sacrifici per la causa comune. Si deve tener presente che, senza grandi sacrifici, non sarà possibile liquidare la triste eredità della guerra — la devastazione e la rovina — e ricostruire l’economia nazionale.
Tuttavia, questi sacrifici non possono assolutamente essere paragonati a quelli degli operai e degli impiegati dei paesi capitalisti, che sono straordinariamente gravi, perché i capitalisti non si accollano il peso della ricostruzione postbellica, ma lo fanno gravare esclusivamente sulle spalle degli operai, dei contadini e degli impiegati. Questo peso si manifesta, anzitutto, nell’aumento enorme della disoccupazione e nel licenziamento di milioni di operai e di impiegati dell’industria.
Nel nostro paese non c’è e non ci sarà disoccupazione. Questo è un grande sollievo per gli operai e per gli impiegati del nostro paese. Da noi non esiste l’anarchia nella produzione, caratteristica dei paesi capitalisti, che porta ad un alternarsi di periodi di ascesa e di crisi che sconvolgono radicalmente tutto il sistema economico e creano nei lavoratori una sfiducia costante nel loro domani. La nostra vita economica è guidata da un piano economico nazionale.
Negli anni di edificazione pacifica precedenti la guerra, lo stato sovietico aveva realizzato, mediante un piano generale, la costruzione socialista della nostra economia nazionale. Negli anni della guerra, esso ha mobilitato, secondo un piano, tutte le risorse del paese per le necessità del fronte. Così anche oggi, con un nuovo piano quinquennale, lo stato sovietico organizza i lavori per la ricostruzione e per l’ulteriore sviluppo dell’economia nazionale dell’U.R.S.S. Nel nuovo piano quinquennale di grandi lavori, che dovrà rinnovare e far progredire ancora di più l’U.R.S.S., come potenza socialista in ascesa, troveranno un degno impiego, per le loro forze e per le loro capacità e il loro talento, tutti i cittadini sovietici, uomini e donne. (Applausi).
Il popolo sovietico si è abituato a porre innanzi ad ogni altra cosa l’interesse generale del popolo e dello stato; si è abituato a considerare la causa comune come la sua causa personale, la causa della propria vita. Ecco perché il popolo sovietico ha accolto il nuovo piano quinquennale come un programma di lotta, che risponde ai suoi interessi vitali. L’entusiasmo per il lavoro di edificazione ha preso milioni di persone. In tutto il paese si è sviluppata l’emulazione socialista per realizzare, e realizzare in anticipo, il piano quinquennale. Nella sua aspirazione a progredire, il popolo sovietico va alla ricerca di nuove vie e possibilità per sviluppare ancor più tutti gli aspetti dell’economia e della cultura nazionale. L’amicizia tra i popoli dell’U.R.S.S., rafforzatasi e tempratasi nelle prove della guerra, è la grande leva per l’incremento e lo sviluppo dell’economia e della cultura nazionale nelle condizioni di pace.
Il compagno Stalin aveva detto: «il popolo sovietico, guidato dal partito comunista, non risparmierà forze e lavoro, non solo per realizzare, ma per realizzare in anticipo il nuovo piano quinquennale».
Ora, tutti vedono che queste parole profetiche del nostro capo si stanno felicemente avverando.
I primi risultati della ricostruzione della nostra economia nazionale sono già evidenti. Rivive la terra martoriata dal nemico, dalle rovine risorgono le fabbriche, le officine, le miniere, i colcos, i sovcos, le scuole, le università e gli istituti di ricerche scientifiche. Il paese apprende con un senso di profonda soddisfazione le notizie della ricostruzione e riattivazione di stabilimenti, costruiti durante i piani quinquennali prebellici, che ora nuovamente risorgono dalle ceneri e dalle rovine. Le fabbriche di trattori di Stalingrado, di Kharkov, la fabbrica di macchine agricole di Rostov, la stazione idroelettrica di Nizni-Svirsk, il canale tra il Mar Bianco e il Mar Baltico e molte altre costruzioni gigantesche, sono rientrate nel numero delle imprese attive. L’industria metallurgica del Sud si rialza in piedi. Sono rientrati in azione gli altiforni nelle fabbriche di Konstantinovka, di Makeievka e nella fabbrica Dzerginski. Si avvicina la data della riattivazione della centrale idroelettrica del Dniepr. Il bacino del Don, completamente distrutto dai tedeschi, si avvia decisamente a raggiungere il livello di anteguerra nell’estrazione del carbone. Il popolo saluta la rinascita di questi stabilimenti quasi come una resurrezione di morti, perché sa a qual punto fossero state portate le distruzioni dai mostri fascisti e quali sforzi sia costato al popolo sovietico il ricondurre i nomi gloriosi di questi stabilimenti nello splendido elenco delle fabbriche e officine attive dell’U.R.S.S., nobilitate dalle gesta eroiche del lavoro.
Contemporaneamente si sviluppano le nuove grandi costruzioni. Sono in corso di costruzione, ed in parte sono entrate in funzione, nuove fabbriche metallurgiche e meccaniche; entrano in azione miniere, stazioni elettriche, linee ferroviarie, stabilimenti tessili e chimici e di molti altri rami dell’industria. La ricostruzione e lo sviluppo dell’economia nazionale procede parallelamente alla sua riattrezzatura tecnica. La produzione industriale globale per i consumi civili, nei primi tre quadrimestri del 1946, è aumentata, in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 19%. Il carico medio giornaliero dei trasporti ferroviari è aumentato, per lo stesso periodo, del 12%.
Il lavoro di ricostruzione dei villaggi, delle città, delle istituzioni culturali distrutte si è sviluppato come un ampio fronte in tutte le zone danneggiate dall’occupazione tedesca.
Tuttavia, questi non sono che i primi passi, se teniamo presente la misura delle distruzioni e l’entità dei lavori di ricostruzione da compiersi. Il compagno Stalin fa notare che per la ricostruzione delle zone devastate dagli invasori tedeschi saranno necessari sei o sette anni e forse di più. L’anno ormai trascorso ha dimostrato che il nostro paese ha delle grandi possibilità di progredire rapidamente. Tuttavia, procedendo alla realizzazione del piano quinquennale, dovremo sormontare non poche difficoltà.
Il passaggio dell’economia nazionale dal piede di guerra a quello di sviluppo pacifico comporta, già per se stesso, grandi difficoltà di ordine economico, organizzativo e tecnico. Se a questo si aggiunge che il nostro stato non può limitarsi ad utilizzare soltanto il potenziale produttivo esistente, ma che inoltre esso aspira a ricostruire e sviluppare il potenziale produttivo tanto della industria che di tutti gli altri rami dell’economia nazionale, allora si comprenderà quale enorme dispendio di materiali e di mezzi richieda la realizzazione di questo compito. Secondo il nuovo piano quinquennale, i soli capitali centralizzati impiegati nell’economia nazionale debbono ammontare a più di 250 miliardi di rubli. Per assicurare queste spese, dobbiamo potenziare e sviluppare i metodi di amministrazione socialista, il regime di economia e l’esame del bilancio, dobbiamo liquidare decisamente la mancanza di spirito amministrativo, gli organici pletorici e gli alti costi di produzione e mobilitare tutte le nostre risorse interne, tutte le fonti di accumulazione per i bisogni della ricostruzione e dello sviluppo dell’economia nazionale.
Alcuni nostri amministratori non comprendono ancora che il regime di economia, del quale più volte hanno parlato Lenin e Stalin, non è una campagna a breve scadenza, ma un metodo di amministrazione proprio del socialismo. Il popolo sovietico deve ricordare costantemente queste indicazioni e seguirle instancabilmente nel suo lavoro.
Il passaggio ad un piede di pacifico sviluppo presuppone anche l’abolizione del sistema di tesseramento ed il ritorno alla circolazione normale della merce. Il tesseramento è un male inevitabile, quando si è impegnati in una grande guerra, quando si è costretti ad alterare l’economia nazionale, dandole un carattere particolare di guerra, e a indirizzarsi verso la molteplicità dei prezzi e la riduzione del consumo nelle retrovie, per garantire la regolarità dei rifornimenti all’esercito al fronte. Al termine della guerra, quando l’esercito viene smobilitato, viene meno la necessità del sistema di razionamento e la molteplicità dei prezzi diventa un male. Questo male dev’essere eliminato per ritornare alla normale circolazione delle merci e al multiforme sviluppo della produzione e del consumo. La siccità in una serie di province, la diminuzione delle riserve alimentari dello stato hanno reso necessario il rinvio dell’abolizione del tesseramento dal 1946 al 1947. Al duplice scopo di creare le condizioni per l’abolizione del tesseramento e l’unificazione dei prezzi e di avvicinare gli alti prezzi commerciali ai prezzi troppo bassi dei generi tesserati, si è anche imposta tutta una serie di necessarie misure di transizione.
Il governo sovietico conosceva le difficoltà che sarebbero derivate dall’aumento dei prezzi dei generi razionati e comprendeva che erano necessari grandi sacrifici da parte degli operai, degli impiegati e dei contadini, e che, senza quei sacrifici, era impossibile liquidare la grave eredità della guerra e ricostruire l’economia nazionale danneggiata.
Il governo sovietico prese una serie di provvedimenti per alleviare il danno agli operai e agli impiegati, scarsamente e mediocremente retribuiti, aumentando loro i salari.
Il compito di sviluppare la circolazione delle merci e di estendere la produzione dei generi di largo consumo è oggetto di particolare cura e attenzione da parte dello stato sovietico. Se vogliamo preparare le condizioni per ridurre successivamente i prezzi statali unificati, che saranno stabiliti in seguito all’abolizione del tesseramento, il mezzo decisivo è quello di sviluppare notevolmente la produzione dei generi di largo consumo nell’industria statale, cooperativistica e locale. Inoltre, è necessario utilizzare tutte le possibilità di sviluppo della circolazione delle merci, incrementando nella città e nei villaggi operai, accanto al commercio statale, il commercio cooperativistico. Quanto più largamente si svilupperà la circolazione delle merci, tanto più rapidamente aumenterà il benessere dei lavoratori, saranno soddisfatte le loro necessità essenziali, si alzerà il livello del salario reale e si consoliderà il corso del rublo. Per realizzare questi compiti vitali, è necessario che si rafforzi decisamente l’attenzione dei nostri organi sovietici e di partito per i problemi del miglioramento dell’organizzazione commerciale e della produzione dei generi di largo consumo. «Perché la vita economica del paese possa svilupparsi vigorosamente e l’industria e l’economia agricola sentano lo stimolo di accrescere ulteriormente la loro produzione — ci insegna il compagno Stalin — è necessario che si realizzi una altra condizione, cioè, un’ampia circolazione di merci fra la città e la campagna, tra i distretti e le province del paese, fra i vari rami dell’economia nazionale».
Il problema di preparare in numero sufficiente le maestranze per le nostre nuove imprese e costruzioni si è imposto acutamente. Si possono possedere, per la produzione, degli elementi come i capitali e le materie prime; ma, se manca la mano d’opera, i capitali e le riserve di materiali non saranno utilizzati pienamente e il piano di produzione rimarrà campato in aria. Nello stato sovietico non esistono quelle riserve di mano d’opera quali sono, nei paesi capitalisti, gli eserciti di riserva dei disoccupati, che si accrescono continuamente a causa della rovina delle aziende contadine e della piccola borghesia delle città. Da noi, in regime socialista, queste riserve di mano d’opera sono state liquidate. Eppure, una delle condizioni decisive, per realizzare il piano di ricostruzione e di sviluppo dell’economia nazionale, è quella di attirare nuove forze operaie nell’industria dei trasporti, nell’opera di costruzione. Ciò significa che lo stato deve trovare nuovi mezzi per soddisfare l’esigenza di mano d’opera, richiesta dallo sviluppo dell’economia nazionale.
Già prima della guerra, lo stato socialista si era accinto alla soluzione di questo problema, creando riserve statali di mano d’opera, che venivano impiegate là dove lo stato lo riteneva necessario. Questo problema si è presentato ancora più acutamente dopo la guerra. E’ noto che l’Unione Sovietica ha perso irreparabilmente circa sette milioni di uomini, nella lotta contro i tedeschi, in seguito all’invasione e all’occupazione tedesca e all’invio dei cittadini sovietici nelle galere tedesche. Queste colossali perdite sono avvenute a spese della parte più attiva dei lavoratori della società sovietica. Questa perdita influisce certo dolorosamente sul ritmo dei nostri lavori di ricostruzione. Il problema può e deve essere risolto aumentando i contingenti delle riserve di lavoro, che vengono preparate nelle scuole professionali, nelle scuole di apprendistato delle fabbriche e delle officine, creando dei quadri stabili di maestranze operaie negli Urali, in Siberia e nel lontano oriente. Ciò si otterrà migliorando le loro condizioni materiali, assicurando loro gli alloggi, secondo quanto è stato previsto nella nota decisione del Consiglio dei Ministri, ridistribuendo la mano d’opera all’interno dell’industria, nell’interesse della produzione, contribuendo a meccanizzare, radicalmente, i lavori che richiedono molta mano d’opera e aumentando il rendimento del lavoro.
Dobbiamo risolvere compiti enormi anche nel campo della ricostruzione e dello sviluppo dell’agricoltura. La guerra ha fortemente danneggiato la sua base produttiva: si è ridotto notevolmente il numero del bestiame produttivo, dei cavalli da tiro, è diminuito il numero delle macchine agricole e dei trattori. Nei colcos, la mano d’opera è diminuita. In alcune regioni del paese, alle difficoltà provocate dalla guerra, si sono aggiunte anche le difficoltà derivanti dalla siccità. In seguito al cambiamento della distribuzione geografica del raccolto e alla sua varietà, la realizzazione del piano di consegna del grano dell’anno in corso ha ora un’importanza fondamentale. Per iniziativa dei colcosiani degli Altai, nelle ultime settimane i contadini di molte regioni e distretti hanno preso l’impegno di realizzare in anticipo il piano di consegna del grano e di superarlo. In questi fatti non si può non vedere una nuova manifestazione del profondo patriottismo dei contadini sovietici. Le organizzazioni di partito e dei Soviet, con il loro lavoro organizzativo, politico e ideologico, devono aiutare i contadini a mantenere l’impegno preso verso lo stato.
Ora che si pone il compito di sollevare seriamente l’agricoltura, la nostra industria deve aiutare fortemente la campagna, fornirla di trattori, di mieti-trebbiatrici e di altre macchine agricole e dei pezzi di ricambio. Ma non basta. Bisogna anche migliorare seriamente la direzione dei colcos, portare l’ordine necessario nel loro lavoro. Negli ultimi anni, in una serie di regioni, sono state commesse gravissime violazioni allo statuto delle cooperative agricole, tali da minare le basi della struttura colcosiana. Come fu precisato, erano molto diffusi i casi di saccheggio delle terre comuni dei colcos e di furto dei beni colcosiani. Era necessario difendere l’economia sociale dei colcos dalla spoliazione e prendere misure per rafforzare ulteriormente le cooperative agricole, base della struttura colcosiana. Perciò si comprende l’enorme importanza della risoluzione del Consiglio dei Ministri dell’U.R.S.S. e del Comitato Centrale del P.C. (b) dell’U.R.S.S.: Misure per liquidare le violazioni allo statuto della cooperativa agricola nei colcos, presa per iniziativa del compagno Stalin. Per elaborare le misure atte a migliorare lo statuto della cooperativa agricola, ad ampliare sistematicamente l’economia sociale dei colcos, a reintegrare un rigoroso controllo dell’osservanza dello statuto stesso e per difendere i colcos dai tentativi di violazione dello statuto, è stato creato, presso il governo, il Soviet per gli affari dei colcos, nel quale sono largamente rappresentati i lavoratori effettivi dell’edificazione colcosiana.
E’ superfluo dimostrare l’enorme importanza che assumono le decisioni citate, per tutto il lavoro di edificazione colcosiana. E’ stato inflitto un colpo decisivo alle deformazioni della linea bolscevica, nelle questioni dell’edificazione colcosiana, e ai responsabili di quelle deformazioni. Sono state additate, con estrema chiarezza, le serie deficienze della vita dei colcos, le quali portavano a indebolire le basi della società, a diffondere nei colcos elementi di egoismo individualista. La decisione del Consiglio dei Ministri e del Comitato Centrale del P.C. (b) dell’U.R.S.S. ha posto nelle mani di tutti i colcosiani onesti un’arme potente per riportare l’ordine nei colcos, per ricostituire i principi della vita delle cooperative agricole, che, in molte località, sono violati. La decisione è stata accolta nei colcos con grande soddisfazione. Con il Soviet per gli affari dei colcos, che ha anche i propri rappresentanti locali, è stata creata un’organizzazione potente e autorevole che vigila sugli interessi del potenziamento del regime colcosiano. Non v’è dubbio che, grazie all’intervento e all’aiuto del compagno Stalin, la causa del potenziamento dei nostri colcos sia stata messa sulla strada giusta e che essa sarà coronata dal successo. (Applausi).
Compagni! I grandi compiti di edificazione, il compimento dei piani per ricostruire e sviluppare ulteriormente l’economia nazionale del nostro paese richiedono un alto livello ideologico e un grande impulso al lavoro educativo e culturale. Essere un cittadino sovietico cosciente significa comprendere la politica del partito e dello stato sovietico e lavorare, con tutte le forze, per la sua realizzazione. La coscienza socialista accelera lo sviluppo progressivo della società sovietica, moltiplica le fonti della sua potenza. Perciò, l’aumento costante del livello politico e culturale del popolo è una necessità vitale del regime sovietico. La vittoria dell’Unione Sovietica nella guerra patria è frutto, in gran parte, di quell’opera di educazione che il partito ha svolto fra le masse dei lavoratori, inculcando continuamente nella nostra gioventù l’alacrità e la fiducia nelle proprie forze.
Negli anni di guerra, non siamo stati in grado, data la situazione, di soddisfare pienamente le esigenze culturali e ideologiche del popolo sovietico. Il suo livello ideologico e culturale è cresciuto. Tutto ciò porta un’enorme responsabilità a quel gruppo di intellettuali sovietici che sono stati chiamati a soddisfare le esigenze del popolo e dello stato nel campo dell’istruzione, della cultura e dell’arte.
Sapete che il Comitato Centrale del partito ha scoperto, negli ultimi tempi, dei fatti inammissibili di insufficienza ideologica e di apoliticità nella nostra letteratura e nella nostra arte. Noi conosciamo bene la natura di questa insufficienza ideologica. Sono quelle sopravvivenze del capitalismo nella coscienza degli uomini che noi dobbiamo ancora vincere ed estirpare. Le ultime risoluzioni del Comitato Centrale del P.C. (b) dell’U.R.S.S., sui problemi del lavoro politico-ideologico, hanno avuto lo scopo di rafforzare l’intransigenza bolscevica verso le deviazioni ideologiche di qualsiasi genere e di portare a un livello nuovo, più elevato, tutti i mezzi della nostra cultura socialista: la stampa, l’agitazione e la propaganda, la scienza, la letteratura e l’arte. Abbiamo bisogno di un maggior numero di film di alto livello ideologico e artistico, di opere letterarie, teatrali, ecc.
Un’importanza particolarmente grande ha l’educazione politica della nostra giovane generazione. Il regime sovietico non può tollerare un’educazione della gioventù priva di orientamento ideologico, improntata all’indifferenza politica. E’ necessario difendere la gioventù dalle deleterie influenze estranee e organizzare la sua educazione e istruzione nello spirito dell’ideologia bolscevica. Solo così si può educare la schiera ardita dei costruttori del socialismo, fiduciosi nel trionfo della nostra causa, attivi, impavidi dinnanzi a tutte le difficoltà, pronti a sormontare tutti gli ostacoli.
Lo stato sovietico attribuisce un’importanza particolare allo sviluppo della scienza. Il compagno Stalin sottolinea tutta l’importanza del fatto che, nei piani del partito comunista per il prossimo futuro, siano sviluppate le forze della scienza. Sono note le misure energiche prese dal governo sovietico per creare ai nostri scienziati tutte le condizioni indispensabili allo svolgimento dell’attività scientifica e all’assolvimento del compito assegnatole da Stalin: non solo raggiungere, ma superare, in brevissimo tempo, le conquiste fatte dalla scienza oltre i confini del nostro paese. Posso comunicarvi che il numero degli istituti di ricerca scientifica e degli studiosi che si dedicano a questo lavoro ha già notevolmente superato il livello d’anteguerra. La quantità e la qualità della produzione scientifica è in continua ascesa. Gli scienziati sovietici devono continuare arditamente la loro avanzata sulla via delle innovazioni e della decisa applicazione delle conquiste della scienza alla produzione. Bisogna anche augurarsi che il livello di sviluppo delle scienze sociali non rimanga indietro a quello delle scienze naturali e tecniche. In questo senso, dovrà svolgere una funzione importante l’accademia delle scienze sociali, istituita in questi giorni presso il Comitato Centrale del P.C. (b) dell’U.R.S.S., la quale ha il compito di completare e perfezionare i quadri scientifici per le discipline sociali.
Nobili e grandiosi sono i compiti che si pongono a quei gruppi di intellettuali sovietici, i quali sono chiamati a svolgere un lavoro educativo fra il nostro popolo, a diffondere la cultura, a suscitare in esso nuovi gusti ed esigenze, a rafforzarne l’unità morale e politica. Senza alcun dubbio, l’esercito dei nostri propagandisti, dei letterati, degli artisti, dei maestri, degli scienziati e di tutti gli intellettuali sovietici assolverà degnamente il proprio compito. (Entusiastici applausi).

Compagni!
Il nostro popolo deve affrontare compiti grandiosi. Noi leninisti siamo sicuri che essi saranno realizzati con successo. Lo dimostra tutta l’esperienza dell’edificazione socialista dell’U.R.S.S. Lo dimostra la saggia politica del partito bolscevico e del grande Stalin. Lo dimostra il consenso unanime di tutto il nostro popolo alla politica del partito. Tutto il mondo ha potuto constatare, recentemente, quale appoggio dia il popolo sovietico alla politica del partito bolscevico. Mi riferisco alle elezioni al Soviet Supremo dell’U.R.S.S. Queste elezioni sono avvenute in un’atmosfera di entusiasmo politico mai visto e hanno dimostrato chiaramente la forza della democrazia sovietica e l’invincibile unità e amicizia dei popoli del nostro paese.
Ciò significa che tutto il popolo sovietico sostiene la politica del partito di Lenin e di Stalin. Nella politica del partito bolscevico, il nostro popolo vede la garanzia dell’ulteriore progresso del nostro paese. Ciò significa che tutti i cittadini sovietici si sono uniti sotto la bandiera del nostro glorioso partito e sono pieni di un sentimento di illimitata fiducia e di grande amore verso il loro capo Josif Vissarionovic Stalin. (Applausi vivissimi).


L’Unione Sovietica e la lotta per una pace stabile.

Compagni!
La vittoria degli stati amanti della libertà sugli aggressori tedeschi e giapponesi ha aperto la via allo sviluppo pacifico, ha permesso ai popoli di passare alla soluzione dei compiti dell’assestamento pacifico del dopoguerra.
Che cosa aspettavano e che cosa aspettano, ora, tutti i popoli del mondo amanti della libertà? I popoli sono assetati di una pace stabile, lunga e democratica, che renda possibile risanare le ferite inflitte dalla seconda guerra mondiale, assicurare il libero sviluppo di ogni popolo, grande o piccolo, assicurare ad ogni individuo un’esistenza tranquilla e sicura. Appunto questo desiderano oggi gli uomini «semplici», che, combattendo contro la Germania hitleriana, hanno difeso con il proprio sangue la loro libertà, la loro indipendenza e il loro diritto a una vita pacifica.
L’Unione Sovietica marcia all’avanguardia dei popoli democratici, nella lotta per la pace, come negli anni della guerra era all’avanguardia nella guerra di liberazione contro il fascismo.
La politica dell’Unione Sovietica nei rapporti internazionali è chiara e ben definita. E’ una politica di lotta per una pace stabile e democratica fra i popoli, una politica di potenziamento della collaborazione amichevole fra le nazioni amanti della pace.
Durante l’anno trascorso, i popoli amanti della pace, dopo aver conseguito la vittoria sul fascismo, si sono accinti ad assolvere il compito della ricostruzione del dopoguerra. Il passaggio dalla guerra alla pace è stato cosa non facile; l’instaurare una pace democratica incontra una serie di difficoltà.
Quale origine hanno le difficoltà che sorgono sulla via della edificazione di una pace democratica? Quali sono le ragioni della divergenza fra i punti di vista dei vari stati sull’organizzazione del dopoguerra?
La seconda guerra mondiale aveva un carattere antifascista e di liberazione per i popoli che lottavano contro il blocco fascista. Era naturale aspettarsi che una giusta guerra antifascista sarebbe stata coronata da una giusta pace democratica. A questo sono profondamente interessati, a questo aspirano i popoli di tutti i paesi.
Garantire una pace lunga, stabile, significa assicurare una pace tale che non lasci impunito l’aggressore e non dimentichi i sacrifici sostenuti nella lotta per la comune vittoria. Significa assicurare una pace che miri ad estirpare i residui del fascismo e che rafforzi i principi democratici negli stati ex nemici, una pace che rispetti la sovranità di questi stati e che non tolleri il loro asservimento economico. Una pace simile deve rispondere agli scopi di liberazione che avevano gli alleati e nello stesso tempo agli interessi dei popoli che hanno scosso il giogo del fascismo e si sono messi sulla via dello sviluppo democratico.
E’ noto che l’Unione Sovietica non risparmia gli sforzi per raggiungere appunto una pace di questo genere. A questo scopo sono dedicati la lunga e complessa attività e gli sforzi dei nostri esperti di politica estera, in seno al Consiglio dei Ministri degli Esteri e alla Conferenza di Parigi per la pace, conclusasi di recente.
Si sarebbe potuto supporre che questo programma, chiaro e preciso, di instaurazione della pace e della sicurezza comune potesse essere realizzato senza incontrare particolari difficoltà e divergenze. Ma in realtà non è avvenuto così. Al contrario, quel programma di pace ha urtato contro la resistenza organizzata degli elementi reazionari di una serie di stati, e in primo luogo dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. Questi stati, adoperando come paravento alcuni piccoli stati che si sono dimostrati pronti a seguire a qualunque costo e «a dispetto della ragione umana e delle forze della natura» la scia della politica anglo-americana, hanno tentato di mettere i bastoni fra le ruote e di impedire la collaborazione tra i paesi vincitori e gli ex alleati della Germania hitleriana, nei lavori per l’elaborazione dei trattati di pace.
Nell’esame dei progetti dei trattati di pace alla Conferenza di Parigi, queste e altre simili tendenze antidemocratiche si sono manifestate soprattutto nella discussione dello statuto di Trieste e anche a proposito dell’internazionalizzazione del Danubio. La serie delle pretese economiche, che sono state avanzate durante la preparazione dei trattati di pace, non corrispondeva affatto ai principi della giustizia. Alla Conferenza della pace è stato smascherato il principio estremamente ingiusto, quello delle «uguali possibilità», che in sostanza denotava la tendenza dei paesi economicamente potenti a soggiogare i piccoli paesi, che nel corso della guerra avevano subito enormi perdite e sarebbero stati costretti, per molto tempo ancora, a curare le ferite riportate.
Nel corso della Conferenza di Parigi, perfino un principio indiscutibile di pace democratica, la distruzione dei residui del fascismo e il rafforzamento dell’ordine democratico nei paesi partecipanti alla guerra, ha suscitato una resistenza non piccola.
Appunto per queste circostanze non si sono raggiunte decisioni soddisfacenti su molte questioni relative ai trattati di pace con gli ex alleati della Germania. Alla conferenza è stato violato il principio della parità di diritti delle potenze, quando i rappresentanti dell’Inghilterra e degli Stati Uniti e i loro satelliti hanno tentato di imporre la loro volontà ai paesi che lottano per sostenere la sovranità dei loro diritti, nella soluzione dei problemi del dopoguerra.
La conferenza ha dimostrato l’esistenza di due tendenze nella politica del dopoguerra. Queste due tendenze sono risultate particolarmente evidenti quando si è affrontato il problema della direzione in cui si deve sviluppare la collaborazione internazionale nel momento attuale.
La politica che conduce l’Unione Sovietica consiste nel voler realizzare integralmente il principio di costituire un’organizzazione plenipotenziaria internazionale delle Nazioni Unite, la quale abbia a sua disposizione quanto è necessario per rafforzare la pace e prevenire le aggressioni. Questo principio è dettato dalla convinzione che questa organizzazione internazionale non dev’essere un duplicato della Lega delle Nazioni, di triste memoria, ma che debba essere abbastanza forte e autorevole da poter difendere la pace e prevenire una nuova aggressione.
Il compagno Stalin ha dimostrato che l’azione di tale organizzazione internazionale potrà essere abbastanza efficace solo nel caso che le grandi potenze, che hanno sostenuto sulle proprie spalle il peso principale della guerra contro la Germania hitleriana, agiscano, anche in avvenire, in uno spirito di concordia e di collaborazione.
Non c’è bisogno di dimostrare e di ricordare ancora una volta gli sforzi che l’Unione Sovietica ha fatto per difendere questi principi. Di giorno in giorno, passo per passo, l’Unione Sovietica difende la causa della creazione di una pace stabile, lunga, giusta e democratica, la causa del potenziamento della collaborazione internazionale.
Giorni or sono, tutto il mondo ha potuto constatare, dalle risposte del Compagno Stalin alle domande del direttore dell’agenzia United Press, signor Hugh Baillie, quale importanza attribuisca l’Unione Sovietica alla causa della collaborazione internazionale e come ogni passo di politica estera dell’Unione Sovietica sia volto al raggiungimento di questo scopo.
Questo è uno degli orientamenti della politica internazionale.
L’altro orientamento è quello delle forze e dei circoli reazionari, i quali sono già pronti a ritrattare le dichiarazioni che avevano fatto, ancora ieri, e a far vacillare le basi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e a lasciare via libera alle forze dell’espansione e dell’aggressione.
Gli ispiratori di questo orientamento hanno ora aperto il fuoco, con particolare violenza, contro il principio dell’unanimità delle grandi potenze nella decisione delle questioni al Consiglio di Sicurezza. Contro questo principio è stata ora sferrata una campagna accanita. E’ perfettamente evidente che lo scopo di questa campagna è quello di pregiudicare le basi della collaborazione internazionale e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. E’ noto che le normali basi della collaborazione internazionale non entrano affatto nei piani di tali circoli imperialisti, che sono interessati ad avere le mani libere, per conquistare il dominio mondiale, per espandersi, per aggredire. Ma i nostri popoli non hanno sparso torrenti di sangue prezioso per sgombrare la strada ai nuovi pretendenti al dominio mondiale. Il compito principale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è quello di contrapporsi agli appetiti di questo genere e alle mire di dominio mondiale.
La campagna per la rottura della collaborazione internazionale, condotta da parte dei nemici, palesi e camuffati, d’una pace stabile, è accompagnata da un violento attacco antisovietico. La sfrenata propaganda «atomica» antisovietica, il ricatto e le minacce di una nuova guerra, che cercano ad ogni costo di creare delle pattuglie di avanguardia nel campo politico e militare e di trovar loro degli alleati, sono utili soltanto ai guerrafondai del genere di Churchill e ai suoi seguaci. Questa campagna antisovietica è diretta dai circoli reazionari imperialisti, per i quali la guerra rappresenta un affare lucroso, e che non desiderano instaurare una pace stabile e democratica e perciò ricorrono ad ogni mezzo per gonfiare la campagna di calunnie contro l’Unione Sovietica, l’autentico campione della pace democratica.
Alla base della propaganda in favore di una nuova guerra sta la paura dei circoli reazionari per le aspirazioni democratiche dei popoli. L’Unione Sovietica, come avanguardia del movimento democratico, è il bersaglio principale di questa campagna. Ed è logico che sia così. L’Unione Sovietica è lo stato che combatte più conseguentemente per la democrazia, contro le aggressioni, contro la politica espansionista.
Non si può non far rilevare che, negli ultimi tempi, la campagna di calunnie condotta contro l’U.R.S.S. ha preso un ritmo particolare. Essa viene condotta su larga scala e ha lo scopo di minare la crescente fiducia e l’autorità di cui gode l’Unione Sovietica tra i popoli dei paesi democratici. Non si può non rammentare anche che l’ostinata propaganda di odio verso l’Unione Sovietica, verso il suo regime, verso gli uomini che la popolano, non è un fatto nuovo e che già, più di una volta, è finita tristemente per i suoi ideatori. E’ noto che, in paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, molti giornali e riviste si sono specializzati nel fomentare l’inimicizia, la diffidenza ed il sospetto verso tutto ciò che è sovietico, cercando di far trasparire il meno possibile la verità sulla vita e la situazione nell’U.R.S.S. E’ noto che l’atmosfera che emana da queste «informazioni» sulla Russia, che riempiono le colonne di molti giornali degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, incomincia a diventare irrespirabile perfino per molti uomini politici borghesi, che vedono tutti gli aspetti di questa menzogna nei loro veri moventi. Attualmente, per scrivere qualche cosa sulla Russia, è sufficiente mescolare un po’ di calunnia, un po’ di ignoranza, un po’ di impudenza, e il piatto è pronto. Si è arrivati al punto che un’informazione vera sull’Unione Sovietica è divenuta un’eccezione, mentre quella falsa la regola. Se poi i fatti sono difficili a deformarsi, tanto peggio per i fatti, che vengono semplicemente passati sotto silenzio.
Recentemente, nei giornali americani è apparsa la notizia che l’Istituto per lo studio dell’opinione pubblica negli Stati Uniti d’America, al quesito che era stato posto: se nell’U.R.S.S. i cittadini non iscritti al partito abbiano il diritto di voto, aveva avuto una percentuale bassissima di risposte giuste. Infatti, la maggioranza aveva risposto o che i cittadini senza partito non avevano quel diritto o dicendo di non sapere che cosa rispondere. Alla domanda se nell’Unione Sovietica sia possibile professare una qualsiasi religione, la maggioranza aveva risposto che ciò non è permesso o dicendo di non sapere come rispondere a quella domanda. Se ne conclude che l’americano medio o non riceve affatto informazioni sull’U.R.S.S., oppure le riceve deformate e calunniose.
Negli ultimi tempi, sono apparsi anche molti «studi» che hanno per argomento il carattere del popolo sovietico in generale, il carattere nazionale dei russi in particolare; inoltre, in molti articoli non si risparmiano gli sforzi per rappresentare il popolo sovietico nella luce più ripugnante. Leggendo, viene da meravigliarsi per la rapidità con la quale il popolo russo si è trasformato. Quando, sui campi di battaglia, scorreva il nostro sangue, essi erano entusiasti del nostro valore, del nostro coraggio, delle alte qualità morali, dello sconfinato patriottismo. Ma adesso, quando noi, in collaborazione con altri popoli, vogliamo realizzare il nostro uguale diritto di partecipare alla vita internazionale, cominciano a sommergerci con fiumi di ingiurie e di calunnie, ad oltraggiarci e ad insultarci, ripetendo nello stesso tempo che abbiamo un carattere insopportabile e sospettoso.
Nel giudicare un tale atteggiamento verso di noi, non possiamo non meravigliarci del grado di scorrettezza e di inciviltà al quale possono giungere gli uomini di certi paesi, che credono di essere il «sale» della terra e il «fondamento» della civiltà. Si vede che la guerra trascorsa, che ha dato la vittoria alle forze del progresso e della libertà sulle forze della reazione, del male e della violenza, non ha insegnato nulla agli uomini che tentano di ripercorrere la via che già tanto dolore e infelicità ha portato ai popoli, la via che alimenta l’inimicizia e la diffidenza tra i popoli.
Alcuni giorni or sono, in uno dei suoi discorsi, il signor Wallace ha detto che per ogni centimetro quadrato di critica contro gli Stati Uniti, stampata sulla Pravda, si stampano, per lo meno, delle decine di metri quadrati di critica antisovietica nella stampa americana. E’ difficile poter confutare questa affermazione di Wallace. (Animazione generale nella sala).
In questa complicata situazione internazionale, nella quale i nemici di una pace stabile portano tanti elementi di sfiducia e di preoccupazione, è risuonata in tutto il mondo, con forza particolare, la voce tranquilla, sicura e saggia del compagno Stalin, che ha portato la fiducia e la speranza nei cuori di tutti gli uomini assetati di pace e di sicurezza, i quali conoscono il valore di ogni sua parola. (Applausi vivissimi).
Il compagno Stalin ha dato una buona lezione agli organizzatori della campagna che minaccia una nuova guerra, smascherando il carattere di ricatto e di speculazione di questa campagna e dimostrando la mancanza di un reale pericolo di una «nuova guerra».
Il compagno Stalin ha dimostrato, con ciò, che non si può spaventare l’Unione Sovietica nè con ricatti, nè speculando sulla minaccia di una «nuova guerra».
In questo momento, mentre noi siamo riuniti qui per commemorare il XXIX anniversario della nostra grande rivoluzione, i nostri compagni, che rappresentano lo stato sovietico alle sedute dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, difendono tenacemente il principio della collaborazione internazionale e la causa della pace. La proposta fatta dal compagno Molotov, in nome della delegazione sovietica, di ridurre, da parte di tutti, gli armamenti, di vietare la produzione e l’utilizzazione dell’energia atomica a scopi di guerra, rappresenta un nuovo, immenso contributo dell’Unione Sovietica alla causa della garanzia della pace e suscita la simpatia e l’appoggio degli uomini progressivi di tutto il mondo. Ancora una volta, l’Unione Sovietica agisce, davanti a tutto il mondo, come l’iniziatrice della lotta per una pace democratica, effettiva e stabile e per una reale collaborazione internazionale. Noi siamo convinti che, malgrado tutte le forze che vogliono impedire l’organizzazione di una pace e di una sicurezza salde e comuni, questa causa, alla fine, sarà realizzata con successo. La nostra convinzione si basa sul fatto che le forze che lavorano a favore della pace crescono di giorno in giorno e poggiano su una base solida. Esse diventano sempre più organizzate e più potenti. L’Unione Sovietica non è isolata nella sua lotta per una salda pace democratica e per la sicurezza collettiva dei popoli. La politica di pace dell’Unione Sovietica trova l’appoggio oltre confine di milioni di persone. «I popoli del mondo — ammonisce il compagno Stalin — non vogliono che si ripetano le calamità della guerra. Essi lottano tenacemente per rafforzare la pace e la sicurezza».
Le perdite e i danni causati da una guerra di cui non si era mai vista l’uguale, le vittorie ottenute sulla Germania hitleriana e sul Giappone imperialista hanno creato una nuova situazione politica in tutto il mondo, hanno messo in movimento le masse popolari, ne hanno accresciuta l’attività politica e hanno dato un potente impulso allo sviluppo della democrazia in tutti i paesi. Le forze della democrazia sono aumentate e si sono moltiplicate, mentre le forze della reazione, malgrado ogni sforzo di rimanere sulle vecchie posizioni e di frenare lo sviluppo democratico dei popoli, si sono indebolite. Basti ricordare le brillanti vittorie della democrazia nei paesi slavi fratelli, in Jugoslavia, in Cecoslovacchia, in Polonia. In questi paesi, si sviluppa una nuova, vera democrazia, conquistata col sangue dei popoli e temprata nel corso della grande, sacra lotta contro l’oppressione hitleriana e fascista. I popoli hanno preso le sorti dei loro paesi nelle proprie mani, vi hanno instaurato un ordine democratico e conducono una lotta attiva contro le forze della reazione e contro i fomentatori di una nuova guerra.
Anche nei paesi che ancora ieri erano satelliti della Germania, in Italia, in Bulgaria, in Romania, in Ungheria e in Finlandia, si verifica una insolita ascesa del movimento democratico e un’insolita attività delle masse popolari. Ancora pochi giorni fa, siamo stati testimoni di una grandiosa vittoria del Fronte Patriottico in Bulgaria, che costituisce una nuova prova del potenziamento delle forze democratiche nell’Europa del dopoguerra.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che la sconfitta dei conservatori e la vittoria dei laburisti in Inghilterra — come la sconfitta dei reazionari e la vittoria del blocco dei partiti di sinistra in Francia — denotano un serio spostamento di questi paesi a sinistra.
Infine, è noto che l’aspirazione alla libertà e allo sviluppo democratico ha conquistato anche i popoli delle colonie e dei paesi soggetti, che aspirano a un libero sviluppo nazionale.
In tutti i paesi, milioni di lavoratori si organizzano per difendere la causa della pace. Mi riferisco all’importante Federazione Sindacale Mondiale, che conduce una politica attiva di collaborazione internazionale degli operai, agli sforzi della Federazione internazionale Democratica Femminile e della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica. Anche i rapporti culturali fra i paesi democratici si sviluppano e si consolidano.
Le forze della democrazia si sviluppano, e in ciò è la garanzia che la causa della pace trionferà. (Applausi vivissimi).


* * *


Compagni!
Il primo anno del dopoguerra, come si doveva prevedere, è stato un anno difficile. L’Unione Sovietica ha dovuto superare le conseguenze di una difficile guerra di oltre quattro anni. Si può dire che gli sforzi del popolo sovietico hanno dato i loro risultati. La causa della edificazione pacifica si sviluppa con successo. Ora possiamo affermare che, nel dopoguerra, il nostro paese si è posto saldamente e sicuramente sulla via di una rapida ricostruzione e di una potente ascesa, in tutti i campi dell’economia e della cultura. Nel campo dei rapporti con gli altri paesi, l’Unione Sovietica, con la sua lotta conseguente per una giusta pace democratica, con la ferma difesa degli interessi dei popoli minori, ha rafforzato, ancora di più, le sue posizioni internazionali, ha dato un serio contributo alla causa della instaurazione di rapporti pacifici, di buon vicinato, tra i popoli.
Entriamo in un nuovo anno, il trentesimo anno di esistenza dello stato sovietico. Negli anni passati, lo stato sovietico ha sostenuto due guerre sanguinose, devastatrici. Queste guerre hanno occupato un quarto di tutto il periodo di esistenza dello stato sovietico. Considerando quali grandi sforzi richieda la riparazione dei danni causati dalla guerra, ognuno può comprendere quanto poco tempo abbia avuto il nostro paese per il pacifico lavoro di costruzione. Se il nostro paese, in un periodo così breve della sua storia, è uscito vittorioso da due guerre — dalla guerra contro gli interventisti e dalla seconda guerra mondiale — ed è riuscito a creare una potente industria socialista, una agricoltura socialista altamente sviluppata, ad elevare seriamente il livello culturale ed il benessere materiale delle masse popolari, ciò testimonia l’inesauribile forza vitale del regime sovietico e l’invincibilità di quella causa per la quale il nostro popolo ha combattuto, portando a termine la grande Rivoluzione Socialista di Ottobre. (Applausi vivissimi).
Evviva il popolo sovietico!
Evviva la nostra potente patria, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche!
Evviva il glorioso partito bolscevico!
Evviva il governo sovietico!
Evviva il nostro capo che ci guida verso i nuovi successi della patria sovietica, verso la completa vittoria del comunismo nel nostro paese, evviva il compagno Stalin! (Grande ovazione nella sala, in onore del compagno Stalin. Tutti si alzano).

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1 Rapporto tenuto alla seduta solenne del Soviet di Mosca il 6 novembre 1946 e pubblicato lo stesso mese nel n. 21 della rivista Bolscevik.

Edited by Andrej Zdanov - 11/6/2014, 16:46
 
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